Il nostro discorso sul Covid sarà pure strano e impopolare, ma siamo abituati a cogliere le contraddizioni (o almeno quelle che a noi sembrano tali) di un fenomeno, e di parlarne liberamente. È di appena due giorni fa la notizia che la Commissione europea ha proposto di istituire le “zone rosso scuro” in alcune regioni italiane (Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia) che, secondo i parametri dell’organo europeo ((500 casi positivi per 100 mila persone), sono più a rischio delle altre. L’annuncio – come era prevedibile – ha causato la levata di scudi dei rispettivi governatori che hanno smentito i dati ritenendoli superati e inesatti.
Stasera apprendiamo che quattro regioni italiane, da domenica prossima, diventeranno arancioni: Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria, più la provincia autonoma di Bolzano. Tutte le altre Regioni e Province autonome saranno in area gialla. Niente “zone rosse”, quindi, figuriamoci “rosso scure”.
Intanto questo sono i dati di oggi: 13 mila 574 contagi, 477 morti, che portano il totale a 87 mila 858 dall’inizio dell’emergenza legata all’epidemia di covid 19. “Questa settimana – scrive l’Istituto superiore della sanità – si continua a osservare un miglioramento del livello generale del rischio”.
Ne prendiamo atto, ma intanto quel dato, 477 morti (un numero pressoché identico a quello delle ultime settimane), non convince per niente, e crediamo che dovrebbe indurre le autorità competenti a riflettere molto, prima di cambiare ancora una volta il colore delle regioni, anche se ci rendiamo conto dei danni economici causati dalla pandemia.
Ma ci chiediamo: è riaprendo tutto che si risolve la situazione? Noi temiamo (ma vorremmo sbagliarci) che il governo stia facendo un ulteriore buco nell’acqua. Questa ripartizione di colori – per giunta sempre cangianti – ha senso? Se fino a pochi giorni fa, alcune regioni italiane registravano un altissimo indice di contagi, nel frattempo ridotti con percentuali poco significative, ha senso riaprire di nuovo?
Scusate, noi non siamo scienziati, ma i conti non tornano. A cominciare dai colori e dalle regioni. Che sono concetti umani: il virus non li conosce. Esso si muove, cammina e si insinua a prescindere dai confini regionali (altro concetto umano) e contagia tutti, a prescindere dal sesso, dal colore della pelle, dalla religione, dal livello culturale, dal livello economico. Un giorno è più forte in Lombardia, un altro in Sicilia, il giorno dopo in Friuli, l’altro in Emilia Romagna e così via. Una zona franca non esiste. L’ondata cambia in base alle giornate. E allora?
E allora non siamo noi, per caso, a illuderci che una differenza dello “zero virgola” rispetto al giorno prima ci porterà improvvisamente verso la normalità? Il virus non si comporta come noi, siamo noi ad “umanizzarlo”, ad utilizzarlo a nostro uso e consumo, magari in base alle nostre esigenze economiche: a proposito, l’assessore allo Sviluppo economico della Lombardia ha annunciato che nella settimana in cui la sua regione è stata in zona rossa (a causa dell’errore che il Tar è stato chiamato a dirimere) ha perso 700 milioni di Euro.
Facciamocene una ragione: il virus, purtroppo, non è come noi. E’ diverso ed è maledettamente serio: è invisibile, silenzioso, colpisce senza pietà e – soprattutto – non conosce raccomandazioni. Non è lui ad adattarsi a noi, ma dobbiamo essere noi ad adattarci a lui. Il rimedio, gli scienziati seri, ce lo hanno ripetuto fino alla noia.
Ma la serietà è un’altra categoria che applichiamo a giorni alterni. Tutto cambia nello spazio di un mattino, colori, versioni, verità, e tutti noi – sempre più stanchi, sempre più frustrati, sempre più rabbiosi per il progressivo impoverimento che ci sta divorando – protestiamo perché non ne possiamo più: alcuni demagogicamente soffiano sul fuoco, altri fanno cadere il Governo, altri non hanno la forza di soddisfare i bisogni di tutti con dei ristori adeguati alla situazione (come sarebbe di giusto).
Intanto ci dicono che l’immunità di gregge sarà raggiunta entro l’estate, poi però si cambia idea, no entro l’autunno, per cambiare idea nell’attimo successivo, ma no entro l’inizio dell’anno prossimo. Nel frattempo riducono la fornitura dei vaccini e la schizofrenia è senza controllo.
Ci auguriamo – come detto – che questa analisi sia completamente sballata, ma soprattutto ci auguriamo che il buon senso e la pazienza alla fine possano prevalere.
Consentiteci però di riproporre le parole del professor Andrea Crisanti, direttore di microbiologia e virologia all’Azienda ospedaliera di Padova: sulla situazione coronavirus in Italia, dice Crisanti, “i contagi non calano perché non ci sono misure sufficienti per farli calare, nel senso che abbiamo raggiunto un equilibrio tra la capacità del virus di trasmettersi e quella nostra di bloccarlo e quindi rimaniamo su questi livelli. È come se si riempisse una vasca con un rubinetto e l’acqua uscisse dall’altra parte alla stessa velocità. Siamo in equilibrio”.
Luciano Mirone
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