Si è spenta a Roma all’età di 91 anni l’ex sindaco di Partinico (Palermo) Gigia Cannizzo. Ex provveditore agli studi di Trapani, Gigia Cannizzo fu tra i primi sindaci donna antimafia della provincia dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio.
Ebbi la fortuna di conoscerla quando scrissi “Le città della luna”, un libro edito da Rubbettino e dedicato allo straordinario fenomeno delle donne sindaco in Sicilia dopo le stragi del 1992-1993. Una donna coraggiosa, tutta d’un pezzo, sotto scorta per diversi anni, perché la mafia gliel’aveva giurata per la sua intransigente cultura della legalità.
Gigia Cannizzo – assieme ad altre donne che in quegli anni difficili hanno amministrato in Sicilia – è stata un simbolo del riscatto femminile dell’isola, assieme a Maria Maniscalco, Graziella Ligresti, Marinella Fiume, Marilena Samperi e tante altre.
“Mi ero stabilita a Roma e ci vivevo benissimo. Ero tranquilla, frequentavo i circoli di cultura, andavo sempre al cinema e al teatro. Assieme a Pietro Scoppola mi ero messa a scrivere saggi sul cattolicesimo in Italia. A Partinico ci venivo due o tre volte l’anno. Quando tornavo, venivo presa dalla tristezza perché notavo che il degrado avanzava e nessuno faceva niente per fermarlo. Nel ’93 mi fu proposto di candidarmi e sono tornata. Non immaginavo assolutamente che a sessantatré anni avrei fatto il sindaco. Alcuni dicevano che dopo tre mesi ci saremmo dimessi. Noi non solo siamo rimasti, ma abbiamo lavorato sodo per realizzare un profondo cambiamento”.
Giacoma “Gigia” Cannizzo ha la malinconia di chi assiste al disfacimento della propria città e la determinazione di chi scommette tutto per cambiarla. Questa intervista in due momenti diversi: il primo, in un caldissimo pomeriggio di settembre del ’96, mentre questa cittadina di trentaduemila abitanti posta fra Palermo e Corleone sonnecchia e il sindaco è turbato per l’ennesimo atto intimidatorio contro di lei. Il secondo, in una frenetica mattina del febbraio successivo, a poche settimane dall’omicidio di Giuseppe La Franca, un tranquillo impiegato di banca in pensione, ucciso per non essersi piegato alla mafia che si era impossessata del suo terreno. Da quel momento in municipio la temperatura è rovente. Una situazione da Far West: la mafia che rialza la testa dopo gli arresti di parecchi mafiosi e tenta di intimorire gli amministratori onesti che operano a Partinico e nei paesi vicini, Terrasini, Belmonte Mezzagno, Camporeale…
Per il sindaco di questo centro di consolidate radici mafiose, le minacce sono quasi all’ordine del giorno: le prime arrivano nel marzo del ’94, ad appena tre mesi dall’insediamento. Tre lettere anonime con un messaggio inequivocabile: “Fatti i fatti tuoi, sennò te la faremo pagare”. Poi qualcuno irrompe nel suo appartamento e, approfittando dell’assenza dei proprietari, lascia dei segni su alcune foto che ritraggono i suo volto: due croci in faccia e un buco in testa. Nell’agosto del ’95, davanti al Comune, viene appiccato un incendio. Un atto dimostrativo che precede un altro incendio – questa volta di proporzioni ben più gravi – che distrugge la casa di campagna dell’assessore alla Solidarietà sociale… Nel settembre del ’96 un’altra intimidazione contro il primo cittadino: i copertoni della sua auto vengono completamente squarciati. Giorni di grande scoramento per Gigia Cannizzo. Non solo per quello che subisce, ma per l’indifferenza dei suoi concittadini.
