Dissesto finanziario atto secondo. Dopo gli anni delle “cattive gestioni” del Comune di Catania, è il momento del j’accuse contro gli ultimi tre sindaci che hanno governato la città negli ultimi decenni, Scapagnini, Stancanelli e Bianco”, che “hanno portato la città al fallimento politico, amministrativo e finanziario”, ma anche contro l’attuale primo cittadino Salvo Pogliese, “in perfetta continuità con chi ha amministrato Catania fino ad oggi”, il quale “non può pensare di cancellare le responsabilità del centrodestra mendicando un’elemosina dal Governo”.
C’è mobilitazione nel capoluogo etneo dopo la dichiarazione di dissesto finanziario del Comune da parte della Corte dei conti. Ormai l’impossibilità di ripianare un miliardo e seicento milioni di debiti contratti nel corso degli anni, nonché “l’incapacità dell’Amministrazione di far fronte alla spesa corrente (stipendi, fatture, servizi essenziali, manutenzioni)”, è sotto gli occhi di tutti.
Per questo una ventina di associazioni e soggetti politici, domani, martedì 13 novembre, alle 18,30, saranno in piazza Duomo (all’angolo con via Etnea), “per denunciare i veri artefici del dissesto”. L’occasione è data dalla manifestazione sul tema: “Il dissesto è vostro. La città è di tutti”, con sottotitolo: “Difendiamo i servizi pubblici, i posti di lavoro e il futuro di Catania”.
Un’accusa precisa, circostanziata contro “i partiti politici di centrodestra e centrosinistra, la dirigenza catanese delle organizzazioni sindacali confederali, ampi settori dell’imprenditoria, i vertici delle corporazioni professionali e pezzi della magistratura, che negli ultimi decenni hanno costituito un blocco consociativo complice e artefice del saccheggio della città. Clientele, affari, infiltrazioni mafiose, privatizzazioni hanno impoverito la città a tal punto da causare una devastante recessione economica, l’abbandono dei quartieri popolari, l’emigrazione di migliaia di giovani e adesso il fallimento finanziario”.
A questo, secondo gli organizzatori, vanno aggiunte “le politiche di austerità imposte dell’Unione Europea, i tagli ai finanziamenti agli enti locali (il 70 per cento in vent’anni), il federalismo fiscale che ha rotto la solidarietà tra regioni povere e regioni ricche, la speculazione sul debito pubblico delle banche e di Cassa Depositi e Prestiti”.
“Il dissesto – si legge nella nota diffusa dai firmatari – “non è un evento da temere o da rifuggire. Le tasse sono già ai massimali, i servizi a domanda individuale richiedono già tariffe altissime, i debiti non vengono già adesso pagati. Il dissesto è la condizione che vive già oggi la città, per responsabilità precise di chi ha governato Catania e l’Italia negli ultimi anni”.
E tuttavia, insistono le associazioni e i partiti della sinistra radicale, “non possono essere le cittadine e i cittadini catanesi a pagarne il pesantissimo prezzo: già in queste ore sono migliaia le lavoratrici e i lavoratori che non stanno percependo lo stipendio, decine le aziende a cui il Comune non sta pagando le fatture e saranno molti i servizi pubblici che nei prossimi giorni non potranno più essere assicurati”.
Per questa situazione drammatica, si legge ancora, “Catania non ha bisogno di elemosine dal Governo. Il Comune è strutturalmente in deficit. La povertà di ampie fasce della popolazione e un’economia in profonda recessione impediscono all’ente locale di far fronte solo con le proprie entrate ai servizi essenziali di cui i cittadini hanno diritto. Per salvare davvero Catania non sono utili scorciatoie, serve cambiare tutto!”
Cosa? Diverse le proposte: “1) L’abolizione del federalismo fiscale e una richiesta di maggiori finanziamenti strutturali agli enti locali; 2) L’annullamento del debito pubblico determinato da speculazioni bancarie e affariste; 3) La difesa dei servizi pubblici locali, contro la loro privatizzazione. Per una riorganizzazione delle società partecipate che elimini gli sprechi e garantisca i posti di lavoro; 4) La ripubblicizzazione della gestione dei rifiuti, dell’acqua, dei servizi di manutenzione e di pulizia delle strutture comunali; 5) La difesa dei posti di lavoro e il pagamento puntuale degli stipendi; 6) L’eliminazione delle spese clientelari, delle consulenze nelle società partecipate e degli sperperi delle risorse pubbliche per progetti inutili”.
“Servono progetti che cambino la città – dicono all’unisono gli organizzatori della manifestazione – migliorandone la qualità di vita e contestualmente creando lavoro, rimettendo in moto l’economia, con il contributo di tutte e tutti, cittadine e cittadini, attraverso una partecipazione attiva al governo della città”. Insomma, vogliono “un’altra Catania che produce e che lavora per il bene comune ed è ricca di solidarietà”.
Le associazioni e i soggetti politici che finora aderito all’evento sono: Arci, Gapa, Palestra Lupo, Comitato Popolare Antico Corso, I Siciliani giovani, Spazi Sociali Catania, Catania Bene Comune, Partito della Rifondazione Comunista, Sezione Olga Benario PCI, Sinistra Italiana Catania, rete La Ragna-Tela, Città Felice, Coordinamento Democrazia Costituzionale, Officina Rebelde, Federazione del Sociale USB Catania, ASIA USB Catania, Anpi Catania, Rete Antirazzista Catanese, Potere al Popolo, Gammazita, Azione Civile Catania, circolo etneo Teresa Mattei.
Barbara Contrafatto
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