“Un’isola come Salina non può pensare di realizzare un secondo porto turistico che creerebbe degli sconvolgimenti ad un eco-sistema vulnerabile e fortemente sollecitato, nei mesi estivi, da una presenza umana estremamente elevata. Un’isola come Salina non può pensare di fare degli interventi così invasivi, illudendosi che questo non possa determinare dei danni irreversibili alla qualità naturalistica della stessa”.

È tranchant il professor Aurelio Angelini, docente di Sociologia dell’Ambiente all’Università di Palermo e direttore della Fondazione Unesco in Sicilia. Malgrado il tono sobrio tenuto durante questa intervista, è seriamente preoccupato per il futuro di Salina, un’isola che essendo stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità assieme alle altre isole dell’arcipelago eoliano (Lipari, Vulcano, Panarea, Stromboli, Alicudi e Filicudi), se non si adegua alle direttive del Piano di gestione (di cui lo stesso Angelini è stato progettista e coordinatore), rischia di scomparire dall’elenco prestigioso dell’Unesco, considerato da molte località del mondo un modo formidabile per tutelare il paesaggio e al tempo stesso un volano poderoso per attirare il turismo internazionale particolarmente affascinato dalla natura e dall’arte.

Il prof. Aurelio Angelini. Sopra: una immagine suggestiva di Salina

Specie se si pensa che – come ha denunciato in un’intervista rilasciata pochi giorni fa a questa testata il presidente di Legambiente Sicilia, Gianfranco Zanna – della realizzazione del secondo porto turistico di Salina (200 barche, spesa prevista 60 milioni di Euro), l’Unesco non è stata assolutamente informata: “Quando un’Amministrazione decide di redigere un progetto del genere – dice Angelini – deve verificare la fattibilità con le linee guida contenute nel Piano di gestione dell’Unesco”.

Professore, cos’è un Piano di gestione?

“Uno strumento che serve al mantenimento del bene riconosciuto. Il luogo in questione deve rispettare le norme contenute nel Piano al fine di evitare che il bene dichiarato Patrimonio dell’Umanità possa degradarsi”.

E se il Piano di gestione non viene rispettato?

“Si aprirebbe una proceduta che può portare anche all’esclusione del bene come Patrimonio Unesco”.

Il Comune di Leni (uno dei tre Comuni di un’isola piccola come Salina con 2mila 300 abitanti complessivi) che ha progettato il secondo porto turistico (il primo si trova a Santa Marina Salina, ad appena quattro miglia marittime) è obbligato a rimanere nell’ambito Unesco?

“Assolutamente no. Se però decide di restarci deve attenersi al Piano. In questi anni le Amministrazioni succedutesi nei Comuni eoliani non hanno mostrato grande volontà di continuare a far parte del Patrimonio Unesco. Ecco perché, in questi luoghi, ci troviamo in una situazione molto critica”.

E’ vero che l’Unesco non è stato informato di questo progetto da parte del sindaco di Leni, Riccardo Gullo.

“Non ci è stata data alcuna comunicazione, ma io credo che questo sia un aspetto abbastanza secondario, poiché noi non avremmo dovuto dare il permesso. Coloro che hanno stabilito di voler realizzare l’opera, però, avrebbero dovuto valutare, in via preventiva, se essa è compatibile con il Piano di gestione del sito Unesco-Isole Eolie per verificare se il progetto ha un significativo impatto ambientale a terra e a mare rispetto all’habitat dell’isola”.

Perché?

“Non perché un porto, di per sé, può rappresentare un elemento di sconvolgimento naturalistico, se realizzato nella maniera adeguata, ma perché a Salina abbiamo condizioni naturalistiche particolari che non possono essere compromesse”.

Solo per questo?

“No. Abbiamo un problema di capacità di ‘carico’ di presenza umana, che possiamo dilatare nel corso dell’anno e che non possiamo concentrare solo nel periodo estivo”.

Può spiegare meglio?

