Smentisce “categoricamente” ogni coinvolgimento con certi soggetti legati a Cosa nostra, come è sembrato emergere un anno fa da una intercettazione fra due persone che pronunciavano il suo nome, nome che comunque non è mai stato oggetto di indagine da parte della magistratura. Mette in evidenza il recente pronunciamento della Corte dei Conti che in appello ha deciso di cancellare l’interdittiva legale per dieci anni e la riduzione di oltre la metà della sanzione pecuniaria per la vicenda legata al bilancio del Comune di Catania, di cui è stato assessore negli anni della Giunta Bianco (per la quale la Corte dei Conti Sicilia ha ridimensionato la decisione stabilita dal giudice monocratico). Minimizza (o dà questa impressione) certe vicende paradossali e incredibili che riguardano il suo partito in provincia. Il tutto sotto il ritratto fotografico di Berlinguer – incorniciato alla parete della sezione – che sorride.
Angelo Villari, segretario dall’estate 2020 della Federazione provinciale del Pd di Catania, risponde alle nostre domande con cordialità e semplicità (“Vengo dal mondo del lavoro e sono una persona portata ai rapporti umani”).
Villari, lei lo scorso anno è stato tirato in ballo in una intercettazione fra mafiosi a proposito di presunti voti di scambio alla vigilia delle elezioni regionali del 2017, in cui fu candidato ma non fu eletto. In quell’occasione questi soggetti fecero il suo nome. Cosa risponde?
“Chiariamo una volta per tutte: in quella vicenda io non sono intercettato direttamente, nel senso che non c’è una mia dichiarazione o contatto con qualcuno. Sono altri che parlano e fanno il mio nome. Non sono indagato e neanche sotto processo, e comunque sono assolutamente estraneo”.
Perché?
“Due individui, un rappresentante della Cgil dell’igiene ambientale di Mascalucia, e un Rsu di Catania (Rappresentanza sindacale unitaria, ndr.), parlavano su una ipotesi di passaggio di livello, dicendo che io avrei sponsorizzato questa operazione. Può darsi che io abbia detto, ‘è un tuo diritto, parla col sindacato’, cosa che faccio sempre, ma stranamente emerge chissà quale nefandezza sul mio conto. Sì, sono completamente estraneo e lo dico a voce alta”.
Quindi lei smentisce categoricamente il contenuto delle intercettazioni fra queste due persone?
“Assolutamente sì, senza temere di essere smentito”.
Segretario, lei, assieme agli altri ex assessori della Giunta Bianco, ex sindaco compreso, è stato coinvolto nella vicenda del dissesto finanziario del Comune di Catania con una condanna da parte del giudice monocratico della Corte dei Conti a un’ammenda di 48mila Euro, oggi ridotta in appello a 22mila, e a una interdizione legale per dieci anni, adesso cancellata. Il magistrato del primo grado vi ha contestato di non avere dichiarato il dissesto. Ma in appello le cose sono cambiate. Cosa dice su questo?
“A suo tempo accettai di far parte della compagine di Enzo Bianco, consapevole della ‘non responsabilità’ di un assessore del mio ramo sulle questioni legate alla contabilità”.
Cioè?
“C’è una separazione di responsabilità fra la tecno-struttura di un ente e l’amministrazione politica dello stesso. Non ho conoscenze contabili. Il politico deve dare indirizzi sulle cose. Il controllo degli atti non attiene alla responsabilità dell’assessore. La Corte dei Conti, invece, ha ritenuto che vi sia stata una responsabilità degli amministratori. Abbiamo fatto ricorso sul provvedimento di primo grado: l’interdizione è stata cancellata, la sanzione pecuniaria (ovvero una semplice multa, non un risarcimento danni, tengo a precisarlo) è stata portata al livello minimo, 22mila Euro, ma ricorrerò ancora. So bene che la magistratura (sulla quale ho piena fiducia) deve fare il suo dovere. L’allora amministrazione Bianco aveva adottato il piano di rientro dell’amministrazione precedente. Su quello si è mossa. Peraltro va detto che all’atto dell’adozione non ero neanche assessore, perché sono arrivato dopo”.
Lei ha assunto la carica di segretario provinciale del Pd nell’estate 2020. Cosa è successo in un anno?
“C’è stato un apprezzamento generale. E se qualcuno esprime un odio viscerale verso il Pd (quindi anche verso il suo segretario), può anche starci. Provengo dal mondo del lavoro, dalla Cgil, e ho sempre espresso le posizioni della sinistra progressista, democratica e riformista, e questo non a tutti piace. Siamo passati da un partito fermo da anni (un vero e proprio ‘lockdown’ del Pd catanese) ad una costruzione delle realtà locali: abbiamo avviato un processo di rinnovamento che non vuol dire rottamazione, tutt’altro: attraverso un patto fra generazioni si è stabilito di portare avanti un partito che vuole essere una comunità di donne e di uomini”.
Il responsabile di Rifondazione comunista di Catania, Mimmo Cosentino, nei momenti in cui lei ha avuto le vicissitudini appena accennate, ha usato parole molto dure nei suoi confronti, dicendo che negli anni in cui lei è stato segretario della Cgil, il sindacato era diventato una sorta di succursale del Pd. La stessa critica è arrivata anche dall’interno del sindacato da parte di un componente autorevole, Massimo Malerba.
“Sono assente dalla Cgil da circa sette anni e mezzo, e comunque preferisco non parlare di una grande organizzazione come il sindacato, che merita rispetto per la sua autonomia dai partiti e dai padroni. Per quanto riguarda Malerba, quando ero segretario della Cgil, ha sempre votato tutto quello che proponevo”.
