“Sono un elettore di sinistra che lo scorso anno, in occasione delle elezioni politiche, per la prima volta ha votato M5S. Ero troppo schifato dal Pd e siccome il partito di Di Maio offriva delle garanzie sulla questione morale l’ho votato. Lo schifo è aumentato subito dopo le elezioni, quando il Pd, ormai ridotto ad uno striminzito 17 per cento, non ha accettato l’offerta dei 5S di governare insieme.

Ma come, un movimento di persone pulite vi concede su un piatto d’argento la possibilità di mettere all’angolo la destra più eversiva d’Europa e voi la rifiutate? E però quei vergognosi inciuci in Sicilia e al Parlamento nazionale non avete avuto esitazioni a farli. “I 5S ci hanno insultato troppo”, avete detto. E diciamo che in teoria avevate ragione. Certe frasi, certe volgarità, certi epiteti hanno lasciato il segno.

Resta il fatto che tra Verdini e Cuffaro da una parte e Di Maio e Di Battista dall’altro avete scelto i primi. Ecco perché alle nazionali ho votato 5S. Le sue battaglie sulla questione morale, sull’ambiente, sul Muos, sulla Tav, sulla Tap, sull’Ilva mi hanno portato a vederlo come un moderno partito di sinistra, lontano anni luce da un Pd impelagato coi comitati d’affari, coi potentati politici, coi riciclati, col caso Montante, coi Renzi, coi Lumia, coi Crisafulli, con tutte quelle cariatidi ormai corrose dagli scandali e dal consociativismo più becero.

Dopo le nazionali il M5S si allea con Salvini. E già questo un elettore di sinistra non può mandarlo giù, ma siccome era stato il Pd a determinare questo ennesimo pasticcio politico, ho detto: vediamo che fanno, ma a condizione che l’agenda politica la detti Di Maio e non Salvini. Del resto, con quel linguaggio rozzo, Salvini dove deve andare? Al Sud poi, dopo aver seminato odio contro i meridionali…  La speranza era quella di una futura alleanza fra il M5S e una sinistra finalmente rinnovata negli uomini e nei contenuti.

Ora, se una “speranza” è una categoria che si poggia su basi incerte e soggettive, la certezza dell’egemonia dei 5S sulla Lega era stata sancita dai numeri di quelle consultazioni: M5S 32 per cento, Lega 17.

Io non m’intendo di politica, ma gli esperti dicevano che gran parte di quei consensi per i 5S provenivano da sinistra. “Gran parte” significa milioni di voti, e milioni di voti sanno tanto di monito: non v’illudete, sono voti “in prestito”, usateli con saggezza tenendo conto da dove arrivano.

Da dove? Da un elettorato nauseato sì, ma non qualunquista, consapevole del fatto che nell’astensionismo non ci si può rifugiare; da un elettorato che si ispira ai grandi Padri della Repubblica, da Pertini a Berlinguer, da Moro a Piersanti Mattarella; da un elettorato colto, attento e sensibile ai temi cari alla sinistra, in primis la questione morale e la solidarietà.

M5S e Lega stipulano un “contratto”, che prevede alcuni punti che entrambi i partiti si impegnano a rispettare. Certo, il “contratto”, ma la politica, quella vera dov’è? La politica dei valori, dei princìpi, delle battaglie. Se devi onorare il contratto, devi marcare le differenze sulla politica, non c’è niente da fare. I 5S possono imprimere una linea, se lo possono permettere. Succede esattamente il contrario.

Da quel momento a dettare l’agenda politica è Salvini, non Di Maio: se cade la maggioranza, la Lega può fare un governo con Berlusconi, Meloni ecc. I Cinque Stelle no: il Pd si volta dall’altra parte. Ma basta questo handicap per omologarsi a Salvini?

È in questi frangenti che il leader leghista prepara il cappio, nel quale Di Maio infila metaforicamente il collo, senza un dissenso pubblico da parte della base. Ogni tanto arrivano notizie di qualche espulsione di chi non approva la linea, ma tutto viene dimenticato nel giro di qualche ora. C’è l’illusione che alla fine la gente (ovvero la gran parte degli elettori che ha votato 5S, cioè quelli di sinistra) capisca. Si spera che il il reddito di cittadinanza possa salvare tutto.

Il cappio comincia a stringersi quando Salvini comincia a tuonare contro i migranti, fa i decreti sicurezza, criminalizza le ong dicendo che favoriscono l’immigrazione clandestina, la mafia e gli scafisti, e siccome lui (che non ha mai spiegato come quei 49 milioni di soldi pubblici siano finiti alla Lega) è per la legalità, non può consentire tutto questo. E il giorno della Liberazione, invece di celebrare la Resistenza, se ne va a Corleone vestito da poliziotto per inaugurare l’apertura di un commissariato di P.S.

Il cappio si stringe inesorabilmente quando il leader leghista, da ministro dell’Interno, dispone la chiusura dei porti italiani alla nave Diciotti con 177 migranti a bordo stremati per le guerre e per la fame nei loro Paesi e per le sevizie durante la detenzione in Libia. Per lui scatta l’ipotesi di sequestro di persona aggravato. Del caso dovrebbe occuparsi il Tribunale dei ministri, ma dopo il via libera espresso dalla Giunta per le autorizzazioni. Prima del voto il popolo pentastellato, dalla piattaforma Rousseau, si esprime per il no: Salvini va salvato a tutti i costi. Salvini in un primo momento dichiara di rinunciare all’immunità, ma poi fiuta l’aria e fa marcia indietro. La Giunta per le immunità lo salva: il M5S vota compatto a suo favore.

La parola d’ordine fra i militanti è una sola: Salvini sarebbe stato giudicato dalla magistratura politicizzata, ecco perché lo abbiamo salvato. La stessa magistratura politicizzata che i 5S invocavano quanto doveva occuparsi del Pd. Con una sola mossa, i 5 S vengono meno ai due valori per i quali parte del popolo di sinistra lo aveva votato: la questione morale e la solidarietà.

Nel frattempo arrivano le elezioni europee. M5S 17 per cento, Lega 34. Situazione ribaltata. E siamo ad oggi: sui Social si leggono insulti di ogni tipo nei confronti di Carole Rackete, comandante della nave Sea Watch, rea di aver salvato 42 migranti che rischiavano di morire nel Mediterraneo, e del Gip di Agrigento Alessandra Vella che l’ha scarcerata in quanto ha ritenuto che la capitana ha rispettato il Codice della navigazione e la Costituzione italiana.

Intanto i sondaggi dicono che un’alleanza Salvini-Berlusconi-Meloni-Musumeci avrebbe il 51 per cento. Salvini dice che resta coi 5S perché “per coerenza deve rispettare il contratto”. Il cappio si stringe sempre di più”.

Luciano Mirone