Egregio Avvocato e Professor Giuseppe Conte, vogliamo ringraziarla per essersi speso in maniera disinteressata e paziente alla causa di questo stranissimo e bellissimo Paese: senza demagogia, senza fumo, senza ipocrisie, ma con la dedizione di chi crede nel lavoro e nel futuro, commettendo pure i suoi errori, ma facendo anche delle buone cose in un periodo tragico e travagliato come questo.
Il suo discorso di oggi, pronunciato dopo il colloquio fra lei e il suo probabile successore Mario Draghi, non è quello di un uomo politico, ma di un uomo di Stato, che mette da parte gli eventuali (ma giustificabilissimi) risentimenti e guarda al domani con serenità e determinazione.
Due le parole, fra le altre, che ci hanno colpito di quel brevissimo discorso, “economia sostenibile”. Non termini campati in aria, ma il segno di una mentalità nuova che coglie il drammatico rischio che corre l’umanità, non sempre compreso da certa politica nostrana (e mondiale).
Economia sostenibile significa porsi il problema del surriscaldamento climatico, dello scioglimento dei ghiacciai, dell’innalzamento del livello del mare e del rischio della sommersione di molte città, delle conseguenze epocali che ne possono derivare: dalle carestie alle malattie, dalle emigrazioni ai virus più letali del Covid-19.
Economia sostenibile significa dire basta al combustibile fossile, volàno potentissimo per lo sviluppo della civiltà moderna, ma micidiale produttore di una barbarie che ha prodotto tali e tanti effetti collaterali sulla natura, sulla salute dell’uomo e del pianeta, che la stessa umanità (il 64 per cento, secondo un recente sondaggio dell’Onu) finalmente si è resa conto che bisogna cambiare modello economico e culturale.
Economia sostenibile significa lottare per la sopravvivenza delle api, elementi insostituibili per il mantenimento dell’equilibrio ambientale, e quindi della sopravvivenza del pianeta. Già, le api, questi minuscoli esseri che non producono solo il miele, ma attraverso l’impollinazione, sono indispensabili alla vita. Le api si stanno estinguendo a causa del cambiamento climatico e dell’uso dei diserbanti.
Economia sostenibile significa portare sulle nostre tavole un cibo sano e privo di tanti veleni che intossicano i prodotti, poiché ancora ci sono agricoltori che preferiscono la quantità alla qualità per abietti motivi economici.
Economia sostenibile significa lottare per la foresta amazzonica (e per chi è caduto per difenderla dalle mafie mondiali), “polmone verde ” del mondo per l’assorbimento dell’anidride carbonica e per l’emissione dell’ossigeno. Una foresta che si riduce sempre più a causa degli allevamenti intensivi per la produzione industriale di carne destinata ai fast food dell’occidente.
Economia sostenibile significa dismissione e riconversione delle industrie inquinanti come i poli petrolchimici, cause principali di malformazioni fetali, di cancri, di leucemie e di tante altre malattie, e dell’inquinamento quasi irreversibile dei mari e dei fiumi. Basta andare dalle parti di Marghera, di Taranto, di Gela, di Augusta, di Milazzo, dove ogni famiglia piange almeno un morto di cancro a settimana.
Economia sostenibile significa razionalizzare l’uso del cemento e valorizzare la bellezza delle nostre città e delle nostre campagne invase da palazzi, palazzine, capannoni, case abusive, centri commerciali ed altro orrore che con la nostra identità culturale c’entrano come un pugno in un occhio.
Sviluppo sostenibile significa fare una seria lotta alla mafia che punta sulla monnezza per lucrare sugli appalti, sulle discariche, sugli interramenti dei rifiuti tossici.
Sviluppo sostenibile significa trovare un’alternativa alla produzione della plastica che sta uccidendo il mare e le specie che lo abitano.
Lei prof. Conte, con due parole, ha evocato tutto questo, dal quale non si può prescindere se vogliamo dare un futuro ai nostri figli e a noi stessi. Non è riuscito a realizzare diverse delle cose enunciate, ma in due anni, con il “fuoco amico” sempre in agguato, e con una pandemia come quella in atto, non era facile fare di meglio. L’importante è che la strada sia stata segnata. E su questo lei è stato (ed è) un buon leader, se è vero che l’economia sostenibile è stata al primo posto della sua agenda politica.
Da questo punto di vista, Mario Draghi deve ancora dimostrare la sua modernità: l’ex presidente della Banca centrale europea ha espresso le sue straordinarie capacità in “economia”. Ma se questo termine – oggi – non è accompagnato dall’aggettivo “sostenibile”, rischia di essere obsoleto e di richiamare una categoria novecentesca ormai superata. La scommessa di Draghi – qualora dovesse diventare presidente del Consiglio – sarà quella di armonizzare lo sviluppo con l’ambiente. E – a prescindere dagli elogi che in questo momento lo stanno sommergendo – deve ancora dimostrarlo. Da questo punto di vista, lei, professore, ha rappresentato un esempio di governance da imitare.
Per quanto riguarda il resto, ci saremmo aspettati un pugno più duro sulla gestione della pandemia e meno incertezze sulle regioni da colorare, ma ci rendiamo conto che le pressioni di governatori, sindaci e operatori economici sono state tali e tante che forse – rispetto al pessimo risultato raggiunto dalle altre Nazioni – non si sarebbe potuto fare di meglio.
Ci saremmo aspettati una maggiore chiarezza sulle posizioni del suo ministro alla Giustizia, Alfonso Bonafede, sul caso dell’ex pm del processo trattativa Antonino Di Matteo, al quale il titolare del dicastero di via Arenula aveva proposto la direzione del Dap, salvo a cambiare idea poche ore dopo, per ragioni che ancora oggi nessuno ha mai spiegato in modo convincente. Su questo, professore, ci saremmo aspettati un discorso franco, che purtroppo non c’è stato.
A suo tempo abbiamo criticato questa scelta, ma senza la rabbia espressa con altri governanti che con la mafia hanno avuto rapporti inquietanti. Una prudenza, la nostra, dovuta alla delicatezza del momento e all’agibilità democratica che, comunque, il suo esecutivo ha assicurato rispetto al rischio di ritrovarci, un giorno, alleati di Trump e di Putin.
E non siamo d’accordo con chi – lo abbiamo scritto di recente – l’ha considerata un “trasformista” nel passare con disinvoltura dal governo fra Movimento 5 Stelle e Lega e il governo fra Movimento 5 Stelle e Pd. In entrambe le occasioni, lei si è comportato da uomo di Stato (lo stesso Mattarella lo ha fatto capire varie volte), cercando di essere il “punto di equilibrio” fra le varie anime politiche. Ed è stato questo “equilibrio” che ha causato la rottura con un estremista come Salvini.
A chi dice che lei era (ed è) privo di esperienza, bisogna dare atto. E’ vero. Ma è anche vero che è molto meglio un presidente del Consiglio senza esperienza, ma onesto, colto e dinamico, che un presidente del Consiglio colluso, borioso e inconcludente (ne abbiamo avuti).
Sarà una nostra impressione, ma la sua frase pronunciata oggi e riferita ai suoi sostenitori di governo (“Agli amici del movimento, del Pd e di Leu dico che io ci sono e ci sarò sempre e dobbiamo continuare a lavorare tutti insieme”), ci fa capire che il suo non è un addio ma un arrivederci, un punto di partenza e non di arrivo. Ce lo auguriamo e glielo auguriamo. In ogni caso, grazie.
Nella foto: l’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte
Luciano Mirone
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