Professore Maurizio Spina, lei è un docente di Pianificazione territoriale dell’Università di Catania, ed è stato a Belpasso, nel luogo che, secondo i desideri di molti cittadini, dovrebbe diventare il Parco delle Torrette. Che sensazione ha ricavato, che luogo è?
“Proverò a rispondere in due maniere. Una emotiva (cioè di persona che visita quei luoghi) e una tecnica. Emotivamente dico che ci troviamo ai bordi della città e a un passo dalla circonvallazione, in una zona che guarda paesaggisticamente all’Etna in maniera straordinaria e che conserva dei segni molto significativi, che sono le Torrette, questi luoghi di trasformazione agraria, e non solo, di interesse particolare. Tecnicamente lo ritengo un nodo interessantissimo per lo sviluppo di Belpasso. L’Amministrazione comunale dovrebbe scegliere che destino assegnare a questa città: o di espansione urbana o di qualità urbana”.
Qual è la differenza?
“Se vai nella direzione dell’espansione urbana potrebbe essere una zona assolutamente appetibile dal punto di vista immobiliare. Se vai nella direzione della qualità urbana, quel luogo potrebbe essere il vero polmone verde o la testata di un polmone verde di un percorso verde che attraversa Belpasso. Chiaramente questa domanda fatta a me non può che avere la preferenza della seconda ipotesi, in quanto ritengo che oggi le città (e non lo ritengo solo io) si fondano su alcuni elementi”.
Quali?
“Le chiusure del centro storico e il verde (non solo l’albero da piantare, ma intere zone): la zona delle Torrette di Belpasso mi sembra un luogo di assoluto interesse per uno sviluppo evolutivo e culturale, mi sembra un luogo adatto a diventare parco, e a dare un’identità di un paese distaccato dalla città di Catania, ma che contemporaneamente fa parte dell’area metropolitana”.
Lei poc’anzi ha parlato di “sviluppo”, cioè ha detto che per lo sviluppo di Belpasso è utile che quell’area venga preservata. Può spiegare questo concetto, dato che molti identificano lo sviluppo con il cemento?
“Bisogna spiegare la grande differenza che c’è tra crescita e sviluppo, o meglio fra il fisico e l’immateriale”.
In parole semplici?
“Immaginiamo un ragazzino di otto-nove anni, che l’anno scorso era alto un metro e quaranta e quest’anno è un metro e quarantacinque. È cresciuto fisicamente ed è misurabile. Lo sviluppo invece non è misurabile: è computabile, una cosa diversa, perché un fenomeno culturale non puoi misurarlo. Ecco perché ho parlato di sviluppo e non di crescita. Se l’Amministrazione comunale ha deciso di impiantare delle costruzioni guarderebbe a una crescita (che è quella che ha ucciso le città). Se cercasse di tutelare quella zona andrebbe in direzione dello sviluppo, che è onnicomprensivo, in quanto è economico, territoriale, identitario. Non è vero che se non costruisci non muovi economia: dobbiamo abituarci all’idea di muovere economia sottraendo costruzioni”.
Può fare un esempio?
“Prendiamo un lungomare con una cementificazione disordinata: se sottrai case abusive, quel luogo diventa appetibile non solo dal punto di vista culturale, ma anche economico, perché si muovono una serie di economie straordinarie. Passiamo a Belpasso. Fino a quando la città sarà dimensionata con un certo numero di abitanti è appetibile dal punto di vista economico e della qualità delle vita. Se Belpasso dovesse diventare Gravina (nota per essere il comune con la più alta densità abitativa d’Europa) non è più appetibile, tanto che a Gravina sta cominciando ad attuarsi uno svuotamento perché le attrezzature e i servizi non sostengono tutta questa gente”.
Torniamo alla zona delle torrette di Belpasso, dichiarata nel 1993 zona d’espansione dal Piano regolatore. Nel 2011 è stata approvata una concessione edilizia per la costruzione di alcune palazzine a schiera, ma risulta – almeno stando a ciò che si vede – che i lavori non siano mai iniziati. Recentemente c’è stata una richiesta di variante che prevede, nella stessa area, anche una struttura commerciale. Siccome si tratta di un luogo di pregio, dato che i lavori non sono iniziati, la legge può prevedere la revoca della concessione?
