C’è un prete in Sicilia che denuncia le orrende devastazioni causate dai poli petrolchimici di Augusta, Priolo e Melilli, nel siracusano: lui li chiama “omicidi”. Centinaia. Centinaia di “omicidi” per cancro, o di casi di bambini malformati, susseguitisi in questi decenni in questo bellissimo (un tempo) triangolo nel quale, fra gli anni Cinquanta e Sessanta, i Signori del petrolio hanno impiantato i loro mostri d’acciaio per raffinare il greggio da vendere in tutto il mondo.
Il prete si chiama Palmiro Prisutto, è parroco della Chiesa Madre di Augusta, e da anni denuncia queste “stragi” compiute in nome del dio danaro. Il 5 gennaio – giorno del 35.mo anniversario dell’assassinio del giornalista Giuseppe Fava – l’Orchestra “Falcone Borsellino” di Catania ricorderà il fondatore de I Siciliani dedicando un concerto al prete coraggio che con le sue denunce sta svegliando molte coscienze di questo sfortunato pezzo di Sicilia. La manifestazione si svolgerà alle 19 nella Chiesa Madre di Augusta, e segue di pochi giorni altri due eventi molto toccanti e particolarmente significativi per i simboli ai quali sono stati dedicati: il primo alla Terra, che a causa del riscaldamento climatico determinato dall’uomo, sta rischiando l’autodistruzione; il secondo al “padre” del processo Trattativa Antonino Di Matteo, da tempo nel mirino di Cosa nostra.
“Giuseppe Fava – scrive Alfia Milazzo, presidente della Fondazione La Città invisibile, che ha fondato l’Orchestra Falcone Borsellino – negli anni Settanta fu uno dei pochi a denunciare le conseguenze nefaste dell’industrializzazione del territorio di Priolo, Melilli e Augusta, trasformato da luogo di poveri allevatori in costa dei miliardi”.
Successivamente il giornalista riprese le sue battaglie su I Siciliani: “Tutto il grande sogno dell’industria siciliana – scriveva – è finito in quelle cento, duecento ciminiere metalliche che sprigionano fuochi velenosi, notte e giorno. Il mare di piombo senza più pesci, gli esseri umani che cominciavano a morire… ecologicamente fu un delitto, politicamente un bluff, storicamente una canagliata”.
“A tutt’oggi – spiega Alfia Milazzo – non è stato mai aggiornato il registro pubblico dei casi di tumore nel ‘triangolo della morte’, così definito a causa del massiccio inquinamento dell’aria, delle acqua e del suolo”. “Eppure don Palmiro Prisutto, arciprete della Chiesa Madre di Augusta, di funerali ne celebra e ne ha celebrati centinaia negli anni. E in assenza di un registro di morti per tumore, ha deciso di stendere un elenco delle vittime, con nomi, cognomi, età e tipo di cancro”.
“In assenza di interesse da parte dello Stato – seguita il comunicato de La Città invisibile – don Prisutto, sin dal 2014, legge alla fine della messa, ogni 28 del mese, l’elenco dei ‘caduti’ per inquinamento”.
Ecco perché, dice ancora la presidente dell’Orchestra Falcone Borsellino, “non solo i morti per mafia hanno diritto ad essere ricordati, ma anche questi 600 nomi della sola città di Augusta, uccisi dall’inquinamento dovuto alle raffinerie. Questo semplice gesto di mite ma efficace denuncia, ha dato fastidio persino alla Chiesa, che ha tentato di recente, ma senza successo, di rimuoverlo”.
“Per questo motivo, volendo ricordare Giuseppe Fava nell’anniversario del suo omicidio, il 5 gennaio 2019, i bambini dell’Orchestra ‘Falcone Borsellino’ hanno scelto di suonare per dare sostegno e risonanza alla battaglia di don Prisutto e dei cittadini di Augusta, affinché il Governo e le Istituzioni intervengano in ottemperanza alla normativa vigente”.
“I bambini dell’Orchestra “Falcone Borsellino” – prosegue la nota – chiedono, con don Prisutto, che chi ha inquinato e inquina deve smettere di inquinare… e chi ha inquinato deve bonificare, non perché qualcuno potrebbe imporglielo in un’aula giudiziaria, ma perché esiste anche il principio del ravvedimento e della riparazione dopo l’errore. Bisogna dare un futuro nuovo e pulito a questa terra”.
Il concerto dei ragazzi dell’Orchestra “Falcone Borsellino”, dal titolo “L’inquinamento uccide tutti”, diretto dal Maestro Semaias Botello, sarà preceduto dalla lettura da parte di don Prisutto dei nomi.
“Il modo migliore – conclude Milazzo – per tradurre in attivismo la memoria di un giornalista di inchiesta come Pippo Fava”.
Luciano Mirone
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