Riteniamo che Gigi Proietti vada ricordato degnamente dalla Rai. Non perché fino a oggi la Rai non lo abbia fatto, ma ci sia consentito dire che non è con Febbre da cavallo – film carino, simpatico ed esilarante finché vogliamo, al punto da essere definito cult – che Proietti ha dato il meglio di sé. E neanche, secondo noi, col Maresciallo Rocca, serie di grande successo nella quale l’attore romano, pur entrando nelle case di milioni di italiani con il solito garbo e la consueta ironia, ha giocato in surplace come Maradona avrebbe fatto in una partita di allenamento con una squadra di prima categoria. Proietti è stato questo, ma è stato altro, immensamente altro.
Se la Rai vuole fare un servizio degno del grande Maestro, se vuole far vedere ai giovani cosa è il teatro vero – come ha fatto meritoriamente con Eduardo, con Dario Fo e con altri grandi artisti – deve assolutamente ripescare dai suoi archivi le performances a puntate (probabilmente il programma si intitola Io a modo mio, non ne siamo sicuri, tratto probabilmente dallo spettacolo A me gli occhi please) andate in onda fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, nelle quali Proietti opera nel suo vero habitat: il teatro.
In primo piano lui, solo lui, il mattatore: pantaloni neri blusa bianca, che passa da Trilussa a Belli, da Fregoli a Petrolini a Shakespeare con una facilità incredibile, cambia voce, rotea gli occhi, fa le pause, ride, piange, pensa, canta, apre il baule, prende la giacca, la indossa, diventa un altro, la toglie ed ecco che si trasforma in un altro ancora e tu, ragazzino di appena vent’anni, resti a bocca aperta, incollato al televisore perché capisci che arte meravigliosa è il teatro, che impari ad amare grazie a Proietti.
Pensate che servizio prezioso potrebbe fare la Rai se riproponesse in prima serata trasmissioni come queste, soprattutto per quelle persone che non hanno la fortuna di andare al teatro, sia perché nel loro paese o nella loro città non possono disporre di un teatro (quanti ce ne sono in Italia….), sia perché – se ne dispongono – non possono permettersi economicamente di andarci, sia perché – se sono anziani – non possono muoversi da casa.
L’immagine è stata l’invenzione più bella degli ultimi due secoli. Attraverso il cinema e la televisione abbiamo avuto la fortuna di vedere cose che gli uomini dei secoli precedenti potevano solo immaginare o leggere (chi aveva imparato a farlo). Un fenomeno meraviglioso avvenuto dalla fine dell’Ottocento ai nostri giorni. Tutto quello che si era verificato prima – e le persone che ne erano state protagoniste – non lo abbiamo mai visto in forma “reale”: pensate che bello se avessimo visto il “vero” Nerone, il “vero” Ulisse, il “vero” Cavallo di Troia, il “vero” Garibaldi. Tra le tante persone straordinarie di cui si è persa praticamente traccia, una ci incuriosisce moltissimo: Giovanni Grasso, catanese, considerato da Lee Strasberg, il fondatore dell’Actor’s Studio di New York (dove hanno studiato tutti i divi di Hollywood), “l’attore tragico più grande del mondo”. Recitando in dialetto siciliano soprattutto i drammi di Verga e Capuana, questo attore riusciva – attraverso la mimica – a fare ridere e piangere gli spettatori di tutto il pianeta. Eravamo nei primi decenni del Novecento. Grasso fece pure diversi film. Sperduti nel buio, con la regia di Nino Martoglio, fu il suo grande capolavoro (ricordato ancor oggi dai critici e degli storici del cinema come esempio mirabile di cinema realista all’epoca del “muto”), al quale si ispirarono successivamente – per averlo visto prima della guerra – i grandi registi neorealisti come Visconti, Rossellini, De Sica e Blasetti. Sperduti nel buio era conservato nella cineteca del Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Alla fine della Seconda guerra mondiale fu trafugato dall’esercito tedesco e non fu più ritrovato. Scomparve per sempre.
Che c’entra questa storia con Proietti? C’entra! Un capolavoro come quello di Grasso, le nostre generazioni non hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Certi capolavori di Proietti, invece, sono conservati. Alla Rai. Aspettiamo con trepidazione che vengano trasmessi.
Luciano Mirone
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