Un altro seme è stato gettato per la “Belpasso che sogniamo” e siamo in attesa di vedere che frutti darà. Perché di semi contenenti valori come il rispetto dell’ambiente e la lotta alla cementificazione selvaggia, a Belpasso, ne sono stati gettati tanti negli ultimi trent’anni. Pochi quelli attecchiti. Sciaroso il terreno, poca l’acqua, pochissimo il concime per poter pretendere “tutto e subito”.
E però se guardiamo in controluce quello che è successo sabato scorso – la Passeggiata fra le Torrette e il convegno sulla Belpasso che sogniamo, organizzati da ben ventuno associazioni – possiamo trarre degli spunti per fare un ragionamento sul passato, sul presente e sul futuro.
Il lettore comprenderà benissimo che il terreno sciaroso, l’acqua e il concime sono delle metafore per spiegare l’aridità di una città che non è mai riuscita a creare un modello culturale alternativo a quello del cemento, imposto fin dagli anni Settanta da una classe dirigente che scientificamente – attraverso la presenza di ingegneri, di architetti e di geometri in giunta – ha progettato lo scempio che è sotto gli occhi di tutti.
Quale? Dalla cancellazione del sito di Fenicia Moncada (l’antica Belpasso) alla cementificazione dello stesso, dalla demolizione di straordinari manufatti barocchi presenti in centro storico alla costruzione di grigi palazzoni nelle vie principali, dall’abusivismo edilizio nelle frazioni all’edificazione di obbrobriosi capannoni in zona agricola, dalla redazione del Prg affidata a Lima alla realizzazione di uno dei centri commerciali più grandi d’Europa che ha apportato ben pochi benefici rispetto alla superficie consumata.
Il tutto pensato e progettato dai soliti noti. Basta fare una passeggiata per capire che il danno perpetrato dalla classe politica degli ultimi decenni – con una sinistra ufficiale assente o fin troppo distratta – è stato peggiore di un bombardamento.
La gente ci è cascata, come è avvenuto in quasi tutto il Sud, col risultato che non riesce ancora a uscire dall’impasse economica causata dalla crisi dell’edilizia, e fa fatica ad immaginare un modello culturale diverso.
La Società civile più illuminata, invece di lavorare compattamente, ha agito in modo schizofrenico: o si è omologata al potere, o si ritirata nel privato, oppure è stata presa dal delirio di onnipotenza e si è messa “in proprio”.
Quanti articoli, quanti incontri, quanti convegni sull’argomento. Quando sembrava che fosse “la volta buona” per proseguire un cammino fra associazioni, sodalizi, singoli cittadini, ecco che qualcosa ha fatto saltare il banco.
Chi non vive a Belpasso non può comprendere certi sistemi. Una strategia di logoramento dalla quale non è stato esente il clero – certo clero – operante fino a qualche tempo fa, una strategia finalizzata a ostracizzare, a isolare, a emarginare quei pochi, pochissimi, sparuti che si sono permessi di mettere in discussione l’ordine costituito. La posta in gioco era troppo alta per poterla perdere: la “roba”, ovvero i terreni che i Mastro don Gesualdo dei giorni nostri dovevano fare diventare edificabili, e poi i capannoni e poi le case abusive. Col cemento non si è solamente invaso il territorio: si è plasmata la testa di molta gente.
Fino a quando…
Fino a quando sono arrivati “i giovani al potere”. A nutrire speranze, a creare illusioni, a perpetrare altri inganni. A cominciare dall’annuncio di una politica nuova sulla tutela del patrimonio storico, architettonico e ambientale di tutto il territorio. Con paroline magiche come verde, parchi, nuovo Piano regolatore (il vecchio è scaduto da sedici anni, ma è ancora vigente) alle quali molti – anche in questo caso – hanno creduto. Il risultato è che da quando ci sono i giovani al potere – proclami a parte – non abbiamo visto né il verde, né i parchi, né il nuovo Piano regolatore, promesso a gran voce dall’ex sindaco Caputo, ma ancora impastoiato nelle secche della burocrazia e probabilmente da rifare in parte o del tutto per gli orrori contenuti.
