Il brano che segue è tratto dall’ultimo libro dello scrittore Nino Prastani:

“Si calmi signora, farò iniziare subito la ricerca”, disse il Preside alla mamma di Marco. “sono certo che in pochi minuti lo rintracciamo, se è veramente rimasto all’interno dell’edificio”.

“Non è uscito dalla scuola, signor Preside, ne sono sicura. Io sono rimasta tutto il tempo ad aspettarlo davanti al cancello di Via Calvario e da lì non è uscito. Me lo hanno confermato anche i suoi compagni di classe che solitamente escono dalla Via Monti Rossi. Alcuni hanno detto che non era con i compagni  nemmeno quando percorrevano le scale per raggiungere l’uscita”.

“Stia tranquilla, faccio intervenire tutto il personale disponibile per accelerare i tempi”.

Il Preside chiamò la bidella Anna alla quale chiese di citofonare a tutti reparti per comunicare la notizia della scomparsa di Marco.

Intanto ordinò di formare altre due squadre per effettuare le ricerche negli spazi comuni.

Era mercoledì 1 giugno. La scuola sarebbe rimasta chiusa per quattro giorni, per la coincidenza con la Festa della Repubblica e per il successivo giorno di sospensione dell’attività didattica che era stato deliberato dal Consiglio d’Istituto. Molti avevano programmato una breve vacanza.

Certo che con questo secondo episodio Marco stava superando se stesso.

Il Capo d’Istituto non poté fare a meno di ripensare a quell’ultimo giorno di lezione precedente l’inizio delle vacanze natalizie.

L’accaduto riaffiorò vivo alla memoria e lo fece riflettere sul comportamento dell’alunno.

Lo scrittore Antonino Prastani.

Vero è che il ragazzo aveva subìto sofferenze non comuni dopo la perdita del padre, ma molte cose non gli tornavano, anche perché si era scoperto che l’episodio della ‘porta di ferro’, accaduto magari per una diabolica casualità, scaturiva da condizioni che scioglievano qualche dubbio sull’accaduto.

C’erano, poi, da tenere in conto le sue qualità, non solo scolastiche, inclusa la capacità di ripresa che si era rivelata sorprendente dopo quell’incidente sicuramente traumatico.

Marco aveva affrontato le conseguenze dello ‘sfortunato’ episodio, senza crollare davanti al rischio di diventare lo zimbello della scuola. Dimostrava una buona capacità di dribblare le battute velenose dei bulli, rispondendo intelligentemente con frasi cariche di autoironia.

Un ragazzo intelligente e dall’indole così solida non avrebbe potuto mettere in scena un’ulteriore stupida farsa.

Ci doveva essere sotto qualcosa che dipendeva da altri. Forse qualcuno stavolta l’aveva spinto dentro il vano serbatoi chiudendogli la porta alle spalle.

Il Preside, però, scartò subito quel pensiero, escludendo la possibilità che quella porta potesse essere ancora una volta rimasta aperta.

Dopo l’incidente se n’era parlato con le persone che vi accedevano e soprattutto con Orazio che svolgeva anche il compito di ‘addetto alla sicurezza’ ed aveva suggerito di attuare una procedura che escludesse ogni rischio di omissione della chiusura di quella o di altre porte o inferriate.

Infatti, la porta era chiusa a doppia mandata.

Quando Orazio uscì dall’Aula magna superando la grande vetrata a spinta che si apriva sul retro della sala, proprio di fronte alla recinzione del Calvario, notò il gruppetto capeggiato dal Preside che ispezionava quella zona diffondendo richiami ad alta voce.

“La porta di ferro era regolarmente chiusa a due mandate, Preside. Io ci avrei giurato”.

“Lo immaginavo”, rispose il Dirigente mentre osservava in quel punto la rete di recinzione che era visibilmente deformata per renderla valicabile.

“Io dico che Marco è uscito da qui”.

“La rete era in quelle condizioni anche prima”, disse Anna. “Io ho notato quella piegatura già ieri. Non avevo avuto il tempo di dirglielo”.

“Va bene, ma non dobbiamo escludere alcuna ipotesi”.

Le ricerche continuarono senza alcun risultato per una buona mezz’ora.  Il Preside tentava di consolare la povera donna per prepararla ad accogliere la notizia della conclusione dell’ispezione.

La signora era distrutta. Il suo pianto si ripeteva in modo altalenante, ma sempre più smorzato dalla spossatezza che avanzava.

Ad un tratto accorse affannosamente il bidello Giorgio, dirigendosi verso l’angolo del cortile dove ancora si attardava il Preside. Aveva in mano una scarpa da tennis quasi nuova che presentava la stringa perfettamente allacciata.

“Preside, c’era questa vicino al cantiere. Era tra la recinzione e la parete dell’edificio!”

Giorgio si riferiva al luogo situato a livello di terra, proprio sotto le finestre del corridoio dell’ultimo piano, dove c’era una protezione rettangolare realizzata per chiudere un’enorme buca.

“Era sotto l’ultima finestra del corridoio”, esclamò, “sono riuscito a recuperarla tirandola con un gancio di ferro”.

La signora Maria riconobbe la scarpa.

“È di Marco!”, disse, “gliele avevo comprate la settimana scorsa”.

 

“Le macchie chiare della Luna”, Copertina.