“Tecnicamente sì. Dalla fine dell’Ottocento l’interesse collettivo, per legge, è prioritario rispetto a quello privato. Se un’Amministrazione, che rappresenta un interesse collettivo, ritiene che un’azione privata (anche autorizzata) danneggi in qualche modo il proprio territorio può revocare la concessione in qualsiasi momento. È chiaro che potrebbe subentrare un problema giuridico di diritti acquisiti: non conosco la vicenda dal punto di vista burocratico e quindi non riesco ad esprimermi in questo senso, ma come carattere generale è assolutamente possibile revocare una concessione edilizia”.
Questo luogo non andrebbe armonizzato con il resto del paesaggio dell’Etna e della Piana di Catania?
“Certamente. Credo che più che guardare solo a questo luogo, interessantissimo sicuramente e strategico per Belpasso, bisogna guardare all’interezza del territorio, cioè guardare il ruolo che questo luogo deve avere all’interno del contesto territoriale. E questo lo fa un Piano regolatore. Quel posto non può essere isolato dal territorio, ma deve essere compatibile con esso”.
Quando un’Amministrazione pubblica non può revocare una concessione edilizia?
“Un’Amministrazione può sempre revocare una concessione. Anche se sono iniziati i lavori. C’è sempre il rischio, ripeto, di un contenzioso coi privati, ma se i lavori non sono cominciati, il rischio che l’Amministrazione pubblica perda il contenzioso diminuisce. Una concessione ha un tempo, una scadenza. Il significato di concessione è che il Comune ha sempre la priorità sulle decisioni che riguardano il territorio”.
Una concessione edilizia può essere annullata da un vincolo di inedificabilità che viene apposto qualche anno dopo nella stessa area?
“Il vincolo annulla automaticamente la concessione, ma è necessaria una revoca. Uno strumento urbanistico si occupa della pianificazione del territorio presente, passata e futura”.
Luciano Mirone
Sono passati 5 anni di silenzio sulle sorti della stentata revisione in atto del PRG e non vi è stato alcun segnale noto da parte di organismi politici di governo e di opposizione.
Inizialmente vi sono state iniziative collettive con affollate partecipazioni e interventi di facenti parte della componente politica, della così detta società civile, di organismi professionali, per altro sollecitati al sindaco che però è rimasto deluso dell’inconsistenza degli interventi.
Ora con questa intervista al prof. Maurizio Spina, docente di pianificazione territoriale presso l’Università di Catania, si è palesato, opportunamente, un risveglio sull’argomento in oggetto.
Il prof Spina, con elegante e prestigiosa professionalità, dà la possibilità di approfondire l’argomento ed evidenziare i concetti basilari sulla redazione di PRG privilegiando l’interesse collettivo.
Anzitutto dice che il concetto di “qualità urbana” in un PRG non può prescindere dalla buona configurazione e chiusura del centro storico ed anche della buona dislocazione delle zone a verde.
Ma quello che maggiormente dovrebbe dovrebbe spingere ad abbandonare questa sonnolenza ed apatia nella cittadinanza, sono le lodevoli parole che il prof. Spina spende per questo paese, in queste espressioni: “Belpasso, luogo di assoluto interesse per uno sviluppo evolutivo e culturale con una propria identità di paese e facente parte dell’area metropolitana”.
Facciamo in modo da imprimere una operosità in sinergia tra le componenti cittadine associative, professionali, politiche senza dimenticare di coinvolgere le opportune presenze di ben deputati regionali. ma non per chiedere loro favori o privilegi.
Non lasciamo l’alibi alla politica di essere lasciata sola, anche perchè le malefatte le paghiamo tutti
Nell’imminenza delle prossime elezioni comunali, non è un caso che L’Informazione, diretta da Luciano Mirone, rispolvera un argomento “di moda” o che suscita la “sensibilità” di parte della Comunità belpassese, il Parco delle Torrette.
E lo fa intervistando un Urbanista, il prof. Maurizio Spina, docente di Pianificazione Urbanistica all’Università di Catania e non certamente il consulente tecnico alla revisione del PRG scelto dall’attuale Amministrazione, ossia, l’ing. Bisignani.
