Con Mimmo Lucano, una sera di un anno fa, fui chiaro: “Mimmo ti distruggeranno. Ti arresteranno, arriveranno qui con le ruspe per spianare te e il tuo modello Riace”. Mimmo mi ascoltò, con gli occhi cercò di capire il pensiero degli altri interlocutori presenti, poi, preoccupato, mi chiese: “Ma tu come fai a saperle queste cose? Hai sentito voci in Procura? Hai contatti con la Prefettura…”.
Lo fermai: “Mimmo non so un cazzo, non ho contatti, né indiscrezioni o fughe di notizie, ma ho imparato a conoscere le logiche del potere. E il potere vuole costruire consensi sulla paura, sulla lotta indiscriminata ai diversi, ai deboli, a chi ha fame e per di più la pelle di un altro colore”. Non amo le profezie, ma quella sera ero convinto di quello che stavo affermando. Era ancora ministro dell’Interno Marco Minniti e al governo c’era il centrosinistra. Con Minniti avevo scambiato qualche parola informale su Riace e avevo colto il suo fastidio ogni volta che parlavo di Lucano. Minniti non è mai andato a Riace da ministro per tentare di capire, non ha mai visto le esperienze che in quel paese si sono costruite. Le borse lavoro, la scuola multietnica, i laboratori, una piccola economia che si è messa in moto permettendo a decine di giovani calabresi di lavorare. Minniti andava in Libia a fare accordicchi con un governo fragile e subalterno alle varie bande militari padrone del territorio e dei traffici illeciti (migranti, droga, armi e petrolio).
Poi arrivò la destra al governo (quella vera, sovranista e razzista) e Salvini al Viminale. Va dato atto al capo della Lega di una certa coerenza, lui odia Mimmo Lucano (“uno zero”) e vuole distruggere il modello Riace. Salvini sa che la pancia del popolo va ingrassata col sangue dei “nemici”. Dopo la guerra alle Ong e alle loro navi nel Mediterraneo, bisognava abbattere anche quella esperienza. Via gli immigrati, i profughi e le loro famiglie, via i bambini di tutti i colori e le razze che giocano con i loro amichetti calabresi nel parco che ha i colori della pace, via i vecchi che raccontano le loro storie di sofferenza ad altri vecchi col colore della pelle diverso. Si svuotino le case del borgo, la scuola torni ad essere senza bambini, i vicoli, con i muri rallegrati da murales che raccontano il mondo, tornino ad essere muti, senza suoni né voci. Si distrugga per sempre il sindaco capatosta. Si abbatta quel cartello di benvenuti a Riace “paese dell’accoglienza”. Si ritorni alla normalità dell’abbandono. Alla solitudine, alle case senza più vita e vuote che si riempiono, ma non tutte, solo per qualche settimana d’agosto.
E adesso, cosa accadrà? Entro 60 giorni, intima il Viminale, profughi e migranti dovranno essere spostati altrove. Deportati. Arriverà la Legge e i carabinieri caricheranno le famiglie sui pullman. Si romperanno affetti, relazioni, speranze. Così morirà il modello Riace. Così morirà la speranza di milioni di italiani che vogliono vivere in un Paese accogliente, senza paura, civile e solidale.
Enrico Fierro (tratto da fb)
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