I tramonti struggenti e le torri di pietra, il monte Cofano e il suo golfo, i templi di Segesta e le tonnare, le rocce a strapiombo e il mare africano, la natura selvaggia e gli ulivi, i mulini e le saline, le cave di marmo e i castelli.
È Makari. Quella dei romanzi di Gaetano Savatteri, e quella della fiction televisiva del regista Michele Soavi, che Rai1 sta mandando in onda con uno strepitoso successo di pubblico (quasi 7 milioni solo lunedì scorso).
A Makari c’è un personaggio ed un luogo (fra gli altri) da cui lo scrittore originario di Racalmuto (lo stesso paese di Leonardo Sciascia, in provincia di Agrigento) ha tratto ispirazione per scrivere questi gialli pubblicati da Sellerio, che vedono protagonista lo scrittore Saverio Lamanna (nella finzione l’attore Claudio Gioè) e l’amico Peppe Piccionello (Domenico Centamore).
Il personaggio si chiama Marilù Terrasi (la Marilù che vedete in tivù, interpretata da Antonella Attili, è proprio lei), il locale è il Pocho, che in spagnolo significa “affettuoso”, una terrazza che si affaccia su questo posto incantevole tra San Vito lo Capo, Erice e Trapani, che Savatteri frequenta da una trentina d’anni perché – come tutte le persone che ci sono state – se ne è perdutamente innamorato.
Marilù è una persona simpatica e colta, è di Palermo, ama il teatro (lunga e intensa l’esperienza col Gruppo 5), la ricerca popolare (con Nino Buttitta) e la gastronomia siciliana, intesa come punto di convergenza fra le varie culture del Mediterraneo. Tre vite – teatro, ricerca e cucina – che a Makari hanno trovato l’approdo e la sintesi perfetta.
Lei “di questa casa destinata all’ospitalità, che col tempo è diventata un piccolo albergo-ristorante, è la proprietaria, lo chef e il tuttofare”, esattamente come la Marilù del romanzo: “Sono qui dagli anni Ottanta – dice -, ho iniziato molto allegramente addirittura nel giardinetto di casa”.
Come nasce questa storia legata ai romanzi di Savatteri e alla fiction Makari?
“Gaetano lo conosco da quando era un giovane cronista al Giornale di Sicilia e io contemporaneamente vivevo a Palermo e recitavo col Gruppo. Poi mi trasferii a Makari, lui venne a trovarmi, si innamorò del posto e ci tornò molte volte. Un giorno mi chiamò e mi disse: ‘Sai che mi hanno chiesto di far parte della raccolta ‘Racconti in giallo’ dell’editore Sellerio? Ti dispiace se ambiento questi racconti a Makari e se faccio riferimenti a te e al Pocho?’. ‘Mi dispiace? Sarebbe un regalo, per me e per tutto il territorio”.
E quindi?
“Quindi ispirandomi alla mia esperienza teatrale, da quel momento organizzo all’interno del mio locale degli eventi, Cibo per la mente, dato che ritengo che la nostra mente debba essere nutrita al pari del cibo. Ogni anno presento i racconti di Gaetano, abbinandoli con una cena a tema, con evento musicale e la partecipazione di altri scrittori e personaggi del mondo culturale, fino a quando circa tre anni fa, en passant, Gaetano, col solito sorriso sornione (come quello di Saverio Lamanna), mi dice: ‘Sai che forse si farà una fiction?’. Una fiction? Sarebbe meraviglioso! Alcune settimane dopo, gli ispettori della Palomar (la casa cinematografica che produce Makari, la stessa che ha prodotto Montalbano) vengono a visitare la zona per capire quali siti si adattano meglio alla loro esigenze. In realtà il lavoro sarebbe dovuto andare in onda nei mesi scorsi, il Covid ha fatto slittare la programmazione. Non importa: mi piacerebbe che Makari facesse da volano per far conoscere questi posti bellissimi”.
