“Dal 26 aprile l’Italia comincia il suo percorso verso la normalità: è l’inizio della road map che porterà gradualmente alla ripartenza di ristoranti, teatri, palestre, stabilimenti, fiere, stadi”, eccetera.
Meno male che i nostri governanti ci rassicurano. Fra nove giorni il coronavirus sarà debellato o quasi, e finalmente, dato che “la situazione epidemiologica è in miglioramento” (come dice il presidente del Consiglio Mario Draghi), possiamo tornare a fare la vita di sempre. Peccato che questo sbandierato “miglioramento” sia il solito “zero virgola zero qualcosa”, che alle elezioni funziona, ma che in piena pandemia non vuol dire assolutamente nulla, perché il virus è molto più serio di certa politica che invece di guardare in faccia la realtà (solo ieri quasi 16mila positivi e 429 vittime in Italia) preferisce cavalcare la sacrosanta protesta degli operatori economici in crisi o sul lastrico.
Invece di battersi per dare dei ristori adeguati, di pretendere il rispetto del distanziamento e dell’uso delle mascherine (magari con delle ammende più elevate rispetto a quelle previste: 400 Euro), invece di mobilitare le Forze dell’ordine per serrare i controlli (quelli attuali sono insufficienti, malgrado la buona volontà), Lega e Fratelli d’Italia pensano a come raccattare voti per le prossime elezioni. E se per Meloni, tutto sommato, certe uscite possono anche starci (è all’opposizione), per Salvini (al Governo) sanno tanto di irresponsabilità.
Le Regioni e il Governo – invece di guardare i dati – si accodano. Addirittura lo stesso Draghi parla di “campagna di vaccinazione che va bene”, quando sappiamo che la fornitura delle fiale è lentissima, molta gente sta rinunciando per diffidenza e, soprattutto, la tanto auspicata immunità di gregge (che con queste rinunce è in discussione), se andrà bene (lo dicono gli esperti) non si raggiungerà prima di settembre.
A questo bisogna aggiungere un altro elemento che sembra scomparso dal dibattito politico: le varianti. Siamo sicuri che i vaccini siano in grado di neutralizzarle tutte? Nei giorni scorsi a Palermo sono stati segnalati casi di persone colpite dal Covid, malgrado la prima e la seconda dose di vaccino. Il direttore della pianificazione strategica dell’assessorato regionale alla Salute, Mario La Rocca, ha parlato di “evidente escalation dei contagi, in particolare per la diffusione delle varianti più aggressive”. E poi: “Abbiamo i primi casi di virus in soggetti già vaccinati. Ecco perché è stata adottata la zona rossa in tutta la provincia di Palermo”, alle prese con una media di 500 contagi al giorno.
Ora noi, egregio Presidente del Consiglio, egregio ministro Speranza, egregi presidenti delle Regioni, egregi Salvini e Meloni, ci rendiamo conto che l’ottimismo sia necessario sempre, ma in casi come questi, un sano e umile realismo non sarebbe male. Siamo sicuri che l’ottimismo sia sempre accompagnato dalla lucidità e dal rigore? A noi – visti i risultati disastrosi – sembra di no.
Egregi Signori, voi sapete benissimo che in Italia parole come “riapertura” e “zone gialle” vengono scambiate per un “liberi tutti” ancora troppo presto da pronunciare. Finora è successo questo, e se è successo evidentemente qualcosa non ha funzionato, sia a causa della nostra leggerezza, sia a causa del vostro modo di gestire la pandemia.
Se avete questa spasmodica esigenza di riaprire tutto (all’inizio fuori, poi si vedrà), diteci almeno che sarete intransigenti sul distanziamento, sulle mascherine, sulle sanificazioni, sui disinfettanti. E’ intollerabile vedere ancora tanta gente assembrata per le strade, nelle piazze, davanti alle scuole, davanti ai bar, ai negozi – con o addirittura senza mascherina – senza un controllo adeguato finalizzato ad evitare la trasmissione del virus.
Se c’è questa insopprimibile voglia di riaprire, malgrado i dati drammatici, avete il dovere di trovare il modo di rendere i controlli efficienti ed efficaci, anche a costo di schierare l’esercito. Draghi faccia un appello a reti unificate e parli di “tolleranza zero” per i trasgressori.
Luciano Mirone
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