Come un fulmine a ciel sereno piombano nell’azzurro cielo d’agosto due mail dell’avvocato Mariella Cicero contro la terza puntata pubblicata da “L’Informazione” sul caso Parmaliana, nella quale vengono posti degli interrogativi sul “suicidio” del docente universitario. Due mail molto aggressive nei confronti del sottoscritto, reo di avere formulato dei dubbi su una vicenda che, secondo questo giornale, contiene delle circostanze da approfondire.
Il contenuto di queste mail potete leggerlo alla fine dell’ultima puntata, ma in questa sede ci preme aggiungere un ulteriore dubbio ai dieci posti in precedenza: perché l’avv. Cicero scrive tutto questo, e soprattutto, perché lo fa con toni così offensivi?
L’avvocato Mariella Cicero è socia di studio dell’avvocato Fabio Repici, con il quale condivide la difficile difesa di diverse famiglie di vittime di mafia (dai Campagna agli Agostino, dai Manca ai Parmaliana, fino ai Borsellino), missione che va considerata con la stima e il rispetto che meritano. Certe battaglie, spesso in solitudine, combattute da molti anni contro un sistema di potere corrotto e mafioso, non si possono dimenticare o tacere, ma vanno sostenute “senza se e senza ma”, come noi abbiamo sempre cercato di fare.
L’impegno antimafia
Ma non si possono neanche dimenticare – a meno che qualcuno non le smentisca – le battaglie antimafia portate avanti dal sottoscritto in oltre trent’anni di mestiere. Scusate, ma l’apparente immodestia contiene un concetto di fondamentale importanza: perché l’avvocato Cicero dimentica tutto questo andando decisamente sopra le righe?
Perché invece di argomentare pacatamente su una vicenda che per lei è “più chiara della luce del sole”, non scioglie ai comuni mortali quei dubbi che lei stessa definisce “insopportabili questionari”? Perché mi costringe a smentire il fatto che i “familiari di Adolfo” avrebbero rivolto l’“invito” “a non percorrere improbabili scenari delittuosi”? Perché dice che si “inventano ipotesi clamorose” (si inventano… come se il giornalista, forzando i fatti, volesse piegare la verità per finalizzarla allo scoop)? E perché si spinge a dire che l’articolo “reca nocumento alla memoria del professore”, senza spiegarne le ragioni? Perché addirittura – oltrepassando il limite della decenza – aggiunge che lo stesso articolo reca “vantaggio ai responsabili morali della scelta” di Parmaliana? Perché il legale non percorre la strada del ragionamento?
Gli interventi degli attivisti
Non lo sappiamo. Registriamo però gli interventi indignati di alcuni attivisti antimafia, i quali nel giro di qualche ora, hanno detto la loro contro tali affermazioni, solidarizzando col sottoscritto, cosa di cui li ringrazio affettuosamente.
In questo contesto non possiamo fare a meno di registrare anche il silenzio dell’avvocato Repici che – ripetiamo – con Mariella Cicero condivide uno studio professionale e la difesa di diverse famiglie vittime della mafia. Repici è a conoscenza dell’iniziativa della collega? Cosa ne pensa? Si tratta di una idea estemporanea o è la risultante di discussioni di cui le mail sono solo la punta dell’iceberg? Ha dato fastidio solo la terza puntata o l’intera impalcatura dell’inchiesta?
La verità è che nelle tre puntate pubblicate finora, l’ipotesi dell’omicidio è stata solamente accennata, appena ventilata, dato l’impegno politico del professore contro quel sistema perverso e il contesto infido di Barcellona Pozzo di Gotto dove – secondo le dichiarazioni di un pentito del calibro di Carmelo D’Amico – diversi omicidi sono stati fatti passare per suicidi (vedi il caso Manca), ma non è assurta a verità assoluta, di cui ci pare che l’avv. Cicero voglia attribuire la paternità al nostro articolo.
Ora, ci chiediamo: è possibile abbozzare un profilo psicologico della vittima? È possibile chiedersi qual è stato l’esito dell’autopsia e se è stata effettuata una perizia calligrafica sulla lettera di Parmaliana? È possibile chiedersi se sono vere un sacco di altre circostanze o commettiamo un reato?
Noi una perizia calligrafica su quel documento l’abbiamo fatta eseguire. Emerge la circostanza che al novantanove per cento la lettera nella quale il professore confessa i motivi del suicidio è autentica, e quindi anche il contenuto dovrebbe essere vero.
“Cinque persone legittimate”
Se fossimo stati innamorati della tesi dell’omicidio, il risultato della perizia grafologica l’avremmo omesso (era nei nostri poteri). Avremmo commesso una grave scorrettezza, ma avremmo piegato i fatti alla nostra insopprimibile esigenza di scoop. Invece – proprio perché la nostra è un’esigenza di verità – abbiamo dedicato una puntata (la seconda) all’intervista con la Grafologa forense, ma al tempo stesso abbiamo proseguito con pazienza le nostre ricerche. Se nel corso della stesse sono emerse delle stranezze, la colpa non è nostra.
Nella seconda mail, a sostegno della prima, l’avv. Cicero sostiene che il prof. Parmaliana “legittima e designa solo 5 persone a dire ‘le ragioni del suo gesto”. Si tratta degli avvocati Fabio Repici e Mariella Cicero, dell’allora maggiore dei Carabinieri Domenico Cristaldi, dell’avv. Biagio Parmaliana (fratello di Adolfo) e del senatore Pd Beppe Lumia.
