Accade con frequenza giornaliera di leggere notizie che riguardano chiusure di librerie, dislocate in tutto il Paese. Da quelle di catena a Roma a quelle antiche, come la Paravia di Torino o la Libreria del Viaggiatore nella Capitale. Un’onda che investa ogni categoria, dalle indipendenti ai franchising.
Le ragioni di tale fenomeno sembrano individuate e trovano collocazione, talvolta negli infernali gironi della macchina burocratica, altre nella spaventosa pressione fiscale che non le risparmia, alla stregua di altre attività commerciali del settore abbigliamento, della ristorazione, della grande distribuzione, dove vige una marginalità sui prodotti nettamente più alta. Altre responsabilità vengono poi individuate, chiaramente, nella concorrenza, se così si può chiamare, dei colossi della vendita online come Amazon. Spesso, infatti, la bassa marginalità sui libri, non consente di opporre adeguate contromisure al loro strapotere, alimentato da prodotti civetta e sconti irragionevoli, accompagnati da slogan, che per un risultato algoritmico, li collocano in una imbattibile posizione di visibilità anche sui motori di ricerca, dove il potenziale acquirente non deve far altro che cliccare e in pochi istanti, trovarsi un prodotto super scontato nel carrello e nel giro di ventiquattro ore, direttamente a casa propria.
A tale proposito, alcune battaglie intraprese da AIE (Associazione Italiana Editori), ALI(Associazione Librai Italiani) e SIL (Sindacato Italiano Librai), hanno portato in Parlamento la richiesta di non consentire a chi vende online di praticare uno sconto superiore al 5%. La proposta di legge è stata da qualche mese approvata alla Camera, ma non ancora in Senatoed è al momento bloccata, insieme a tante belle promesse dei nostri politici.
Altre ragioni, probabilmente le più significative, oltre a quelle cosiddette tecnico strumentali, o di sistema, sono chiaramente culturali. Il progresso tecnologico, i nuovi fenomeni di costume, la sempre più liquida società, sono certamente fattori importanti di cambiamento, ingranaggi di un sistema che sembra debba ridisegnare le proprie linee guida continuamente, togliendo certezze, smontando progetti e disgregandoci sempre più, alla ricerca di non si sa bene cosa.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Una deriva culturale che è anche economica, politica, etica, sociale e civile. In un’era di slogan e di tuttologi del web, dove il tempo per lo studio, la ricerca e l’analisi è diventato addirittura fuorimoda. Logico trovarsi adesso di fronte ad uno degli impoverimenti umani più preoccupanti della storia. Una battaglia impari, lunga, laboriosa e per questo scoraggiante, ma come in ogni battaglia, le motivazioni possono contare almeno quanto le armi.
Sono proprietario di una libreria indipendente, la Libreria Capitolo18 di Patti, Comune di circa 13.000 abitanti del messinese, faccio il libraio da 23 anni, e per questo penso che, tra le cause descritte sopra, vi siano ben altre responsabilità, e che dunque sia necessario fare chiarezza, per non soccombere alle sentenze definitive che la stampa spesso decide di confezionare.
Riprendendo la situazione prospettata poc’anzi, dico che siamo davvero di fronte ad una vera battaglia, ma il fatto è che una delle controparti sembra essersi ritirata prima ancora di combattere, quasi stroncata, ancora prima che dalla realtà, dalla propaganda del ‘nemico’. Ritengo che la mia categoria abbia forti responsabilità e, nonostante corra il rischio di inimicizie, vorrei spiegare anche perché. Lo farò semplicemente raccontando quella che è stata finora la mia esperienza lavorativa, il mio ‘metodo’, ovviamente tenendo conto che l’ambiente in cui si lavora è un aspetto determinante, ma non dimenticando che l’ambiente stesso è influenzabile anche dalla nostra azione di promotori sociali e culturali.
