La sentenza con la quale il Tar di Catania ha deciso la vicenda della cementificazione di uno dei luoghi più suggestivi e incontaminati di Belpasso, contrada Gattaino, spiega in modo mirabile il livello di una classe politica – senza distinzioni di partito o di coalizione – che non riesce nemmeno a dare una motivazione sufficientemente valida per difendere la bellezza del territorio. Basta leggere quanto scrive la seconda sezione del Tribunale amministrativo regionale di Catania per farsi un’idea della qualità della politica espressa in questo centro di 27mila abitanti ai piedi del vulcano più alto d’Europa.
Quando un Consiglio comunale, lo scorso 26 aprile (parliamo della passata legislatura), “si limita a respingere – così come scrive il Tar – la proposta di approvazione, senza esternare e motivare le ragioni ostative alla realizzazione dell’intervento edilizio”, vuol dire che – a prescindere dalla volontà – ci troviamo di fronte a una politica incapace non solo di elaborare un progetto, ma di gestire perfino il presente.
Praticamente il Tar ci dice che lo scorso organo elettivo (oggi in buona parte riconfermato sia nelle cariche dei consiglieri, sia in quelle degli assessori, sia in quella del sindaco) si limita a votare le delibere, senza avere la capacità di articolare una motivazione che spieghi in modo sufficiente le ragioni di quel voto. “Il diniego – dice ancora il Tar – è privo di motivazione e costituisce il frutto del mero risultato numerico della votazione svolta in esito al dibattito tra i consiglieri comunali”.
Certo, i magistrati limitano il giudizio solo a questo provvedimento, ma si tratta di un provvedimento – la pianificazione e la salvaguardia del territorio – fondamentale per dare un futuro a una comunità. Una decisione così delicata, così importante, così strategica può essere limitata al solo voto negativo, senza essere accompagnata da una illustrazione in grado di reggere il confronto presso le Sovrintendenze, il Genio civile, gli organi regionali, i Tribunali, ecc.?
Purtroppo abbiamo argomenti sufficienti per dire che questa classe politica non è stata in grado neanche di scongiurare il rischio di perdere una Farmacia comunale che avrebbe portato al Comune 400mila Euro l’anno, non è stata capace di cogliere la grande occasione di far redigere un Piano regolatore ad uno dei migliori urbanisti d’Europa (il professor Leonardo Urbani), non è stata in grado di spiegare perché – in questo tempo di vacche magre – bisognava spendere per forza oltre un milione di Euro per costruire un parcheggio riservato a una ventina di macchine e a nessun autobus, perché il bilancio comunale presenta criticità preoccupanti, perché non è mai stata fatta una politica seria per contrastare il disagio giovanile e la desertificazione urbana.
Mentre i muri della città sono tappezzati di manifesti dei politici che ringraziano gli elettori per i voti ricevuti, il Tar inchioda gli stessi politici alle loro responsabilità. Il paradosso è proprio questo: i giudici ci mandano questi messaggi non certamente positivi su questa classe politica, e la gente la vota. L’ex sindaco di Belpasso Carlo Caputo aveva promesso il Parco delle Torrette in contrada Gattaino, pur sapendo che negli stessi terreni il Consiglio comunale aveva votato un piano di lottizzazione fin dal 2010, e ancora a Belpasso si crede alle favole. Mentre a San Vito lo Capo, provincia di Trapani, la cittadinanza capeggiata dal sindaco minaccia di fare le barricate se la Regione approva un progetto di cementificazione, a Belpasso si crede ancora che le colate di cemento nei luoghi di straordinaria bellezza portino ricchezza. Fino a quando non si prenderà coscienza della qualità della politica che ci governa, la qualità della vita non migliorerà mai. Non lo dice questo giornale, ma una sentenza della seconda sezione del Tar di Catania.
Luciano Mirone
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