Ha compiuto un anno e mezzo e già di passi ne ha fatti. L’ultimo, nei giorni scorsi, alla Regione Sicilia per incontrarsi con i rappresentanti istituzionali di tutti i partiti. Sì, perché “L’Isola che c’è” è un progetto in stato embrionale, ma già si prospetta come una delle esperienze più interessanti del panorama siciliano, con proiezioni future A livello nazionale.
Oltre sessanta associazioni provenienti da tutta la Sicilia che operano nel mondo del volontariato, dell’associazionismo, della cultura e dell’imprenditoria, e che promuovono valori come la solidarietà, la pace, l’ambiente, l’inclusione, stanno attuando una strategia per condizionare le istituzioni “dal basso” e per cambiare una regione “segnata da decenni di malgoverno”.
“Queste soggettività – dice uno dei promotori, Alfio Foti, ex presidente regionale dell’Arci – rappresentano un grande potenziale. Noi vogliamo metterle insieme e interloquire paritariamente con le istituzioni. Si tratta di una rete di realtà locali che praticano giorno per giorno il cambiamento: sottolineo ‘praticano’, non ‘propagandano’ il cambiamento: parliamo della Fondazione di Comunità di Messina, della Rete delle Fattorie Sociali, di Passwork Imprese Sociali, della filiera di Grani Antichi, e tanto altro”.
“E’ un percorso – seguita l’ex presidente dell’Arci – iniziato l’8 aprile dello scorso anno a Paternò (Catania), dove da alcuni anni c’è la grande esperienza del Presidio partecipativo del fiume Simeto. Da quel giorno lavoriamo con quattro gruppi tematici per fare emergere elementi di analisi ed elementi di proposte. Nel campo dell’agricoltura pensiamo ai biodistretti, alle fondazione di comunità, all’esperienza condivisa dei beni comuni, all’accoglienza e all’inclusione, ai problemi socio-sanitari. Alla Regione abbiamo proposto una legge sulla partecipazione dei cittadini suo modello dei Cantieri di Rita Borsellino, cui questa esperienza si ispira. In sostanza vorremmo inserire nell’agenda politica le istanze di chi ogni giorno pratica il cambiamento”.
“Il nostro compito – spiega Foti – è quello di trasformare in energia dinamica e in cambiamento reale le potenzialità che finora, pur avendo agito da sole, hanno voglia di cambiare. E’ un’occasione nuova affinché la Sicilia possa trovare gli elementi positivi per una crescita complessiva”.
In che modo si pensa di portare avanti questo progetto? “Senza creare liste elettorali, né micro partiti, né super capi e super leader. Cercheremo di far sì che soltanto attraverso una cooperazione vera tutte queste esperienze possano accedere ad una dimensione progettuale comune, interloquendo con le istituzioni per provocare il cambiamento”. Quando si parla di cambiamento a cosa si fa riferimento? “Valorizzare le risorse che la Sicilia possiede, quelle compatibili e sostenibili con l’ambiente, un progetto di democrazia vera attraverso strumenti di partecipazione. Cambiamento significa che finalmente la politica, quella vera che dovrebbe costruire il Bene comune, vada incontro ai problemi veri delle persone e quindi si differenzi da quella che ha provocato il disastro. Credo che le associazioni che hanno aderito aumenteranno notevolmente”.
“La politica – prosegue Foti – deve prendere atto che esiste questa Sicilia, che vuole avere voce, che vuole avere un ruolo costruttivo”.
È un progetto politico? “Certo, ma nell’accezione più nobile del termine. Al centro c’è il Bene comune. Ma non è partitico, né elettorale, perché pensiamo che in questo momento società deve riacquistare forza e capacità di auto rappresentarsi. Solo dalla società possono venire gli input per un cambiamento reale”.
Luciano Mirone
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