È fondamentale mettere in chiaro che un libraio che non sia prima un lettore non potrà mai essere un vero libraio. L’amore verso il prodotto finale che si va a proporre alla propria clientela credo sia fondamentale in ogni tipologia commerciale, ma con i libri risulta essere davvero decisivo. Un libraio è anche un commerciante, vero, ma oltre alla vendita del prodotto ‘fisico’,vende anche storie, quindi emozioni. E come potrebbe essere possibile vendere un qualcosa che non si conosce, che non si riesce a provare sulla propria pelle? Un libro è conoscenza e la conoscenza ci rende forti. Un libro è appunto emozioni e le emozioni ci rendono riconoscibili agli altri. Un libro è sentimenti e i sentimenti ci rendono migliori. Un libro è cultura e la cultura allarga il nostro territorio di azione.
Partendo da queste caratteristiche il libraio può ritagliarsi un ruolo fondamentale nel tessuto sociale in cui opera, divenendo polo attrattivo per chi è alla ricerca di uno scambio umano, emozionale e, appunto, culturale.
Con queste convinzioni conduco la mia attività da qualche decennio, non senza difficoltà, ma con grande orgoglio, passione e senso civico, cercando di proporre tale visione ai soggetti presenti sul territorio, come associazioni culturali, enti pubblici, biblioteche e soprattutto scuole. Nessun pacchetto preconfezionato, ma percorsi ed esperienze frutto di interazioni incessanti e qualitative.
Umberto ed Elisabetta Mauri della Scuola Italiana per librai, sostengono che una libreria deve avere la capacità di tessere una tela di collaborazioni, includendo figure, spesso i principali e più appassionati clienti, che siano satelliti in una trama in costante movimento evolutivo.
Mi spiego meglio.
Nessuna attività culturale può essere solo fine al libraio stesso ed alla sua libreria, ma coinvolgere quanti più partner possibili, sposando l’intero tessuto sociale vicino ad essa. La vendita del libro crediamo sia conseguenza di tutto questo, naturale chiusura di un cerchio.
Per quanto riguarda l’ambiente vero e proprio, ogni cliente che abitualmente frequenta una libreria o che cerca di prendere l’abitudine a farlo, deve avere la sensazione di entrare in luogo in continuo fermento. Un luogo accogliente, pieno di stimoli, idee, entusiasmo. Un luogo in cui incontrarsi, confrontarsi, sfogarsi, chiedere aiuto, ai libri tramite il libraio, che deve sapere ascoltare, proporre, entusiasmare e coinvolgere.
Altro aspetto fondamentale del mio lavoro è rappresentato dalle interazioni sul territorio con i vari partner di cui parlavo prima. Tutti i grandi scrittori che in questi anni ho avuto il piacere di invitare, concordano sul fatto che oggi il libraio non può più lavorare all’interno delle mura della libreria. Paradossalmente meno ci sta in libreria, più i frutti saranno copiosi. Tornare in strada è un obbligo se vogliamo sperare in un recupero del nostro ruolo.
A tal proposito mi viene in mente un episodio tratto dal bellissimo romanzo di Simona Lo Iacono ‘Le streghe di Lenzavacche’, edito da E\O. Un docente in forte difficoltà, di fronte alla minaccia di vedersi chiusa la cattedra, in seguito ad una mirata azione di sabotaggio che aveva visto sfaldarsi la sua classe di studenti, decide di andare al mercato di paese e recuperare consensi vendendo abbracci e storie. Dopo un’iniziale diffidenza, visto anche il periodo di cui stiamo parlando e cioè il fascismo, il professore vincerà la sua battaglia. Lo farà perché quando parli alle emozioni non c’è resistenza fisica che si possa contrapporre.
Forte di queste convinzioni, in questi anni ho puntato lo sguardo sempre più all’orizzonte, partendo da solide radici interne, proponendo un modello che mette sempre e comunque al centro il piacere della lettura, la sete di sapere, la voglia di emozionarsi, la soddisfazione di sentirsi parte di un progetto di crescita. Ho cercato di fare quanta più inclusione possibile.
