Qualche centinaio di chilometri separano Malta da Catania, ma è come se quella distanza fosse infinitamente meno, come se il terribile delitto che lo scorso 16 ottobre ha fatto a pezzi Daphne Caruana Galizia si fosse verificato a pochi metri da noi. Ecco perché domani 21 ottobre, alle 10, presso il Consolato di Malta, in via Martiri della Libertà 14, Catania si stringe attorno a Daphne Caruana Galizia per dire No alla cultura della morte, No alla mafia, No alla politica corrotta.
La manifestazione – lanciata dal Movimento delle Agende Rosse, dal Gruppo “Francesca Morvillo” di Catania, e dalla Fondazione “La città invisibile”, cui hanno aderito l’Associazione “Antimafia e Legalità”, il Comitato “Angelo Niceta”, le testate giornalistiche L’informazione, Sudpress, Sicilia Network, Antimafia 2000 e il giornalista Nicola Borzi de Il Sole24 Ore – ha lo scopo di “chiedere all’Europa di istituire una commissione di inchiesta che chiarisca e vigili sulle indagini che si stanno svolgendo a Malta su questo orribile atto eversivo”. Le associazioni chiedono inoltre al governo italiano “di far intervenire la commissione anticorruzione perché valuti il risultato delle inchieste della Caruana Galizia sulla Tap e, nelle more, di bloccare i lavori Tap in Salento”. E poi un appello: “Chiediamo ai liberi movimenti di tutte le città italiane di svolgere analoghe manifestazioni per far sentire alto e forte il richiamo alla tutela dei giornalisti esposti nelle inchieste anticorruzione e antimafia, per fare chiarezza in tempi rapidi sul brutale omicidio della giornalista Caruana Galizia”.
“Ci sono criminali ovunque si guardi adesso, la situazione è disperata”. Così – si legge nel comunicato delle associazioni – ha scritto la giornalista nell’ultimo post pubblicato sul suo blog, prima che un’autobomba la facesse saltare in aria. Questo atto di terrorismo mafioso, maturato in seguito alle sue inchieste sulla corruzione politica dei vertici dello stato maltese, è accaduto in un Paese europeo”. Pertanto “questo delitto è una minaccia pericolosa e aperta all’intera Europa, Europa che vergognosamente tace”.
“Il silenzio dei capi di Stato europei – seguita la nota – compresa l’Italia, manifesta la fragilità delle istituzioni, il cui omertoso no comment può indurre a pensare che vi siano indicibili equilibri da tutelare”.
“Così come riteniamo ignobile – si legge ancora – che nessun esponente dei partiti italiani o del governo, nessun rappresentante dei vertici dello Stato italiano, abbia espresso ferma condanna rispetto all’accaduto, considerato che la Caruana Galizia aveva denunciato gli intrecci affaristici tra il governo dell’Azerbaijan e l’Italia nella costruzione del gasdotto Tap (che collegherà l’Italia e la Grecia passando per l’Albania, consentendo l’afflusso di gas naturale proveniente dal Medio Oriente, dal Caucaso e dall’area del Mar Caspio) col suo giro di appalti e profitti miliardari e lo scempio ambientale che esso comporta in Salento nella terra degli ulivi”.
“Qualsiasi denuncia giornalistica, per quanto coraggiosa – è scritto – risulta impotente se non trova orecchie disponibili ad ascoltarla e persone pronte ad attivarsi e a trarne opportune conseguenze. Il premier maltese Muscat, costretto alle dimissioni durante il suo mandato di guida europea, proprio a seguito dello scandalo che lo ha riguardato direttamente, afferma in modo scontato che ‘nessuna rivalità giustifica una morte del genere’, ma questa sua dichiarazione risuona tardiva e insufficiente.
La giornalista Caruana Galizia, sull’Espresso e sul suo blog, producendo una grande quantità di prove documentali, aveva scoperchiato l’enorme flusso di denaro utilizzato per condizionare le scelte europee (ad esempio, pagando tangenti ad europarlamentari affinché chiudessero un occhio sulle violazioni dei diritti umani in Azerbaijan) tra i vertici dello stato azero e quelli dei paesi europei come Malta”.
“Questo stato di cose – conclude il comunicato – ci indigna profondamente sia come cittadini europei che come associazioni autonome impegnate a favorire il rispetto della legalità e dei diritti democratici, tra i quali quello della tutela della libera informazione”.
Barbara Contrafatto
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