Sì certo, gli eliporti fantasma, le strade gruviera e il Palacongressi senza impianto di sicurezza, ma a tre mesi dal G7 di Taormina (26 e 27 maggio) c’è da chiedersi: che valore avrà l’evento in Sicilia? Che impatto avrà sul mondo intero? Quale utilità ci sarà per la città e la regione che lo ospiteranno?
Partiamo dicendo che i lavori delle due piste dove è previsto l’atterraggio degli elicotteri per trasportare i sette fra gli uomini più potenti della terra, non sono ancora iniziati; le strade di collegamento sono in cattive condizioni (su un pezzo d’autostrada Catania-Messina, proprio all’altezza di Taormina, si sta provvedendo a riparare il manto d’asfalto fortemente irregolare), il Palacongressi dove si riuniranno i capi di Stato italiano (Gentiloni), americano (Trump), tedesco (Merkel), inglese (May), canadese (Trudeau), giapponese (Abe), francese (che uscirà fuori dalle elezioni che precederanno il G7), il presidente del Consiglio europeo Tusk e il presidente della Commissione dell’Ue Junker, versa ancora in condizioni precarie.
Ecco perché, al di là delle dichiarazioni rilasciate ieri dalla sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi (“Saremo pronti per il G7: abbiamo tutte le autorizzazioni necessarie, i lavori cominceranno lunedì. Il governo ha stanziato 15 milioni”), bisogna ragionare sui pro e sui contro che riguardano il 43° vertice mondiale del G7.
Innanzitutto i rischi di infiltrazioni mafiose sulle opere pubbliche – dato che ancora nessun lavoro è praticamente iniziato – paventati nelle scorse settimane dal presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione (Anac) Raffaele Cantone. Un timore che non appare infondato dato che – come dice lo stesso Cantone – per i lavori non si è proceduto ad indire appalti e, considerati i tempi ristretti, fra le maglie dell’emergenza potrebbe entrare di tutto attraverso l’eterna deroga all’italiana.
“Questa deroga – dice Cantone – ci preoccupa. È la prima deroga che viene fatta ad un codice dei contratti che ideologicamente nasceva con l’idea che deroghe non ce sarebbero più dovute essere; nemmeno per il terremoto è stata fatta una deroga di questo tipo”.
Evidentemente il G7 di Taormina è un evento che presenta aspetti più eccezionali di un terremoto, e questo è già molto significativo, malgrado gli otto mesi trascorsi per pianificare l’avvenimento. Come si ricorderà fu lo stesso ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, nel giugno scorso, a lanciare l’idea di Taormina come sede del G7 al posto di Firenze, per smentire un leader di Stato che aveva etichettato la Sicilia come terra di mafia. Da quel momento l’epicentro dei grandi della terra non sarebbe più stata la terra di Dante, ma quella di Pirandello, con tutti i paradossi che ne conseguono.
Ieri la stessa Boschi ha tranquillizzato tutti smentendo indirettamente Cantone: “Abbiamo tempi stretti, ma per gli appalti avremo molta attenzione sulle procedure da seguire. Abbiamo stilato un protocollo con l’Anac. I soldi pubblici vanno spesi tutti bene e in modo trasparente”. Vedremo chi avrà ragione.
Poi la grande mobilitazione dei No Global, dei movimenti antagonisti, dei centri sociali della Sicilia e delle tante associazioni pacifiste, che stanno organizzando – nei giorni del G7 – delle manifestazioni che abbiano la finalità di lanciare dei messaggi alternativi all’”assurda politica della guerra, della militarizzazione, del Muos, del controllo dei migranti, della cattiva distribuzione della ricchezza”. Non sarà una “contro manifestazione” – fanno sapere – ma un modo per far sapere al mondo che può esistere una politica diversa da quella promossa dai “grandi”, una politica nuova basata sulla sostenibilità, sull’etica, sulla non violenza. Associazioni e movimenti avevano chiesto alla questura di Messina di potere manifestare pacificamente il 26 e 27 maggio nelle strade di Taormina durante il vertice mondiale, ma l’autorizzazione non è arrivata, pertanto qualsiasi espressione di protesta potrà essere organizzata in spazi lontani dalla “zona rossa”. L’impressione è che lo Stato si stia preoccupando più per i pacifisti che per le eventuali infiltrazioni nelle opere pubbliche, vista la militarizzazione allertata per l’occasione. Non sarebbe male alzare il livello d’attenzione sempre, ma non sarebbe neanche male concentrarsi – magari con un’azione di intelligence – per prevenire possibili infiltrazioni dei black bloc, come è avvenuto a Genova durante il G8 del 2001, e in eventi di questo genere.
Preoccuparsi per le mamme di Niscemi o per gli oppositori del Muos (la mega antenna satellitare installata al centro della Sicilia per il controllo dei migranti, capace di scatenare con le sue radiazioni, secondo gli scienziati di tutto il mondo, tumori e leucemie nel’intera l’Isola), forse non avrebbe senso, anzi, sarebbe un gesto politico di grande portata invitare a parlare una delegazione di mamme di Niscemi chiedendo loro di spiegare perché sono preoccupate per la salute dei loro figli in relazione all’allacciamento del Muos.
Tutto questo ovviamente non si verificherà e sarà un peccato, perché davvero in quel caso sarebbe stato il G7 della svolta in positivo. Temiamo invece che sarà il G7 della svolta in negativo per la presenza del neo presidente degli Stati Uniti Donald Trump, l’elemento più destabilizzante ed estremista all’interno di un vertice dove la maggior parte dei Capi di Stato (a cominciare dalla Merkel e dal nostro Gentiloni) parla il linguaggio dell’accoglienza e dell’integrazione.
Sarà il vertice della contrapposizione fra due visioni della storia, del futuro e del mondo. Poi ognuno tornerà a casa sua con i propri convincimenti. In compenso avremo due eliporti, qualche strada asfaltata in quattro e quattr’otto e finalmente l’impianto di sicurezza al Palazzo dei congressi di Taormina.
Luciano Mirone
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