C’erano una volta, in una bellissima città della Sicilia, due amici, Pasquale e Carmelo, avevano cinque anni ciascuno, vivevano nello stesso edificio, giocavano nello stesso cortile, ma non avevano mai visto il mare. Quando da quel cortile passava il cantastorie per raccontare le gesta degli eroi antichi, tutto il vicinato si radunava e loro in prima fila tifavano sempre per il più giusto e mai per il più forte. Avevano gli stessi ideali. Se qualcuno chiedeva: state con Orlando o con Gano di Magonza?, loro rispondevano all’unisono: dalla parte di Orlando.
E però una volta i due bambini si divisero. Accadde un giorno, quando Pasquale fece una proposta a Carmelo: “Ci vieni a vedere il mare?”. “Il mare? Nooo, non mi va”.
Pasquale si mise in cammino e osservò cose mai viste. Restò ammaliato dalle piazze e delle fontane, dalle chiese e dallo squallore dei vicoli. Finalmente arrivò alla marina. Una brezza accarezzava il suo volto e trasportava un leggero odore di alghe, mentre una miriade di barche tornavano dalla pesca e scaricavano cassette di pesce e le signore aristocratiche, con l’ombrellino, l’abito lungo e il profumo fatto arrivare da Parigi, facevano la consueta passeggiata fra le mura antiche del litorale.
Per Pasquale fu un momento sconvolgente: si sedette su un gradinoe osservò il sole che, al momento del tramonto, assume colori struggenti: arancione all’inizio, rosso fuoco poi, fino a perdersi dietro l’orizzonte.
Tornò a casa estasiato. Vide l’amico e gli fece una domanda: “Carme’, secondo te di che colore è il sole?”.
“Pasqua’, ca come deve essere: giallo!”.
“Carme’, lo vediamo giallo quando splende sul nostro cortile, poi però si sposta, e quando va a morire a mare, prima diventa arancione e poi rosso”.
“Ma che dici Pasqua’… Il sole giallo è!”.
Carmelo fece una risata di scherno e chiamò gli altri bambini del vicinato, che, come lui, avevano visto il sole soltanto da quel pezzo di cortile: “Lorenzo, Michele, Rosario venite, Pasquale dice che il sole è rosso”. Tutti cominciarono a ridere a crepapelle e a prendere in giro Pasquale, inventando una canzoncina: “Il sole è rosso… Il sole è rosso…”. Se Pasquale cercava timidamente di spiegare, il coro attaccava: “Il sole è rosso… Il sole è rosso”.
Passò del tempo. Pasquale andò a vivere coi suoi in un’altra parte della città e con l’amico d’infanzia si perse di vista. Carmelo era rimasto nella casa di sempre. Un giorno anche lui sentì l’esigenza di uscire dal cortile per dirigersi dalle parti della marina. Man mano che camminava, il sole assumeva gli stessi colori che Pasquale gli aveva descritto anni prima: “Allora è vero!”, pensò tra sé.
Si sedette sulla banchina e osservò quel disco rosso perdersi fra le onde del mare, mentre tutt’a un tratto rivide il cantastorie, e poi Orlando, Rinaldo, Angelica e Gano di Magonza. E le battaglie epiche intraprese contro chi si era permesso di mettere in discussione le gesta degli eroi antichi.
A un certo punto si accorse che una lacrima solcava il suo volto. Era turbato. Il cuore gli batteva fortissimo, le mani sudavano, nel suo animo sentiva una specie di rimorso per come, anni prima, aveva trattato l’amico al cospetto degli altri bambini.
Pensò che la storia del sole era una metafora della vita. Il sole è la metafora della verità, i colori delle diverse gradazioni che la compongono. Aveva capito che il sole, anche quando cambia di colore, sempre sole è, ma con sfumature diverse; quindi se vogliamo coglierne l’essenza e la bellezza, il cortile di casa non basta, bisogna uscire, andare oltre, recarsi al mare e osservare. E poi sussurrare qualcosa al vento.
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