Cosa scrive il prof. nella lettera? Riferendosi all’isolamento subito dalla “Magistratura barcellonese e messinese”, aggiunge:: “Chiedete all’Avv.to Mariella Cicero le ragioni del mio gesto, il dramma che ho vissuto nelle ultime settimane, chiedetelo al senatore Beppe Lumia, chiedetelo al Maggiore Cristaldi, chiedetelo all’Avv.to Fabio Repici, chiedetelo a mio fratello Biagio. Loro hanno tutti gli elementi e tutti i documenti necessari per farvi conoscere questa storia: la genesi, le cause, gli accadimenti e le ritorsioni che sto subendo”.
Parmaliana dice “chiedetelo”, non “designo solo” queste cinque persone ad avere l’esclusiva della mia memoria. Noi infatti “chiediamo”. Cosa? Di conoscere meglio questa storia.
“Fuori da quelle righe – commenta ancora l’avv. Cicero – ogni altra cosa è mera opinione o, peggio, ostruzionismo”. Come dire… se oggi uno storico scoprisse dei nuovi particolari sulla morte di Gesù Cristo – che non escludono il contenuto dei Vangeli, ma al contrario li integrano dandone una visione più completa – sarebbe un “ostruzionista” in quanto non si è attenuto dogmaticamente al Verbo.
Egregio Avvocato, con tutto il rispetto che nutriamo nei Suoi confronti, non siamo d’accordo. Le cinque persone alle quali il prof. Parmaliana fa riferimento sono cinque straordinari testimoni (non gli unici) del dramma di un uomo, verso le quali ci mettiamo umilmente a disposizione per completare il mosaico. Ma non detengono l’esclusiva del Verbo. È trascorsa una settimana dalla richiesta che Le abbiamo formulato di una intervista (meglio se alla presenza dell’avvocato Repici). Non abbiamo ottenuto risposta. Attendiamo ancora con fiducia.
4^ puntata. Continua
Non credo di essere una persona associabile in alcun modo a trame di potere ma intervengo su ciò di cui sono testimone; mi riferisco alla frase:
” Perché mi costringe a smentire il fatto che i “familiari di Adolfo” avrebbero rivolto l’“invito” “a non percorrere improbabili scenari delittuosi””
Io posso testimoniare che Cettina Merlino Parmaliana, moglie di Adolfo Parmaliana, abbia chiesto di non percorrere scenari delittuosi e di aver rispetto per il suo dolore e per il dolore dei figli.
Il resto non desidero neanche commentarlo, mi limito a dire che io ho un’altra idea del giornalismo di inchiesta.
Buona estate a tutt* e non aggiungerò altro.
Nadia Furnari
Ass. Antimafie Rita Atria
Da cittadina desiderosa di verità e giustizia, consapevole che chi veramente cerca la verità debba essere pronto ad accettare che ciò di cui è convinto possa anche essere smentito, ritengo che rispettare il dolore dei familiari delle vittime non escluda il diritto-dovere di pretendere chiarezza sui fatti accaduti. La morte del Dott. Parmaliana, come quella di tutte le altre vittime di un sistema mafioso-massonico-politico, non può essere solo un fatto privato. Personalmente trovo insopportabile questa censura che usa strumentalmente il dolore dei familiari. La ricerca della verità non può essere semplicemente un fatto emotivo ma una scelta “politica”, altrimenti il rischio è che solo dove l’emotività spinga si proceda ( e gli ostacoli non mancano comunque) mentre si fermi tutto ove questa manchi.
Mi viene in mente una frase che mi ha trapassato il cuore: “LA VERITÀ VIVE”.
Dott. Mirone, resista e vada avanti. La sua etica professionale non può essere minimamente scalfita da considerazioni che non hanno niente a che vedere con la critica ma piuttosto sembrano paletti imposti e per questo incomprensibili oltre che inaccettabili.
Vorrei chiarire un punto: non si tratta di fare la guerra tra noi, che condividiamo gli stessi obiettivi. Si tratta di ruoli e di ricerca della verità. Nessuno di noi sta mettendo in dubbio la buona fede di tutti, soprattutto non si vuole costruire ipotesi infondate. Mirone sta rispettando il proprio compito.
Siamo esseri umani, viventi, da sempre dediti alla ricerca della verità per capire e conoscere.
Interrogativi che si pongono non per mettere in discussione “l’antagonista” bensì per porre un faro su versioni che non si sono considerate, è l’evoluzione la base. E la base fondante di queste inchieste sono il capire se si sono vagliate tutte le prove perchè non è denigrare la vittima, anzi è far vivere ancora una persona di valore e nel rispetto di essa e dei suoi cari dare il giusto merito di ciò che ha fatto e cosa ha portato alla tragica fine.
Non conoscevo la storia del Prof. Parmaliana e da quello che ho potuto percepire grazie a questa indagine del giornalista Mirone è di una figura che nonostante tutte le pressioni, minaccie e ritorsioni non si sia mai arreso e per morale ed etica ha sempre seguito la sua strada di giustizia e rispetto, incongruenti con il tragico fatto, mio modesto parere.