In questa Italia smemorata succede che il capo di Forza Italia – partito fondato da Marcello Dell’Utri, oggi in galera per concorso esterno in associazione mafiosa – cerchi di demonizzare quotidianamente chi non gli va a genio attraverso le televisioni e i giornali di cui è proprietario. Ogni giorno sentiamo e leggiamo frasi, parole ed epiteti offensivi contro avversari politici, magistrati e intellettuali che, in un modo o nell’altro, possono sbarrargli il passo in un’azione che definire storicamente “eversiva” non crediamo sia offensivo o inverosimile.
Diciamo “eversiva” per prendere a prestito un termine usato dall’ex presidente della Commissione parlamentare sulla P2, Tina Anselmi, per definire la loggia massonica fondata da Licio Gelli – protagonista dell’intreccio perverso fra mafia, terrorismo di destra, servizi segreti, massoneria e istituzioni deviate, che negli ultimi quarant’anni è stato dietro a molte stragi e delitti eccellenti – di cui Silvio Berlusconi ha fatto parte.
Il capo del centrodestra aspira a diventare presidente del Consiglio per la quarta volta. Quando dici “presidente del Consiglio” ti riporti a figure come De Gasperi, come Moro, come Spadolini, come lo stesso Andreotti, colluso sì, secondo i magistrati, ma che non si è mai sognato di utilizzare la Rai per denigrare chiunque.
Un aspirante alla presidenza del Consiglio dovrebbe usare la televisione e i giornali – a maggior ragione se sono suoi – per educare l’opinione pubblica alla gentilezza e al rispetto, alla cultura e all’educazione. Invece ci ritroviamo un tizio che cerca di screditare “il nemico” di turno attraverso un micidiale persuasore occulto come il piccolo schermo, in un Paese nel quale – secondo qualificati istituti di ricerca – la metà della popolazione o è ancora analfabeta o è semi analfabeta, e quindi non possiede gli strumenti culturali per interpretare certi messaggi.
Gli insulti che Berlusconi – e tutta la sua corte – sta intensificando nei confronti degli esponenti del M5S (movimento al quale in passato abbiamo rivolto aspre critiche), oltre a brillare per volgarità, ricordano quelli riservati alla sinistra nel 1994, quando lo stesso Cav decise di scendere in politica per sconfiggere “i comunisti” che avrebbero ridotto l’Italia peggio dell’Unione sovietica. Memorabili i comizi “a reti unificate” su Canale 5, Rete 4 e Italia1 dopo la vittoria dei Progressisti nel ’93, quando per la prima volta si votò con l’elezione diretta dei sindaci.
Memorabili gli appelli dei più famosi personaggi dello spettacolo che lavoravano per lui, da Mike Bongiorno a Iva Zanicchi a Raimondo Vianello (tanto per citarne alcuni), che addirittura alla vigilia del voto, tra uno sketch e una canzone, lanciarono l’appello di votare per Berlusconi, “persona seria che mantiene le promesse”, specie dopo l’impegno del “milione di posti di lavoro” (una bufala alla quale, allora, tutti credettero): dunque “che si costa provarlo per cinque anni?”.
Ma era l’”artiglieria pesante” a lanciare le bordate più micidiali. Non possiamo dimenticare il lavoro indefesso di “grandi” giornalisti e intellettuali come Vittorio Sgarbi, Giuliano Ferrara, Vittorio Feltri, Paolo Liguori, Bruno Vespa (giornalista Rai, ma votato strenuamente alla causa) ed altri che fortunatamente abbiamo rimosso dalla nostra memoria.
Un vero e proprio plagio di massa, che ha in questi valorosi eroi della cultura italica le colonne portanti di una impresa simile a quella – per dispiegamento di forze, di mezzi e di risorse – del fascismo, violento, rozzo, volgare e razzista quanto vogliamo, ma mai apologetico – almeno secondo gli spezzoni dei documenti arrivati fino ai nostri giorni – nei confronti della mafia e del malaffare.
Con Berlusconi, questi due concetti sono stati sdoganati alla grande: ormai è normale dire – e sentir dire – che Vittorio Mangano (il factotum mafioso dell’ex cavaliere) è “un eroe”, che Dell’Utri “è una delle persone più trasparenti e più colte al servizio del paese che io conosca”, che “la mafia non esiste”, che “i magistrati non devono processare lo Stato”, perché “sono antropologicamente disturbati “, e tante altre aberrazioni che sono penetrate e stanno penetrando nel cervello di tanta gente – specie giovane – in modo irreversibile.
La lezione del ministro della Cultura popolare nazista, Goebbels (“Se una menzogna la dici una sola volta resta una menzogna, ma se la ripeti continuamente diventa una verità”) è stata recepita in pieno, con un’opinione pubblica sempre più inebetita e assente.
Come dimenticare gli insulti che Sgarbi rivolgeva quotidianamente a magistrati integerrimi come Giulio Saverio Borrelli e Giancarlo Caselli, che da Milano a Palermo indagavano sui legami fra mafia ed alta finanza lombarda? Come dimenticare le aberrazioni lanciate contro il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando (protagonista assieme a Piersanti e Sergio Mattarella della rivolta scoppiata all’interno della Dc, contro Lima e Andreotti, e di un tentativo di rinnovamento del partito), contro Nando dalla Chiesa, leader di un movimento d’avanguardia come Società civile, contro Antonino Caponnetto, fondatore del pool antimafia di Falcone e Borsellino?
Orlando fu definito “mafioso” dall’intera corte del Cavaliere; dalla Chiesa insultato da Feltri con offese oltraggiose alla memoria del padre, il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso da Cosa nostra il 3 settembre 1982; il giudice Caponnetto definito dallo stesso Feltri “Capo-inetto”. Ma furono i messaggi subliminali (quei messaggi “indiretti” finalizzati a penetrare nella psiche dell’opinione pubblica) ad avvelenare il clima: i servizi contro gli extracomunitari, contro i centri sociali, contro le Procure più impegnate, certe interviste volanti alla “gente”.
La storia si ripete. E bisogna chiedersi perché. Oggi come allora non fa paura chi è “dentro” il sistema (basta vedere cosa sta facendo alla Regione Sicilia il Pd di Renzi con l’elezione di Miccichè alla presidenza dell’Ars), ma chi ne è fuori ed aspira a prendere il potere attraverso libere elezioni. Ieri era la Rete di Orlando, di Caponnetto e di dalla Chiesa a far paura, oggi è il M5S. Che sarà pure formato da gente inesperta, ma rifiuta le alleanze e “rischia” di vincere le elezioni. Un metodo che se da un lato crea dei dubbi sulle dinamiche di democrazia interna del movimento, dall’altro crea terrore a un sistema basato sull’inciucio, e non solo. Non sappiamo come finirà. Diciamo ai lettori di non fidarsi dei messaggi denigratori che provengono da persone fin troppo screditate per apparire credibili. Solo questo.
Luciano Mirone
Bellissimo articolo e verità sacrosante. Speriamo che gli italiani escano dal loro torpore e disinteresse per la politica.