Su tutto questo desidereremmo che il nuovo sindaco Daniele Motta – dello stesso movimento di Caputo: Diventerà bellissima, il cui leader è il governatore della Sicilia, Nello Musumeci – andasse oltre alle semplici parole di disponibilità verso le ventuno associazioni che stanno lottando per l’istituzione del Parco delle Torrette. Con Motta (e con qualche assessore) le associazioni hanno deciso di parlare per la capacità che lo stesso mostra nell’ascoltare. Ma non basta ascoltare, bisogna agire, a cominciare dalla rimozione di certe contraddizioni di cui il sindaco è portatore.
Desidereremmo capire cosa ne pensa, Motta, della politica del suo predecessore (dato che lui è stato assessore di quell’Amministrazione), e specificamente sullo schema di massima del “nuovo” Prg; dei silenzi tenuti dall’ex sindaco in merito alla lottizzazione – approvata nel 2010, quando Caputo era vice sindaco di Papale – di un terreno nel quale, secondo le sue promesse, sarebbe ricaduto il parco; e infine della destituzione decisa dallo stesso Caputo di uno dei più illustri urbanisti d’Italia, il prof. Leonardo Urbani, aggiudicatosi il bando per la redazione del nuovo Piano regolatore, sostituito dall’Ufficio tecnico comunale, dove lo strumento urbanistico si trova da ben sei anni.
Ora, siccome corre voce che Caputo dovrebbe essere nominato dal governatore della Sicilia, Nello Musumeci, al Parco dell’Etna addirittura come presidente (ci chiediamo con quali competenze), desidereremmo sapere dal sindaco Motta (anch’egli di Diventerà bellissima) se lui – in qualità di primo cittadino di uno dei comuni catanesi che fanno parte dell’ente – è d’accordo con questa nomina o ne prende le distanze, dopo la politica fallimentare dal punto di vista urbanistico e ambientale del suo predecessore. Vorremmo che su tutto questo il sindaco dicesse la sua.
Dopodiché desidereremmo sapere cosa ne pensa della politica sull’ambiente portata avanti dal deputato regionale di Belpasso Giuseppe Zitelli (Diventerà bellissima anche lui), che recentemente ha presentato a Palermo un disegno di legge per ridimensionare notevolmente i vincoli del Parco dell’Etna. Insomma, vorremmo capire – con i fatti – se il sindaco di Belpasso è intenzionato seriamente a invertire la rotta o meno.
Sul futuro di questo movimento formato dalle ventuno associazioni non vogliamo fare previsioni, pur approvando pienamente l’invito espresso nel corso del convegno a restare compatti. Esprimiamo solo l’impressione che – pur in terreno sciaroso, senza acqua e senza concime – dei bei fiori stanno sbocciando. Ne abbiamo avuto la percezione ieri quando abbiamo letto il comunicato stampa degli Scout, i quali hanno risposto sdegnosamente a chi usa un’altra parolina magica, “strumentalizzazione”, per destabilizzare gli equilibri di questo movimento che si sta impegnando per una nobile causa. Ebbene: gli Scout sono rimasti fermi sulle loro posizioni confermando la loro coerenza nel continuare la battaglia.
Fino a qualche anno fa non avremmo assistito alla chiusura ermetica dei terreni di “determinati” proprietari, nei quali le associazioni avevano programmato, sabato scorso, di fare la passeggiata e di ripulire alcune zone da quell’orrenda spazzatura che le invade. Forse ci sbagliamo, ma siamo convinti che un tempo neanche troppo lontano quegli appezzamenti sarebbero rimasti aperti a tutti.Ora si sbarrano. Qualcosa deve pur significare.
Luciano Mirone
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