Chi ormai ha una certa età si ricorda come a cavallo degli anni ’77 e ’78, la RMB si fosse occupata dell’istituzione del Parco dell’Etna, invitando nei suoi studi di Via Vittorio Emanuele III, anche il prof. Giuseppe D’Urso, docente di Pianificazione Territoriale alla Facoltà di Ingegneria di Catania, che nel corso dell’intervista ebbe a ricordare l’importanza dell’esistenza di un Piano Territoriale di sviluppo eco-compatibile che doveva coinvolgere tutti i Comuni del comprensorio etneo, interessati dall’auspicato Parco dell’Etna.
Spiego’ anche ai microfoni dell’unica radio che allora seguiva il Seminario per l’Istituzione del Parco dell’Etna, l’importanza del Parco Naturale e dei Piani Regolatori Comunali che dovevano tener conto delle direttive che l’Ente Parco dell’Etna avrebbe dovuto impartire ai vari Comuni .
Poi si sa come andò a finire.
L’Ente Parco divenne un rifugio per ex amministratori comunali o candidati politici trombati o amici degli amici. Spesso persone senza qualifica , senza sensibilità ambientalista, insomma, senz’arte né parte.
Ed anche questa opportunità di sviluppo, come tante altre sorte con le migliori intenzioni, fu compromessa.
Quello che, pero’, dice e non dice il prof. Spina è che il termine “verde” viene usato impropriamente ed in forma riduttiva in quanto lo sviluppo di una comunità, come giustamente egli sottolinea, non puo’ essere limitato alla preservazione di un‘area infatti aggiunge che “ più che guardare solo a questo luogo, interessantissimo sicuramente e strategico per Belpasso, bisogna guardare all’interezza del territorio, cioè guardare il ruolo che questo luogo deve avere all’interno del contesto territoriale. E questo lo fa un Piano Regolatore. Quel posto non può essere isolato dal territorio, ma deve essere compatibile con esso”.
Chi ha il tempo e l’interesse di leggere con attenzione il testo delle Direttive Generali per la Revisione Generale del PRG , approvato il 4 Maggio del 2015 dal Consiglio Comunale in scadenza , non può non notare la totale assenza di idee e di visione orientate ad uno sviluppo strategico che guardi all’interezza del territorio comunale in termini eco-compatibili.
E nel testo manca anche un aspetto che l’Urbanista non ha citato, sicuramente perché il tema dell’intervista era il Parco delle Torrette, ossia, i criteri di pianificazione di un territorio che non è solo fisico ma anche antropologico e, quindi, economico, sociale, ecologico.
Per la verità, compare in più occasioni il termine “Verde”, scritto anche una volta in maiuscolo ma mai si fa cenno ad un criterio ecologico o meglio eco-compatibile che caratterizza per es. i vari piani di livello comunale e regionali elaborati sin dagli anni ’90 in Italia, allorquando, cominciarono a diffondersi i primi germi della Bioarchitettura, importata con le dovute correzioni dai paesi del centro e nord Europa.
Non solo, ma mai si fa cenno a quelli che sono ormai i principi consolidati che governano una diversa forma di concepire, organizzare ed utilizzare i beni di cui disponiamo, ossia, l’Economia, intesa in senso Verde, ossia, in altri termini, Green Economy.
Perché una cosa è scrivere che “l’indirizzo dell’Amministrazione è quello di approfondire ed elaborare il Piano Regolatore Generale con grande attenzione al tema del VERDE, delle infrastrutture e servizi, dei parcheggi” e più avanti “ valorizzando gli orti urbani e le armacie, ecc.”, tutt’altra cosa è mettersi a tavolino e delineare con una nuova visione globale uno sviluppo eco-sostenibile in cui ogni attività umana e naturale deve essere organizzata ed orientata al rispetto coerente di una diversa qualità della vita umana, animale, vegetale, naturale, in generale.
Per es. non avrebbe senso limitarsi a piantare più alberi o a realizzare più parchi urbani quando poi gli impianti ed i materiali di costruzione degli edifici non sono eco-compatibili oppure si autorizzano produzioni inquinanti ed inefficienti nelle aree artigianali ed industriali.