Da qui i continui progetti nelle scuole, elaborati insieme a docenti e studenti di ogni fascia di età, dai nidi alle scuole superiori. Puntare sulle nuove generazioni, credere nel futuro, che non può essere rappresentato da noi. Aiutare a crescere studenti pensanti, significa garantire un progresso benefico anche a chi non legge.
Dalle esperienze nelle scuole abbiamo archiviato alcune tra le più belle pagine lavorative e di vita. Abbiamo portato storie, emozioni e ne siamo tornati ricchi di vita, in realtà spesso isolate come quelle delle Isole Eolie. Abbiamo letto a bambini che ancora non erano al mondo perché nel grembo della madre e lo continuiamo a fare oggi che li possiamo chiamare per nome, magari a distanza di cinque o sei anni.
Abbiamo creduto nelle idee degli altri e ci siamo fatti promotori a titolo gratuito di iniziative sociali tramite la vendita dei libri come strumento di finanziamento di progetti inclusivi. Abbiamo sostenuto, per quanto ci è stato possibile di volta in volta, iniziative di altri soggetti mirate a sviluppare il nostro territorio. Collaborando con associazioni, promotori turistici, enti pubblici e privati, e singoli individui mossi da progetti interessanti.
Per tutto questo e molto altro ancora, oggi la mia libreria credo sia radicata nel territorio e rappresenti per l’utenza un polo attrattivo forte, ma anche una presenza rassicurante. Se cammini con le persone, intercettando la loro voglia di crescere, anche quella che non si vede, facendola sentire parte di uno scambio virtuoso, i risultati arriveranno.
Le difficoltà le conosciamo, ma non possiamo accettare che il destino della mia libreria e di tutte le altre sia segnato, tutta la comunità nazionale regredirebbe. Gli antidoti ci sono, prima di cedere dobbiamo usarli. Produrre in un anno solare 75 eventi culturali, ospitare 42 autori da tutta Italia, leggere a più di 10.000 studenti all’anno gratuitamente, macinare chilometri in giro per l’isola, incontrare associazioni, realtà disagiate, persone inclini all’ascolto ed alla proposta di poter essere uno qualunque in un progetto senza prime donne che non sia la cultura stessa, è spesso mortificante e difficile. Ma possibile.
Mi accompagnano ogni giorno le immagini di bellezza di cui i miei occhi si sono potuti pregiare in questi anni. Dal bimbo che entra in libreria, prende un libro dagli scaffali e si siede a terra a leggerlo all’incessante processione giornaliera di studenti che, all’uscita da scuola, passando davanti alla libreria si sporgono dal finestrino per salutarmi, rincuorandomi coi loro sorrisi.
Penso anche ai giovani scolari delle Isole Eolie, che alla mia prima visita mi chiedono che professione sia il libraio e poi mi mandano a dire, con i professori, che gli manco e mi aspettano per un saluto e un abbraccio. Le testimonianze fotografiche che conservo, rendono di gran lunga meglio l’importanza e la bellezza del lavoro che faccio e che ogni mio collega libraio dovrebbe pensare almeno di provare a fare.
Questo non diminuirebbe il carico di difficoltà che ognuno di noi è costretto a fronteggiare giornalmente, ma ne farebbe sentire meno la fatica e certamente lascerebbe una traccia che col tempo potrebbe tramutarsi in miglioramento della società e di conseguenza anche del proprio status lavorativo.
Oggi più che mai le librerie sono chiamate a giocare un ruolo da protagoniste, ne va della qualità del futuro, quindi rimbocchiamoci le maniche e cerchiamo di ritagliarci questo ruolo. Faremo paura e saremo più visibili a chi fa di tutto per eliminarci.
Teodoro Cafarelli
I potenti del web hanno ammazzato le librerie