“Il secondo porto di Salina servirebbe a soddisfare il fabbisogno dell’alta richiesta che si registra solo nel mese di agosto. Se dovessimo assecondare questo tipo di spinta, le Eolie andrebbero in tilt e diventerebbero delle Isole in una condizione di degrado generale. Quello che bisognerebbe fare è utilizzare al meglio quello che c’è, quindi favorire un turismo al di fuori della concentrazione agostana attraverso proposte che la comunità locale deve essere in grado di veicolare. Non possiamo pensare di moltiplicare i porti solo per il mese di agosto. Non si sono alternative”.

Il progetto del secondo porto previsto a Salina, Isola Eolie

Anche se l’Amministrazione comunale di Leni non ha sottoposto all’attenzione dell’Unesco il progetto, può darne comunque un giudizio?

“E’ fortemente carente sotto il profilo relativo agli effetti degli eco-sistemi sottomarini, in quanto abbiamo uno stato di deperimento delle aree di posidonia, che con la realizzazione della struttura rischiano di scomparire. Tali aree sono cruciali per stemperare il dinamismo delle onde marine, ma soprattutto per ossigenare e rendere i fondali più ricchi di flora e di fauna. Non possiamo ulteriormente impoverire la qualità di quelle acque, che già è allo stremo”.

C’è una corrente di pensiero, secondo la quale queste mega opere creerebbero sviluppo. Secondo lei è così?

“Dobbiamo intendere cos’è lo sviluppo. Se pensiamo che opere del genere rigonfino il portafoglio e i conti bancari di chi butta il cemento e affitta il posto-barca, dico che questo è sviluppo. Se dobbiamo ragionare in termini di ‘capitale naturale’, e quindi di quell’insieme di beni che appartengono a tutti i cittadini, è vero l’esatto contrario, e cioè che ci sarebbe un impoverimento della ricchezza naturale, che è il capitale di tutti i cittadini che vivono in quell’area”.

Riccardo Gullo, sindaco del Comune di Leni (Salina)

Può spiegare sinteticamente cos’è lo sviluppo sostenibile?

“Il benessere di una società è dato dalla qualità dell’ambiente in cui viviamo: l’acqua, l’aria, la terra e la bellezza del paesaggio. Sono queste le ricchezze che ci fornisce la natura e non sono monetizzabili, eppure appartengono a tutti, e tutti dobbiamo poterne beneficiare. Quando qualcuno compromette la qualità di uno di questi elementi, la comunità ha il dovere di intervenire per impedire che le venga sottratta una quota della propria ricchezza”.

Può fare un esempio di sviluppo sostenibile?

“I muretti a secco. Uno dei primi esempi di sviluppo sostenibile della storia dell’uomo, quest’anno riconosciuti Patrimonio Unesco. Cosa sono? Non certamente una barriera impenetrabile che determina il dissesto della fluenza delle acque, ma una maniera attraverso la quale viene contenuta la terra e vengono mantenute le giuste quantità idriche, senza influenzare il ciclo della natura”.

E nel settore dei porti l’esperienza cosa ci dice?

“La portualità tradizionale è sempre stata realizzata dopo uno studio delle condizioni geologiche di un determinato luogo, in modo da creare delle condizioni di attracco funzionali. Noi dobbiamo continuare a seguire questo tipo di scelta, senza assecondare altre motivazioni, perché altrimenti accade quel che è accaduto in certe zone del messinese che ricadono proprio di fronte alle Eolie: aree piene di porti turistici costantemente insabbiati per effetto delle modificazioni apportate alle correnti marine e al deflusso naturale degli apporti che i fiumi hanno storicamente dato al mare. E con gli insabbiamenti abbiamo la distruzione della flora e della fauna”.

Attraverso lo sviluppo sostenibile le Eolie possono trarre giovamento?

“Certamente. Se vogliamo mantenere il valore immobiliare di questi posti, dobbiamo puntare sulla valorizzazione delle risorse esistenti. Perché altrimenti, nel momento in cui avanza il degrado, anche i valori immobiliari si deprezzano. Bisogna sapere utilizzare le leve giuste per evitare un turismo usa e getta di luoghi così incantevoli che, in quanto fragili, meritano rispetto assoluto”.

Luciano Mirone