La persona che vedete raffigurata nella foto si chiama Alfio Papale ed è il sindaco di Belpasso.
Non è una cattiva persona, anzi è abbastanza simpatico, il saluto sempre pronto, il sorriso, una grande disponibilità per tutti. Ma non può fare il sindaco.
Belpasso – lo dico a beneficio di chi non è di Belpasso – è un paese ai piedi dell’Etna che gode di una posizione incantevole e di un clima straordinario.
A metà tra il vulcano più alto d’Europa, la Piana di Catania e il mare, è immerso in un paesaggio agricolo fra i più belli della Sicilia. Un paesaggio sorto spontaneamente e “creato” anche dall’uomo, che nel corso dei secoli è riuscito a dissodare i terreni lavici attraverso i terrazzamenti, le bonifiche, la piantagione di svariate colture come l’ulivo, il mandorlo, il ficodindia, il pistacchio, l’arancio, il limone, il mandarino e tanto altro. Venite a vedere cosa sono stati capaci di fare i nostri padri. Un incanto.
Intere distese che si perdono a vista d’occhio e che davvero danno il senso di un’armonia tra il cielo e la terra, tra l’anima di Dio e l’anima degli uomini. Ogni tanto un altarino antico, una masseria, la sorgente dell’Acquarossa, la casa cantoniera. Tutto in perfetta armonia, la mano del Creatore e la mano dell’uomo. Una volta.
Ora invece vedi capannoni, andirivieni di camion, ruspe, motopale, cave di pietra, centri commerciali, case abusive e scheletri di cemento disseminati dovunque.
Il problema è che la persona che vedete raffigurata in questa foto, oltre ad essere il sindaco di Belpasso, è anche ingegnere. E, secondo una vulgata popolare, è anche proprietario di gran parte dei terreni ubicati nel territorio.
Secondo fonti di Palazzo, il sindaco sarebbe progettista – magari avvalendosi di qualche tecnico compiacente – di molti capannoni, di molte case abusive, di molti scheletri di cemento. Una devastazione del territorio immensa e, peggio, irreversibile perché tutto questo cemento resterà lì per sempre, non consentirà alla ferita di chiudersi e quindi non consentirà alla natura di riprendersi i suoi spazi.
Onestamente non sappiamo se è vero che il sindaco abbia interessi di questo genere, anzi vogliamo credere che non li abbia, ma il suo comportamento “politico” in fatto di salvaguardia urbanistica e territoriale ci porta a ritenere che egli sia responsabile come amministratore – prima che come tecnico o come presunto proprietario di terreni – dello scempio perpetrato verso la comunità che rappresenta.
È dalla fine degli anni Settanta che Papale amministra Belpasso prima come consigliere comunale, poi come assessore, quindi come sindaco.
È dalla fine degli anni Settanta che sentiamo ripetere il solito ritornello: Belpasso non è un paese turistico, l’agricoltura è in crisi, quindi conviene puntare sul mattone. Come? Semplicissimo: demolendo i manufatti antichi del centro storico, e inondando di cemento le zone agricole.
Il progetto è riuscito alla perfezione: mentre la vicina Nicolosi ha puntato sulla salvaguardia della natura e ha gli alberghi, i ristoranti, i negozi pieni tutto l’anno, Belpasso ha raso al suolo moltissimi edifici antichi, ha riempito di cemento l’intero territorio, ha consentito la costruzione del centro commerciale più grande d’Europa e ha penalizzato le straordinarie potenzialità che possiede.
Contemporaneamente, per ingraziarsi la popolazione, il sindaco, anche con l’appoggio di Santa Madre Chiesa, ha promesso mari e monti a chiunque, diseducando tutti – specie i giovani – allo studio, al sacrificio, alla trasparenza, ma in compenso insegnando a detestare quei pochi che parlavano di amore per il paese, e di legalità.
Del resto, il progetto era quello di svendere le conquiste dei nostri padri, così la stragrande maggioranza della popolazione si è rannicchiata sotto il tavolo, con la bramosia di raccattare qualche briciola da terra.
Adesso di questa cinica complicità si raccolgono i frutti.
L’esempio più evidente è costituito dalla “Questione Piano Tavola”, un contenzioso amministrativo di difficilissima soluzione in quanto la frazione, a causa dell’abusivismo edilizio dei vicini “Villaggi”, ha raggiunto i 7mila abitanti è chiede con forza di diventare comune autonomo, annettendosi la parte più appetibile del territorio: la legge regionale lo prevede, l’iter burocratico è a buon punto, se non succederà oggi, non è detto che non succeda domani, anche perché in quella zona si sta continuando a costruire. E se chiedi agli abitanti: chi ha redatto il progetto della sua casa, senti pronunciare soprattutto un nome.
A causa di questo modo di amministrare – di cui il sindaco è l’innegabile regista, a prescindere dai presunti imbrogli addebitatigli – Belpasso sta mandando in fumo due carte importanti per il futuro: l’agricoltura e il turismo. E rischia di perdere una fetta consistente del suo territorio migliore. Come risultato non c’è male.
Ecco perché i cittadini – per salvare il salvabile – devono chiedere al primo cittadino di dimettersi immediatamente. E devono rifiutarsi di votarlo se dovesse confermare la volontà di candidarsi alle prossime elezioni regionali. Danni ne sono stati fatti tanti a Belpasso. Non possiamo permettercene altri a Palermo.
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