Un calvario con tragico epilogo. E’ la storia di Calogero Rizzuto, direttore del Parco archeologico di Siracusa, morto ieri a causa del Coronavirus, dopo giorni di ospedale, tamponi, silenzi, esiti arrivati in ritardo, telefonate, telefonate e ancora telefonate. Un decesso annunciato, e doloroso, come ricostruito (il 14 marzo) dal deputato della Regione Sicilia Nello Dipasquale al prefetto di Siracusa. Una missiva che fa una raffigurazione quotidiana (in prima persona, dato che il parlamentare regionale ha vissuto direttamente questa vicenda) delle tappe che hanno portato alla morte il direttore del Parco archeologico della città siciliana.
“9 marzo. Il paziente Calogero Rizzuto, residente a Rosolini, accompagnato dalla moglie, su indicazione del medico di famiglia, va a fare il tampone poiché affetto da febbre e tosse da una settimana”.
“10 marzo. In serata, contattato dalla moglie del Rizzuto, poiché ancora non aveva avuto alcun esito, mi attivo prontamente per capire cosa stava accadendo, contattando il direttore dell’Asp di Siracusa, Salvatore Luci Ficarra, alle ore 19,34 che mi risponde che l’esito dei tamponi di giorno 9 non era ancora arrivato”.
“11 marzo. Alle ore 8,16 della mattina il dott. Ficarra, mi rigira su whatsapp messaggio del Policlinico di Catania, che attesta l’assenza di notizie sull’esito del tampone di giorno 9. Sempre in contatto con la moglie, inizio a preoccuparmi poiché Rizzuto mostra costante peggioramento. Fortemente preoccupato, scrivo al dott. Ficarra ribadendo che non possiamo ancora aspettare l’esito del tampone perché Rizzuto si aggrava di ora in ora, nella mattinata viene contattata dall’asp di Siracusa la moglie per rifare il tampone. La moglie, poiché il marito è stremato, cerca un’ambulanza invano. Decide allora di abbassare il sedile e portarlo con la sua macchina a fare il nuovo tampone. Rifanno il tampone, nessun altro esame (RX) per verificare eventuale polmonite, e lo rispediscono a casa, in attesa dell’ esito del nuovo tampone”.
“12 marzo. Alle 10 circa del mattino contatto nuovamente il dott. Ficarra per avere notizie sempre dei tamponi. Il dott. Ficarra mi risponde che non ci sono notizie e se voglio posso contattare personalmente il Policlinico di Catania. Gli ribadisco che Rizzuto sta rischiando di morire. Contatto immediatamente il Direttore della Sanità dott. La Rocca alle ore 12 e mi scrive che alle 14 il prof. Scalia comunicherà l’esito dei tamponi, faccio riferimento dei tamponi effettuati giorno 9 e giorno 11 per i quali si attende risposta, mi dicono alle 14 del 12 di marzo. Nel frattempo contatto, oltre al Direttore regionale La Rocca anche il mio collega On.le Barbagallo per capire che sta succedendo al Policlinico di Catania con questi benedetti o maledetti tamponi. Ad entrambi, prontamente attivatisi, il referente del Policlinico scrive che il tampone non andava fatto secondo le direttive ministeriali, poiché dalla scheda non aveva indicazioni di rischio: tosse, febbre, e incontro con delegazione coreana a fine febbraio già comunicata in occasione del 1 tampone di giorno 9 marzo, ribadendo che l’emergenza imponeva delle scelte su criteri di priorità ( giorno 12 marzo ore 13:38). Continuo a non sentirmi rassicurato, sempre in contatto con la moglie che mi comunica il permanere della febbre, chiamo l’Assessore Regionale Avv. Ruggero Razza e gli spiego tutta la triste e paradossale vicenda. Immediatamente l’Assessore mi dice che ritiene utile a prescindere dal tampone il ricovero e con successivo messaggio alle 17:43 mi conferma che è in corso il ricovero di Rizzuto”.
“Alle 21:33 l’Assessore mi scrive che dall’esito della TAC effettuata al ricovero risulta affetto da polmonite. Alle 23:29 la moglie mi comunica che al marito stanno somministrando l’ossigeno perché con insufficienza respiratoria, tutto questo dopo appena 12 ore dai messaggi del Policlinico che il paziente non necessitava di tampone”.
“13 marzo. Alle 8:30 arriva l’esito positivo del tampone: COVID-19 Il paziente a quell’ora è già in rianimazione. Io non sono un medico. Non so se Rizzuto, ricoverato prima, avrebbe potuto evitarsi la sala. Forse la tempestiva individuazione della patologia del Paziente Rizzuto, che non so se definire paziente 1, avrebbe potuto ridurre ulteriori contagi a carico di quanti hanno avuto contatti con il paziente nei giorni precedenti il 9 marzo”.
La Procura di Siracusa ha deciso di aprire un’inchiesta. Al momento non c’è una ipotesi di reato definita e non risultano persone iscritte nel registro degli indagati.
Luciano Mirone
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