A Lampedusa ci si arriva con un turboelica, al tramonto. L’isola non è affatto “assediata” dai migranti, vive serenamente la sua quotidianità vacanziera. I migranti appena arrivano li spostano nella prigione d’accoglienza e tutto finisce lì.
C’è una narrazione della stampa nazionale che stravolge la realtà e ripete come un mantra ossessivo sempre lo stesso fotogramma. Il problema, semmai, è per gli stessi migranti, stipati all’inverosimile in attesa che le mille chiacchiere politiche decidano la cosa più ovvia: trasferirli altrove.
In giro per il paese e fra le spiagge si ascoltano accenti lombardi ed emiliani, in un territorio da sempre covid-free che qualche rischio può averlo soltanto dalla ripresa della circolazione nazionale.
Per i turisti il problema più serio è come usare il cambio a “cloche francese” delle vecchie Meari prese in affitto. Per i lampedusani, è il costo dell’aereo per raggiungere la Sicilia. Il presidente della Regione potrebbe occuparsi di questo invece che abbaiare alla luna.
Peccato vada così la faccenda degli aerei, perché in quest’isola che è una zattera, difesa da oltre mille uomini delle forze militari, c’è un cielo azzurro e immobile, dello stesso colore del mare. Mai visto niente di simile per bellezza. Sulle sdraio a bordo acqua ti servono con straordinaria cortesia pesce arrosto e un liquore al finocchietto che tiene insieme i profumi del mediterraneo.
La sera, fra i pub, si ascoltano i musicisti suonare di tutto, da Paracetamolo di Calcutta a Bohemian Rhapsody, ma anche Modugno che Lampedusa la fece conoscere agli italiani. Fra tanta allegria c’è anche una ragazza sola, tutta sola a cena col suo telefonino. Mi sembra il segno di un’Italia che non sa più sposarsi con nessuno, che non riconosce e non accoglie alcun nuovo figlio o fratello. Restano perciò al cielo le mani disperate scolpite sulla Porta d’Europa.
Concetto Ferrarotto
Lascia un commento...