Tempo fa l’ex consigliere provinciale del Pci Alfio Testa, militante storico del Pd di Belpasso, ha inviato una lettera al nostro giornale in cui stigmatizzava il fatto che, in occasione delle elezioni del 2018, il Partito democratico, in una città di quasi 28mila abitanti, non solo non è riuscito a comporre una lista di sedici persone, ma ha “piazzato” alcuni suoi elementi rappresentativi nello schieramento avversario di centrodestra. In pratica a Belpasso si è verificato un fenomeno incredibile su cui il partito – ai vari livelli – non ha preso provvedimenti, e non risulta che abbia avviato un dibattito interno. A passare dall’altra parte (pur rimanendo dentro il Pd), nel 2018 sono stati l’allora segretario della sezione Nunzio Distefano (candidatosi con il deputato di Forza Italia, Alfio Papale), mentre era stato designato dal suo stesso partito addirittura come candidato a sindaco; il militante storico Tino Leotta (fedelissimo dell’ex sindaco Saro Spina) e il giovane Enrico Gangemi: questi ultimi due candidatisi nello schieramento del presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci, “fascista” per sua stessa dichiarazione. In quella lettera, Testa diceva: “A non volere la lista e a consigliare la ‘sistemazione’ di alcuni nostri iscritti nello schieramento avversario sono stati Angelo Villari, e il deputato di Italia viva, Luca Sammartino”. Cosa risponde?
“Non so perché Testa (col quale non ho mai avuto problemi personali) ha avuto queste impressioni, ma nel 2018 non ero ancora il segretario del Pd provinciale. Le scelte le ha sempre fatte autonomamente il partito a livello locale. So che in quella occasione, a Belpasso, c’era una diatriba fra correnti, ma che mi mettano dentro ogni volta su qualsiasi cosa è la dimostrazione di come strumentalmente si voglia colpire chi sta dirigendo il Pd a livello provinciale. Vorrei occuparmi di politica e non di tutte queste diatribe”.
Cosa pensa della candidatura (per restare a Belpasso) di alcuni iscritti del Pd in una coalizione con valori e principi completamente alternativi?
“Sono scelte che giudico sbagliate, ma fatte individualmente. Il Partito democratico, in quegli anni, aveva perso la bussola. Da ora in poi deve stare dentro le regole. Chi non ci sta sarà chiamato a risponderne davanti alla Commissione di garanzia. Nelle battaglie elettorali, le alleanze di centrosinistra (che possono essere allargate) non possono confondersi con lo schieramento avversario”.
A Paternò, però, il Pd sostiene da anni una maggioranza di centrodestra, composta dalla Lega, da Fratelli d’Italia, dal Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo e da Forza Italia.
“Ho ereditato anche questo”.
Ma lei è intervenuto?
“Sì, sono intervenuto. A Paternò si vota fra un anno. Anche lì si aprirà una discussione per capire se quella è una coalizione civica (che può avere certe caratteristiche) o una coalizione politica, ma è chiaro che si tratti di un’anomalia che va chiarita”.
A Paternò c’è un Pd completamente spaccato anche a causa dell’ultima elezione interna in cui è diventato segretario l’ex sindaco socialista di Belpasso Salvatore Leonardi. Addirittura ci sono stati ricorsi e proteste da parte dell’altra ala del partito.
“Mi risulta che Leonardi stia lavorando con grande saggezza per unire il fronte”.
La corrente alternativa a Leonardi ha parlato di irregolarità avvenute nel corso di quella elezione.
“I ricorsi mi risulta che non siano arrivati agli organismi di garanzia”.
Cosa pensa dell’amicizia molto stretta fra l’ex sindaco Pd di Catania Enzo Bianco e l’editore dell’unico quotidiano di Catania Mario Ciancio, attualmente sotto processo per questioni di mafia?
“Non mi risulta questa amicizia, ma in ogni caso credo che un rapporto fra un sindaco e un editore locale ci possa pure essere. Conosco Bianco: so che impronta i suoi rapporti sempre in maniera corretta”.
C’è stata una telefonata intercettata in cui Bianco avrebbe rassicurato Ciancio sul discorso del Pua (Piano urbanistico attuativo) a proposito dei terreni della Playa di proprietà dell’editore catanese.
“Non posso parlare di cose che non conosco e comunque non mi risulta che ci siano decisioni della magistratura in tal senso”.
In certe realtà provinciali risulta un rapporto fra il Pd e l’ex governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, alle prese – anche lui – con un processo per mafia. E’ un rapporto che lei intende proseguire o lo esclude fin da ora?
“Nella elezioni comunali la coalizione che si deve formare è quella di centrosinistra, che può essere allargabile. A decidere sono sempre gli organi locali. Il dialogo con i moderati che vogliono discutere col centrosinistra è sempre aperto”.
A che punto è il rapporto fra Pd, M5S e Leu?
“Stiamo lavorando per consolidare l’alleanza fra le formazioni che hanno sostenuto il Conte bis. È chiaro che questa alleanza deve avere un perimetro più largo per sconfiggere il centrodestra”.
Che ne pensa dell’amministrazione catanese guidata dal sindaco Salvo Pogliese?
“L’attuale amministrazione catanese sta segnando il passo. Per questo dico che è indispensabile costruire un’alternativa di centrosinistra. È indispensabile un progetto per questa città, per gli strati più deboli della popolazione, per lo sviluppo, per l’imprenditoria, per il lavoro sostenibile. Insomma è fondamentale un progetto di modernizzazione che elimini le diseguaglianze”.
Chi sarà il vostro candidato a sindaco di Catania?
“Bisogna innanzitutto costruire il progetto. Il Pd è una forza a disposizione di tutti e tutti dobbiamo impegnarci per unirlo e per aprirci alla società. Per il nome c’è sempre tempo”.
Luciano Mirone
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