L’amministrazione comunale di Milazzo organizza un dibattito su Giorgio Almirante, ex fascista, ex repubblichino, fondatore e segretario del Movimento sociale italiano, e nella cittadina siciliana scoppia la polemica attraverso un durissimo documento redatto dal Circolo Comunista “Ventunounoventuno”, e sottoscritto da associazioni, giornali, intellettuali e cittadini.
“Il prossimo 17 luglio – si legge nella nota – a Villa Vaccarino, nell’ambito delle iniziative culturali estive, organizzate dall’amministrazione comunale di Milazzo, ed in particolare, dall’ assessore alla cultura, ci sarà un incontro per celebrare un politico italiano del secolo scorso: Giorgio Almirante”. Con interventi del senatore Domenico Nania, del prof. Diego Celi e dell’avv. Maria Rosaria Cusumano.
Già dal titolo (“Il politico che immaginò il futuro”) si intuisce che l’argomento avrà un taglio più apologetico che storiografico, ma se a questo aggiungiamo che l’organizzazione della manifestazione – secondo gli estensori del documento – passa attraverso l’assessorato alla Cultura, ce n’è abbastanza per portare i firmatari a scrivere che in quell’occasione “si celebreranno le gesta politiche e umane di un fascista, razzista e collaborazionista con i nazisti”.
Certo, “adesso – si legge nella nota – tirerete fuori le solite domande provocatorie: ‘E allora Stalin? E Pol Pot? E Ho CHI Min? E i ‘rossi’?”. “Quando qualcuno – si sottolinea – celebrerà un ‘rosso’, si valuterà la sua storia politica e umana e verificheremo se questa sarà compatibile con una Repubblica Democratica e Antifascista quale è l’Italia. Per ora è di Almirante che si parla, e di lui parleremo”.
Chi è stato Almirante?, scrive il Circolo comunista milazzese. “Fascista della prima ora, giornalista prima e caporedattore poi del giornale fascista ‘il Tevere’, si iscrisse ventenne al Guf dell’Urbe; fu tra i firmatari nel 1938 del ‘Manifesto della razza’ e, dal 1938 al 1942 collaborò alla rivista ‘La difesa della razza’ come segretario di redazione”.
È in quel periodo, riporta “Ventunounoventuno”, che Almirante scrive: “Il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza. Il razzismo nostro deve essere quello del sangue, che scorre nelle mie vene, che io sento rifluire in me, e posso vedere, analizzare e confrontare col sangue degli altri. Il razzismo nostro deve essere quello della carne e dei muscoli […]. Altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei […]. Non c’è che un attestato col quale si possa imporre l’altolà al meticciato e all’ebraismo: l’attestato del sangue”.
“Dopo l’8 settembre – viene detto dai firmatari – aderì alla Repubblica Sociale Italiana (Rsi) arruolandosi nella guardia nazionale repubblicana con il grado di generale. Il 30 aprile 1944 fu nominato capo gabinetto del ministero della cultura popolare della RSI presieduto da Fernando Mezzasoma”.
“Dopo la ‘liberazione’ – si legge ancora – trasse giovamento dal fatto che la paventata epurazione dei fascisti proposta da Parri, venne annacquata anche per volere di Togliatti ( che paradosso! Almirante debitore di Togliatti) e fu cofondatore del Movimento Sociale Italiano”.
“Nel 1947 – seguita il documento – venne condannato a un confino di polizia per collaborazionismo con le truppe naziste. Sempre nel 1947 venne accusato di apologia del fascismo e il 4 novembre del 1947 gli venne inflitta una condanna a 12 mesi di confino poi annullata. Il 5 maggio 1958, al termine di un comizio a Trieste, è denunciato alla Questura per ‘vilipendio degli Organi costituzionali dello stato’. Il 16 giugno 1971 il Procuratore della Repubblica di Spoleto, Vincenzo De Franco, chiese alla camera dei deputati l’autorizzazione a procedere contro Almirante per i reati di ‘pubblica istigazione ad attentato contro la Costituzione e insurrezione armata contro i poteri dello Stato. La frase incriminata era stata la seguente: ‘I nostri giovani devono prepararsi all’attacco prima che altri lo facciano. Devono conseguire risultati analoghi a quelli conquistati in altri paesi d’Europa quali il Portogallo, la Grecia e la Spagna’ (in quel periodo questi tre Paesi erano governati da feroci dittature militari di stampo fascista)”.
“Nel giugno del 1972 – scrive ancora il Circolo comunista – l’allora Procuratore Generale di Milano, Luigi Bianchi D’Espinosa, chiese alla Camera dei deputati l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti per tentata ricostituzione del partito fascista. Il parlamento la concesse ma tutto si arenò anche per la prematura morte del Procuratore”.
“Almirante – si legge ancora – fu sottoposto a processo per la strage di Peteano, che provocò la morte di tre carabinieri e il ferimento di altri due, dove si fece scudo dell’immunità parlamentare e alla fine godette di un’amnistia grazie alla quale uscì definitivamente dal processo, nonostante la legge ne prevedesse la rinunciabilità al fine di tutelare il diritto dell’imputato all’accertamento dei fatti. Per non parlare – proseguono i firmatari – delle accuse di contiguità con l’eversione nera e la P2”.
Luciano Mirone
Lascia un commento...