“Abbiamo fatto delle scoperte eccezionali”. Il Soprintendente del mare Sebastiano Tusa è raggiante. Questi ultimi rinvenimenti si aggiungono ai tanti effettuati nel passato alle Isole Egadi, nel tratto di mare tra Levanzo e Marettimo, che hanno permesso di localizzare esattamente il sito in cui si combatté una delle più grandi battaglie navali dell’antichità per numero di partecipanti, circa 200 mila, tra i Romani, guidati da Gaio Lutazio Catulo, e i Cartaginesi, capeggiati da Annone, e che, oltre a chiudere a favore dei primi la lunga e lacerante Prima Guerra Punica, sancì la supremazia di Roma su Cartagine. Sono tornati alla luce autentici frammenti di storia antica in forma di tredici rostri bronzei di antiche navi da guerra, diciotto elmi bronzei, centinaia di anfore e reperti di uso comune”.
Tra i 75 e i 95 metri di profondità, nei fondali a nord-ovest dell’isola di Levanzo, nel corso della campagna di ricerche effettuata nei giorni scorsi dalla Soprintendenza del Mare di Palermo, in collaborazione con i subacquei altofondalisti della Gue (Global Underwater Explorers), sono state effettuate delle scoperte di grande interesse scientifico che ampliano di molto le nostre conoscenze sulla “Battaglia delle Egadi”, il cui luogo ove avvenne era stato già identificato negli anni scorsi.
Le ricerche effettuate nel corso di questa campagna hanno interessato un’area a forte presenza di emergenze rocciose sul fondale marino ed è stata scelta poiché più suscettibile di essere esplorata mediante immersione umana diretta piuttosto che con apparecchiature elettroniche (side scan sonar e multibeam) più versatili nelle aree a fondo piatto e sabbioso.
Le nuove scoperte comprendono due rostri in bronzo che si aggiungono agli 11 già recuperati nel passato, e dieci elmi in bronzo del tipo Montefortino. Erano armi in dotazione ai militi romani, con la peculiarità estremamente rara di avere sulla sua sommità un elemento applicato in rilievo che riproduce una pelle di leone in rilievo che sembra abbracciare la pigna centrale che ne orna la punta.
Un unicum nella classe degli elmi. “A nostra conoscenza – dice Tusa – esiste un altro elmo simile con un probabile uccello stilizzato applicato in analoga maniera sulla sommità. Sappiamo che i pretoriani, corpo istituito più di due secoli dopo da Augusto, talvolta adornavano il proprio elmo con una reale pelle di leone. Non avevamo esempi di tale insegna in epoca romano repubblicana”.
E’ probabile che tale decorazione sia da ricondurre ad una città alleata di Roma dove era forte l’influenza del mito di Eracle/Ercole che, com’è noto, è spesso rappresentato con la pelle di leone sul capo. Oppure si potrebbe pensare ad un’insegna che indicherebbe un ruolo gerarchico nell’ambito dell’esercito romano. Si tratta di supposizioni preliminari che dovranno essere vagliate ed approfondite nel corso dei prossimi studi.
Questo rostro è diverso dagli altri finora rinvenuti poiché presenta una decorazione su entrambi i lati di grande pregio artistico. Decorazione finora nota soltanto nel rostro di Acqualadroni che la Soprintendenza del Mare recuperò alcuni anni fa nelle acque di Capo Rasocolmo presso Messina ed oggi esposto nella città dello Stretto.
“Tale decorazione – seguita Tusa – ci permetterà di individuare la zona di provenienza del rostro grazie ad un’analisi iconografica che condurremo a restauro terminato”.
Barbara Contrafatto
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