Non ci intendiamo di Rt, di indici, di algoritmi e di tutti quei dati scientifici che definiscono i colori delle regioni in base alla pericolosità del virus. Sappiamo però che la pandemia sta facendo più morti della guerra e che quando si è in guerra ci si comporta di conseguenza. In caso contrario succede quello che sta succedendo all’America di Trump, al Brasile di Bolsonaro e – Dio ne scansi e liberi – all’Italia se a governarla ci fossero stati Salvini & Co.
Ecco perché non comprendiamo affatto la polemica innescata dal governatore della Lombardia, Attilio Fontana, sui dati che, a suo avviso, avrebbero penalizzato l’economia della sua regione in “zona rossa”.
Ricordiamo che nella giunta Fontana c’è un assessore, Letizia Moratti, che nei giorni scorsi ha proposto un numero di vaccini proporzionato al rendimento del Pil (ovvero: più siero ‘ppi tutti in base ‘e pìcciuli), suscitando l’indignazione (anche) di moltissimi cittadini lombardi che evidentemente della vita hanno una concezione diversa dalla ricchissima ex ministra del governo Berlusconi.
Ricordiamo che il leader di riferimento di Fontana è quel Salvini per il quale si doveva aprire tutto per far girare l’economia.
Quello che non comprendiamo del buon Fontana è l’accanimento contro chi, “inventore” dei dati falsi (il governo nazionale, secondo lui), avrebbe punito economicamente la sua Regione con la zona rossa. Per la bellezza di una settimana.
Ora, egregio governatore, non abbiamo motivo di non crederle (perfino dopo che il governo e il sindaco di Milano l’hanno smentita), solo che, ci creda, stentiamo a farlo: avremmo capito se la Lombardia fosse stata un’isola felice nel contesto tragico del mondo e dell’Italia.
Ma se ogni giorno sulla sua regione escono fuori numeri da brivido, fra morti, contagiati, ricoverati ordinari e in terapia intensiva, di cosa stiamo parlando? Davvero la penalizzazione consiste nello “zero virgola qualcosa” che permette al rosso di scolorirsi nell’arancione? Possibile che di fronte a 600 morti al giorno il problema viene affrontato come lei lo affrontava un anno fa? O forse la crisi, la fame, la paura, la malattia sono appannaggio di alcuni (quelli che gridano), mentre altri (che tacciono) vivono una sorta di privilegio divino che li rende immuni da qualsiasi cosa?
Presidente Fontana, siamo tutti sulla stessa barca. Gli urlatori, i silenziosi e gli azzeccagarbugli. I primi credono di risolvere il problema aprendo tutto, senza sapere che così lo incasinano. I secondi chiudendo per un periodo in modo da beneficiarne (tutti) subito dopo. I terzi attaccandosi al bizantinismo giuridico. Punti di vista.
Ma un governatore ha il dovere di essere saggio. Lei, Fontana, governa una regione che – in termini di decessi – sta pagando un prezzo altissimo. Parli di come affrontare seriamente l’emergenza, non si accapigli con Roma per il cavillo che marca il confine fra l’essere e il voler essere. Voli alto.
Nella foto: il governatore della Lombardia, Attilio Fontana
Luciano Mirone
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