Quelli che state vedendo sono i lavori in corso per la realizzazione di una struttura commerciale che si sta realizzando sotto i Monti Rossi di Nicolosi (Catania), da cui scaturì la storica eruzione che trecentocinquant’anni fa seppellì diversi paesini dell’Etna e arrivò fino a Catania. Come momento di “memoria storica” di quel tragico evento non c’è male.
Se a questo aggiungiamo che lo sbancamento delle lave antiche e recenti, della macchia mediterranea, delle testimonianze della civiltà contadina e la relativa cementificazione, stanno avvenendo in una delle strade più panoramiche della provincia, possiamo capire cosa si sta perpetrando.
Ma attenzione: siccome “le carte sono a posto”, di conseguenza anche le coscienze sono “a posto”: il Piano regolatore (Prg) del Comune di Nicolosi – nel cui territorio ricadono i lavori – prevede la costruzione di medie e grandi strutture proprio in quel posto. Quella che si sta allestendo è “solo” una media struttura, ci dicono. Non osiamo immaginare cosa potrebbe succedere quando e se si dovesse mettere mano alle grandi.
Quindi siccome lo strumento urbanistico del 2005, revisionato alcuni anni dopo, prevede questo tipo di costruzioni, tutto è regolare. Sulla carta. Sul resto ci sarebbe tanto da discutere, a cominciare dal fatto che le scelte le fanno i politici, e i politici di Nicolosi – parliamo della maggioranza – hanno stabilito che questi capannoni impattanti devono sorgere per forza (c’è una legge che li obbliga?), e hanno pensato bene di consentirne l’edificazione in luoghi meravigliosi e significativi dal punto di vista storico come questi.
Quattro chilometri di panorama mozzafiato, in cui l’Etna, le antiche masserie, i vigneti, i palmenti di pietra lavica, le stradine di campagna, i campi pieni di ginestre e di fiori, i terrazzamenti costruiti dai contadini, sono le componenti del paesaggio.
Questa volta, però, il fenomeno non si verifica in altri territori (come abbiamo tante volte denunciato), ma in quello di Nicolosi, un comune che abbiamo sempre ammirato per quel modo saggio e razionale di tutelare il territorio.
Bisogna andarci in questo paese per capire di cosa stiamo parlando. Intanto visitando il centro storico, con le case basse, le dimore aristocratiche, gli archi in pietra lavica risalenti a diversi secoli fa, senza palazzi moderni (tranne quello sorto nella piazza principale qualche decennio fa), senza quelle cafonate che qualche paese limitrofo – con i suoi palazzoni, le sue case abusive, i suoi centri commerciali – scambia per modernità.
Nicolosi ha capito che l’unico modo per incrementare il turismo di qualità è quello di valorizzare le bellezze che madre natura ci offre, senza cedere alle lusinghe che certo modernismo promette, ma che gli studiosi più avveduti censurano, in quanto – dicono – il cemento non è certamente un buon viatico per fare sviluppare quel tipo di turismo creato a Nicolosi dall’immediato dopoguerra.
I più anziani ricordano ancora la lungimiranza dei nicolositi di un tempo, pronti a cedere le stanze migliori ai villeggianti, anche a costo di dormire nelle stalle. Avevano la grande esigenza, quegli uomini, di fare di quel paesino di pastori un importante centro climatico da identificare con l’Etna. Ci sono riusciti alla grande.
I risultati si vedono: alberghi, ristoranti, bar, pub e negozi di ogni genere (dall’abbigliamento alle ceramiche, dai prodotti tipici alle macellerie) pieni tutto l’anno; un centro storico vitale, una zona residenziale caratterizzate da deliziose villette, una zona artigianale discreta e ritirata, e poi tanto, tanto verde.
L’attuale colata di cemento interrompe il modus operandi per il quale Nicolosi è diventata la “Porta dell’Etna”. Adesso questa perla rischia di diventare “altro”, poiché questa decisione crea un precedente per altri privati che – legittimamente – adesso vorranno costruire secondo le regole previste dal Prg.
In realtà di supermercati, di ipermercati e di centri commerciali il territorio è scandalosamente saturo, senza contare che strutture di questo genere potrebbero fagocitare i piccoli esercizi che sono il cuore pulsante del paese, con il rischio che l’impatto visivo possa cambiare l’identità dello stesso paese e dell’intera zona.
Secondo voi perché migliaia di villeggianti si recano a Nicolosi? Noi un’idea ce l’abbiamo, e crediamo che anche i politici del passato – in primis il mitico sindaco Ascenzio Borzì – ce l’avessero: innanzitutto perché c’è la montagna con le sue piste da sci e le sue peculiarità naturali, e poi perché vogliono scappare dal caos e dal cemento della città rifugiandosi in un paesino a misura d’uomo.
La bellezza non è un concetto facile da spiegare, specialmente in una Terra dove c’è ancora gente che pensa che siccome la bellezza è gratis non vale nulla, e quindi si può tranquillamente eliminare o ridimensionare a favore del cemento che dà lavoro e crea benessere.
La bellezza è un bene prezioso non solo per l’anima (di cui certuni sconoscono l’esistenza), ma anche per il portafoglio, oggetto verso il quale magari si è più sensibili: ne sono testimoni gli stessi abitanti di Nicolosi che, grazie alla politica accorta che hanno portato avanti finora, hanno aumentato il loro reddito.
Un consiglio ai politici e agli abitanti di Nicolosi, però, ci permettiamo di darlo. Per favore, conservate questo gioiello che, in quanto siciliani, sentiamo anche “nostro” per il modo con il quale lo avete amato e rispettato. Correte ai ripari prima che sia troppo tardi.
Luciano Mirone
Ma invece di costruire una struttura nuova e brutta, non potevano utilizzare quella già esistente antistante l isola ecologica, dove tra l altro c era un supermercato che poi ha chiuso, lasciando come triste ricordo cemento e asfalto?
Tutte le carte in regole ,chi ha visto queste carte?nel parco dell’etna e severamente vietato costruIre in cemento armato e questo è una vergogna e tutto una questione di soldi soldi e soldi.
Tutta la zona circostante i Monti Rossi doveva essere preservata……per le future generazioni……
… i cittadini di Nicolosi e del territorio intorno dovrebbero indossare immediatamente i … giubbotti gialli!
Purtroppo è una questione generazionale, non c’è lungimiranza. È finita l’epoca del “pani ca muttadella e alivi niuri”, gustata la sera sotto la rigenerante “friscura” ri Nicolosi! Estati fa … A babbi ca sunu!