“No al Ponte sullo Stretto di Messina. I soldi del Recovery Fund utilizziamoli per le strade, le ferrovie, la messa in sicurezza dei territori dal rischio sismico e idrogeologico. Vogliamo la cura delle città, le bonifiche, le scuole sicure per i nostri figli, le abitazioni per tutti. Vogliamo una sanità pubblica che ci protegga. Non vogliamo Grandi opere inutili e devastanti. Nessun Ponte sul dissesto. Basta spreco di risorse in studi e progettazioni”.
A pochi giorni dalle dichiarazioni favorevoli alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina da parte del governatore della Sicilia Nello Musumeci e del premier Giuseppe Conte, la Rete No Ponte chiama a raccolta il suo popolo “un popolo che ha riempito per dieci anni le strade di Messina e di Villa San Giovanni”), perché “è il momento di tornare in piazza e imporre una politica delle infrastrutture che metta al centro l’interesse dei territori e dei suoi abitanti”.
Per questo la Rete dà appuntamento il 26 settembre alle 17 a Messina in piazza Unione Europea. “E’ il momento di tornare in piazza e di imporre una politica delle infrastrutture che metta al centro gli interessi dei territori e dei suoi abitanti”, dicono gli orgnizzatori.
“A metà ottobre – seguita la nota – il Governo dovrà presentare il Recovery Plan. L’immensa liquidità che arriverà dall’Europa corrisponde a una altrettanta massa di debito che dovremo pagare noi e che dovranno soprattutto pagare le giovani generazioni. Su queste risorse economiche si sono avventati i contractor delle Grandi Opere, le rappresentanze politiche che mirano a gestirle in funzione della propria riproduzione, le corporazioni di professionisti strettamente collegate al potere politico”.
“Facciamo in modo di sottrargli quei soldi”, dice la Rete No Ponte. “Facciamo in modo che vengano utilizzati per opere utili ai territori e alle popolazioni”.
“Nei mesi scorsi – si legge nel documento – i nostri territori sono stati colpiti da frane e allagamenti, a dimostrazione dello stato di abbandono in cui versano. Eppure, nonostante le tante tragedie che avrebbero dovuto metterci in allarme, ulteriori cementificazioni e la mancata manutenzione delle città hanno aggravato il rilevante processo di dissesto esistente. Le bonifiche promesse, inoltre, non sono mai partite e non è stato predisposto nessun freno alla crescente desertificazione dei territori”.
“È, d’altronde, ormai evidente che l’urbanizzazione selvaggia – affermano gli esponenti della Rete – sia una delle cause principali della diffusione delle pandemie. Eppure la crisi sanitaria, che è diventata impoverimento per molti settori produttivi, non è servita a far capire alle istituzioni che bisogna invertire la tendenza e che sia importante migliorare le infrastrutture del territorio piuttosto che finanziare opere che accentuano desertificazione e abbandono dei centri minori e proseguire nella sciagurata politica delle spese militari che sottraggono risorse a quelle sociali, oltre a essere dannose”.
“Serve una grande mobilitazione popolare – incalzano gli organizzatori – che dica dove vanno indirizzati gli investimenti, che dica cosa è utile. Serve una presa di coscienza collettiva affinché la grande mole di liquidità a debito che tanto viene sbandierata non sia utilizzata per gli interessi di pochi. Tocca a noi conquistare le risorse per offrire un futuro alla nostra terra e ai suoi figli”.
Nella foto: il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina
Barbara Contrafatto
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