“C’è una caratteristica qui – dice – che non è cambiata rispetto ad un secolo fa: il silenzio. Partinico è un centro dalle tradizioni mafiose antiche, il silenzio è stata una costante inalterata… Mio nipote quasi ogni giorno mi invita a rassegnare le dimissioni: ‘Ma cosa ci stai a fare? Per chi devi continuare? Per chi?’. Io non mi dimetto perché è necessario continuare questo cammino di liberazione e di speranza, non possiamo tirarci indietro proprio noi che abbiamo deciso di dare un contributo al cambiamento di questa Terra. Ma sono delusa, amareggiata”. Poi il delitto di questo “eroe borghese”, come viene definito La Franca, scuote le coscienze di Partinico… Migliaia di persone, subito dopo l’omicidio, superando l’omertà, la paura, la rassegnazione, partecipano al corteo organizzato dall’amministrazione comunale per dire no alla mafia. Per due la città è sotto i riflettori della stampa nazionale. Per due giorni Gigia Cannizzo può gridare a tutta l’Italia che “Partinico saprà reagire ad ogni forma di violenza e di prevaricazione mafiosa”…
Ha scoperto il gusto dell’impegno politico – dopo circa quarant’anni – nel 1993, decidendo di non iscriversi ad alcun partito, pur sentendosi molto vicina alla Rete di Leoluca Orlando.
“Quando si deve parlare del nuovo piano regolatore – afferma – si fa di tutto per perdere tempo e rinviare l’argomento. Evidentemente ci sono interessi precisi da tutelare”.
“Sono preparata a tutto, finora non mi è andata male. Sinceramente mi aspettavo di peggio. Credevo di subire molestie ben più pesanti”.
Afferma di essersi candidata “per un atto d’amore verso la mia città”. Una città “che ha perso quasi del tutto l’identità di un tempo… Dagli anni Settanta molti magnifici manufatti antichi sono stati distrutti: alcuni per incuria, altri per speculazioni edilizie. lo splendido palazzo del Settecento dove Damiano Damiani girò Il giorno della civetta fu demolito in una notte perché dichiarato pericolante dalla commissione edilizia. Di quella commissione faceva parte un esponente di punta della mafia locale. Ho letto quel verbale. Fa accapponare la pelle. L’edificio non era affatto pericolante. Fu la mafia ad imporre l’abbattimento perché in quel posto doveva sorgere una palazzina”.
Erano i tempi in cui i boss potevano permettersi di passeggiare in piazza con i politici più in vista. “Quando ero lontana ricordavo con nostalgia le piazze, le case antiche, i balconi in ferro battuto del mio paese. Partinico era bella perché aveva il fascino della cultura mediterranea… Ad Algeri sono gelosissimi della loro identità. Quando porto questo esempio, qualcuno dice che deprezzo Partinico perché la paragono ad una città del terzo mondo”.
“Dopo tanti anni abbiamo trovato una città interamente saccheggiata… A Partinico nell’ultimo trentennio è aumentato enormemente il numero degli architetti, degli ingegneri e dei geometri. Perché? La cementificazione è stata considerata un poderoso mezzo di arricchimento. Ciò ha portato un benessere fittizio e illusorio, basato su un modello economico redditizio ma precario. Ne è venuto fuori uno sviluppo irrazionale… A chi dice che ho bloccato l’edilizia perché voglio salvaguardare tutto, rispondo che io non ho bloccato assolutamente nulla… Qui c’è stata una furia di demolizioni impressionante. Manufatti bellissimi sono stati abbattuti e sostituiti da mostri di cemento perché l’impulso era quello di costruire comunque. Io cerco di difendere l’identità della mia città. E dico: costruiamo sì, ma con raziocinio”.
Il 20 maggio del ’97, Gigia Cannizzo è stata vittima di una ulteriore intimidazione. Delle persone rimaste ignote, nottetempo, hanno cosparso la sua auto di benzina e l’hanno data alle fiamme, distruggendola totalmente. Ai giornalisti che l’hanno intervistata dopo il fatto, ha dichiarato: “Resto al mio posto”. Da quel momento vive scortata.
Nel 1998 fu trasferita per alcuni giorni in una località protetta dopo aver ricevuto a casa una lettera di minacce di morte con dei proiettili. Durante la carica di primo cittadino le venne assegnato il titolo di commendatore dell’ordine al merito della Repubblica italiana per le sue molteplici attività professionali, culturali, sociali, politiche ed amministrative.
Plurilaureata, ricevette anche numerosi incarichi dal ministero dell’Istruzione. La sua ultima uscita pubblica risale allo scorso settembre. Le sue condizioni di salute, data l’età avanzata, negli ultimi tempi erano peggiorate. A causa di una crisi respiratoria da tre giorni era ricoverata al Policlinico “Gemelli” di Roma, città in cui viveva da anni e dove si è spenta questa mattina.
Nella foto: l’ex sindaca di Partinico (Palermo), Gigia Cannizzo
Luciano Mirone
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