È quando meno te lo aspetti che la Montagna “scassa”. Da queste parti ce ne accorgiamo quando, di giorno, vediamo quell’immensa colonna di fumo bianco o nero che si alza, o quando le luci della sera prendono il posto di quelle del giorno: seguendo un istinto primordiale che ti porta ad alzare sempre la testa verso la Madre-Matrigna, vedi all’improvviso che la sommità del vulcano si tinge di rosso, quel rosso schizza verso l’alto, forma delle fontane altissime, si quieta, riesplode e crea un fiume che si incanala verso il basso e nel frattempo divora lentamente qualsiasi cosa si trovi nel suo cammino.
È in quel momento che ripeti una frase vecchia quanto l’uomo, ‘a Muntagna scassàu, perché è da sempre che la fantasia popolare “sente” che quel fuoco rimasto incapsulato dall’ultima eruzione nelle viscere del vulcano, trafigge la crosta terrestre ed esplode in un boato possente, che ai figli dell’Etna sembra l’anima di questa entità soprannaturale dove, secondo gli antichi, il dio del fuoco – Efesto per i greci, Vulcano per i romani – forgiava il ferro per farne corazze, armature e gioielli da offrire in omaggio agli altri dei. Quei rumori soprannaturali che provenivano dalla profondità della Montagna e si espandevano fino a Scilla e anche oltre, erano causati da Efesto (o Vulcano) che, assieme ai Ciclopi, batteva il martello sull’incudine con quei muscoli vigorosi che solo gli dei potevano avere.
Poi gli dei sono scomparsi, ma ‘a Muntagna è rimasta sempre un’entità divina, considerata Madre perché le sue terre fertilissime nel corso dei secoli hanno dato sostentamento e ricchezza ai suoi figli attraverso ulivi, mandorli, fichidindia, pistacchi, agrumi; hanno fornito pietra per costruire chiese, case, strade, piazze, ville; hanno offerto la neve conservata in fosse gigantesche ricoperte di felci e poi trasportata nei pozzetti di ghisa per fare gelati e granite; hanno dato acqua in abbondanza.
Matrigna perché in diversi momenti della storia ha distrutto tutto, villaggi, paesi e città, sempre ricostruiti ai suoi piedi per quell’amore ancestrale che i figli hanno nutrito sempre per la loro Muntagna.
Da oggi le genti dell’Etna guardano sempre verso l’alto e mentre i telegiornali dicono asetticamente che “i fenomeni sono al momento concentrati nella zona sommitale del vulcano”, loro guardano incantati la loro Madre, ripetendo tra il serio e il faceto quella fatidica frase sentita dai padri e dai padri dei padri: ‘A Muntagna scassau. Poi salutano la loro Madre e vanno a dormire tranquilli.
Luciano Mirone
ciao luciano, belpassese come te mi rincuoro a leggermi nei miei ricordi vivendo adesso in un paese straniero.