Un bagliore risalente alla Seconda guerra mondiale si intravede nelle acque del Canale di Sicilia grazie alle ricerche della Sovrintendenza del Mare di Palermo diretta da Sebastiano Tusa. Si tratta del relitto della nave da sbarco HMS LST-429, costruita nel 1942 per la Marina Americana presso i cantieri Bethlehem-Fairfield Shipyard Inc. di Baltimora. Varata l’11 gennaio 1943 e non entrata mai in servizio per gli Stati Uniti in quanto subito trasferita alla Royal Navy Britannica, affondò il 3 Luglio 1943 nelle acque internazionali del Canale di Sicilia, a causa di un incendio.
Il relitto giace su un fondale di circa 38 metri, avvolto da reti da pesca, e spezzato in due tronconi. Il troncone di poppa si trova in assetto di navigazione; le due eliche e i due timoni, caratteristici dei mezzi da sbarco, si sono mantenute integre così come la torretta. Alle spalle del ponte di comando sono ben visibili le due difese, ricoperte da fitte concrezioni biologiche. Il troncone prodiero giace parallelo a quello di poppa, capovolto, con la prua rivolta verso le eliche. All’interno sono identificabili i mezzi gommati parte del carico.
Nel corso dei sopralluoghi è stato realizzato del materiale video-fotografico utile per la concreta identificazione del relitto e per la valutazione delle condizioni dello stesso. Tutto il materiale è stato consegnato alla Soprintendenza del Mare nell’ambito di una attenta e proficua collaborazione per la preservazione e divulgazione dei beni storici-culturali presenti nelle acque che furono teatro dei violenti scontri durante la seconda guerra mondiale.
Segnalata da Pietro Faggioli e dal compianto Andrea Ghisotti, la presenza della nave nelle acque del Canale era nota fon dal 2007. Il team di studi composto dal centro subacqueo Blue Dolphins di Lampedusa, guidato da Alessandro Turri, e del centro subacqueo Ecosfera di Messina, guidato da Domenico Majolino. Alla spedizione hanno partecipato anche Monica Tentori, Mauro Bombaci, Antonio De Carlo, Marco Ruello, Francesco Donato, Maria Giovanna Piro, Stefano Saleri e Giorgia Pelegalli.
Per il Soprintendente del Mare Sebastiano Tusa “il monitoraggio di questa nave si è reso possibile grazie al contributo dei volontari. E’ indispensabile un rapporto di collaborazione fra la Soprintendenza, le associazioni e le istituzioni private. Crediamo che sia questa la strada maestra per il futuro. Il nostro mare è uno straordinario forziere che ospita un patrimonio che va dalla preistoria fino ai nostri giorni: certe ricerche l’ente pubblico, anche per le scarse possibilità economiche di cui dispone, non può affrontarle da solo: è quindi necessario attivare sinergie con altre realtà. E questo non ha solo un valore tecnico ma anche culturale. Salvaguardare la nostra memoria storica è un compito a cui ognuno di noi deve dare un piccolo contributo. E riteniamo che a partire da questo confronto con il passato che si può ricostruire una rete di solidarietà, tolleranza e speranza nel futuro”.
Barbara Contrafatto
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