Non sappiamo se la follia salverà il mondo, sappiamo che ci sono dei folli che ogni giorno ci salvano dalla follia del mondo. Maricia Roccaro è uno di questi. Fa il medico nefrologo e si occupa di malattie renali, vive a Catania, dirige il centro dialisi di Augusta (Siracusa) e si è messa in testa di curare le persone povere attraverso Humanity, l’associazione onlus che ha fondato cinque anni fa e che opera nel capoluogo etneo.
Una missione che si mantiene grazie all’auto- finanziamento dei suoi componenti. Per questa causa ha coinvolto una quindicina di colleghi e una quarantina di volontari che fanno i turni il lunedì mattina e il giovedì pomeriggio, in un paio di stanzette che fungono da ambulatorio, al numero 18 di via Imbert (per informazioni: 347 0368635 Giovanna D’Andrea), nella piazzetta che si affaccia sul porticciolo di Ognina: le ha ottenute tre anni fa grazie alla presidentessa della Fratres, Lidia Milli, che ha messo a disposizione i locali. Perché alla fine la catena della solidarietà non conosce ostacoli e se l’ostacolo appare insormontabile, c’è il cuore… Il cuore di un sacco di gente che Maricia vuole ringraziare.
E così all’interno di Humanity c’è il chirurgo, l’ortopedico, la ginecologa, l’endocrinologo, l’urologo, il pediatra, il dentista, l’otorino, il cardiologo e diversi altri specialisti. Molti di questi visitano nei loro studi: l’ambulatorio è troppo piccolo e serve come primo contatto con i pazienti.
Un’”isola felice” in mezzo al cemento e al traffico della città, ma al tempo stesso ritirata, appartata, antica, una tavolozza di colori incastonata nel caos che senti sfrecciare sul viadotto del lungomare che passa di sopra. In questo luogo rimasto (quasi) intatto (se non fosse per i pilastri) rispetto a cento, a duecento, a trecento anni fa, la sede di Humanity è immersa fra i gabbiani e i colombi, la chiesetta e il chioschetto, la bellezza e la lentezza, a un passo dal mare che bagna la banchina di Ognina, sbatte sugli scogli e si distende placidamente sulla scivola di basole da dove ogni giorno partono le barche con i pescatori, che dopo essere stati a mare, in questa insenatura di rocce laviche, trascorrono ore ed ore a vendere il pesce e a giocare a tressette.
Maricia sorride. Ama raccontarsi con l’ironia di chi – pur di vedere star bene gli altri, soprattutto i più bisognosi – sacrifica famiglia, figli, soldi, hobby e tanto altro: “Il centro dialisi di Augusta mi sottrae un sacco di tempo”. Una frase che spiega davvero cos’è la sana follia in una società in cui predomina l’egoismo e il cinismo: “Il medico è un missionario. Il danaro un mezzo per aiutare gli altri”. Una rivoluzione copernicana che mette al centro “gli altri”, con un ”io” funzionale a tutto questo. Un paio di esempi danno l’idea: “Se dipendesse da me farei la volontaria a tempo pieno”. “Humanity è figlia di diverse storie legate da un filo conduttore: il bisogno di aiutare chi ha bisogno”.
La miccia che fa detonare la bomba della solidarietà – da sempre carica di energia nel cuore e nella testa di Maricia – viene accesa nel 2013: “Un giorno viene a trovarmi un amico fotoreporter, Orazio Di Mauro, con delle bellissime foto a colori su un tema particolare: raccontare, attraverso le immagini, la vita di certe persone cambiate dalla malattia. Mi mostra dei volti, delle mani, delle rughe, ma anche i particolari di un letto, di un crocifisso, di un materasso che mi emozionano fino alle lacrime. Ogni foto una storia, ogni storia un uomo, ogni uomo una famiglia. A un certo punto Orazio mi fa: ‘Il mio sogno sarebbe quello di raccogliere queste foto per fare un libro, peccato che non ho i soldi’. ‘Te lo finanzio io”. Detto, fatto. In poco tempo esce un volume a colori di grande impatto umano e emotivo.
E però quelle immagini toccano un’altra corda, quella della coscienza. Humanity nasce da qui. “Volevo fare qualcosa di importante, volevo sporcarmi le mani”. Maricia raccoglie un po’ di persone e fonda l’associazione.
Ma perché tutto possa concretizzarsi è necessaria una seconda follia. Anche questa casuale. Passano due anni e siamo nel 2015. Dopo un colloquio con un informatore scientifico, Maricia si sottopone a un test e scopre di avere una malattia poco conosciuta, la Fabry Anderson: molte persone ne sono affette, ma pochissime lo sanno: secondo le statistiche, addirittura una su quarantamila.
Colpisce gli organi vitali come i reni, il cervello e il cuore. Certe morti improvvise per ictus e per infarto al miocardio, o certe febbri quasi sconosciute che colpiscono soprattutto i bambini, sono originate da questa patologia. La Fabry Anderson è generata dalla mancanza di un enzima. La cura è costosissima: il prezzo di una fiala è di 2mila 500 Euro. Ne faccio sette al mese. Fatevi il conto della somma da sborsare ogni anno. Fortunatamente sono cure coperte dal sistema sanitario nazionale. Il problema è che pochissimi sanno di esserne affetti, dei rischi che corrono e del fatto che le cure sono pagate dallo Stato”.
“La morale di questa storia è proprio questa: c’è tanta gente, soprattutto nel ceto meno abbiente, che non conosce e non può, ma che va messa nelle condizioni di sapere e di curarsi. Nasce così l’ambulatorio, riservato ai malati affetti da qualsiasi patologia. Per diverso tempo queste stanze vengono frequentate da un sacco di gente. Molta autenticamente povera. Altra che, pur di scroccare una visita, millanta di essere povera. Col tempo abbiamo imparato ad essere più selettivi”.
“Il mio sogno? Quello di realizzare un grosso centro che possa fungere da punto di riferimento per le persone più disagiate, non solo di Catania”. Ma ce n’è un altro che Humanity sta concretizzando in questi giorni: l’acquisto di un elettrocardiografo, lo strumento per effettuare gli elettrocardiogrammi. Sarà finanziato con l’incasso ottenuto dalla rappresentazione teatrale San Giovanni Decollato di Nino Martoglio, in cui saranno impegnati i volontari dell’associazione. L’appuntamento è al Teatro della parrocchia Santa Maria della Consolazione (Via Milo 1, Catania) domani, sabato 22 dicembre alle 20,30, e domenica 23 dicembre alle 19. Il prezzo è di 5 Euro. Contaminarsi di un po’ di follia fa sempre bene. Quindi andiamo.
Luciano Mirone
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