Pensi che la fiction possa valorizzare questa zona, come è successo al ragusano con Montalbano?
“Penso di sì. E lo spero. Le caratteristiche sono diverse, perché diversi sono i protagonisti (Saverio è un giornalista, Montalbano un poliziotto) e il paesaggio: quello di Montalbano a prevalente sfondo barocco, quello di Makari a sfondo naturalistico, con il mare quasi sempre in primo piano. Un elementi li unisce: questa Sicilia incantevole a prescindere se è orientale o occidentale”.
Perché Savatteri si è ispirato a questi luoghi?
“Non credo che ci sia un perché, è accaduto perché doveva accadere”.
C’è qualcosa che ti ha colpita particolarmente di questi racconti?
“Il personaggio sdoppiato fra La Manna e Piccionello. In fondo è Gaetano a metà tra lo sguardo disincantato e la saggezza popolare”.
Cosa hai provato quando hai letto questi racconti e hai rivisto i tuoi luoghi?
“Una grande emozione. Sono immagini che vedo ogni giorno, ma che attraverso la scrittura assumono un colore diverso”.
Quando ti sei trasferita in questa zona?
“Nell’85, quando ho cominciato a mettere su questo club quasi per scherzo. Vivevo a Palermo e facevo teatro col Gruppo 5. Era un momento in cui si doveva fare una scelta. Avevamo alle spalle anni e anni di teatro impegnato, avevamo lavorato anche con Danilo Dolci. Non ci interessava fare delle scelte artistiche incoerenti con la nostra identità e abbiamo preferito cambiare. Per caso un amico ci disse: c’è un locale abbandonato al Passo della zita (definizione antica per indicare una storia d’amore verificatasi in queste contrade collegate da un viottolo alla Strada delle vacche di San Vito lo Capo) che si affaccia su questo paesaggio bellissimo: siamo scesi qui, abbiamo visto il posto e ce ne siamo innamorati. Qui ho portato tutti i manifesti e le locandine dei nostri spettacoli, una raccolta di pupi siciliani (permanentemente in esposizione), un sacco di cimeli di mio nonno. Ogni camera è dedicata ad uno spettacolo del Gruppo 5, con foto e oggetti. Insomma, la nostra vita. La nostra casa, per molti anni, è diventata un locale aperto ad attori e registi impegnati al teatro greco di Segesta”.
Quindi, seppure in forma diversa, continui col teatro.
“O lo faccio nel mio locale, oppure fuori. Sono conosciuta per le tournée gastronomiche che faccio con i miei piatti. Parto col pulmino con il couscous da incocciare, le couscousiere, i limoni per il sorbetto, mi ospitano i ristoranti per delle serate a tema, faccio vedere come si prepara il piatto e si finisce con le canzoni popolari”.
Cosa ti piace di Makari?
“Le fontane, i bagli, la ‘Rocca di Mezzogiorno’, così chiamata perché a mezzogiorno il sole vi batte perpendicolarmente, l’imponenza del monte Cofano, le leggende, i pescatori, i personaggi. Fra questi un mio vicino di casa, don Stefano Bileti, grande raccontatore con cui ho trascorso intere nottate davanti al camino a parlare. Mi raccontava certe storie ambientate nel Golfo di Cofano, quando col carretto si andava a prendere il pesce per venderlo. Makari è un posto magico: pieno di energie, di vibrazioni e di emozioni. Con una bellezza indescrivibile”.
Luciano Mirone
Che meraviglia! Conosco Makari grazie a un altro.amico.giornalista Francesco La Licata. E ho conosciuto Marilù e il Pocho e sono rimasta incantata..ci torneremo più innamorati di prima
Ho conosciuto Marilù già “nel giardino di casa”…. E poi, il Pocho ad Isulidda, posto splendido per la vista e “goloso” per il suo cibo! Complimenti per la bella sodfisfazione