Dopo quarantasei anni di ministero pastorale passa il testimone al successore. Dal lontano marzo 1976, Padre Gigi Licciardello è stato alla guida della Parrocchia Santa Maria della Provvidenza di Zafferana Etnea. Un periodo lungo ed intenso trascorso al servizio della comunità, ricco di esperienze ed emozioni, che si avvia a conclusione. È previsto per oggi pomeriggio alle 18,30 il passaggio delle consegne al successore – il giovane padre Salvo Scuderi – in coincidenza con la riapertura della Chiesa Madre, a conclusione dei lavori di ristrutturazione resisi necessari a seguito dei danni prodotti dal sisma del 26 dicembre 2018. Una solenne celebrazione, quella di oggi, presieduta dall’Arcivescovo metropolita di Catania, Mons. Salvatore Gristina.
Padre Gigi, 86 anni lo scorso dicembre, un po’ sofferente nella deambulazione, ma con un’ottima tempra intellettiva, inossidabile al tempo, ha deciso di ritirarsi a vita privata per raggiunti limiti di età e per godere di un merito periodo di riposo.
Padre Gigi, a conclusione di un così lungo ministero, vuole trarre un bilancio di questi anni?
“Sono stati anni spesi a costruire un rapporto di dialogo con la comunità. La risposta si è manifestata anche attraverso una maturità da parte di molti laici non solo a livello di partecipazione alla vita liturgica ma anche all’impegno alla vita reale: negli ambiti della vita affettiva, della famiglia, dei giovani, del mondo delle professioni”.
Ricorda qualche momento di particolare difficoltà in cui qualche sua scelta non è stata compresa?
“Ci sono stati momenti in cui le proposte di scelte dovute non sono state accolte con serenità. Come ad esempio quando ho deciso che per la cresima non ci sarebbero più state le figure dei padrini e delle madrine. Una scelta forte, dapprima osteggiata. Ma il tempo mi ha dato ragione. E di recente, nella nostra diocesi, un decreto del Vescovo ha stabilito, che per tre anni, i cresimandi faranno la cresima senza la presenza di padrini e madrine. Non possiamo continuare ad accettare i segni dove manca la realtà che i segni dovrebbero rappresentare. Il padrino o la madrina sono coloro che dovrebbero accompagnare il cresimando nella sua crescita anche spirituale. E però capitava di vedere, in questa figura, solo una presenza formale che non significava niente se non compiere qualche gesto esteriore come fare dei regali. Anche in questo caso ero sereno, in quanto consapevole che non si trattava di una scelta avventata”.
Come è stato il suo inizio di ministero?
“Non facile! Essendo arrivato a marzo, il primo confronto avvenne con i componenti della Commissione della festa della Patrona. Già il primo impatto fu difficile quando manifestai l’intenzione che la festa fosse protesa all’aspetto religioso e non un’occasione di spettacoli di piazza con l’esibizione di cantanti o cabarettisti che niente avevano a che fare con il senso dei festeggiamenti religiosi. Da non dimenticare, inoltre, un altro aspetto importante: succedevo ad un parroco e ad un viceparroco che, a poca distanza l’uno dall’altro, avevano dismesso l’abito sacerdotale. Quando arrivai a Zafferana – 42 anni e una certa presenza fisica – scommettevano dicendo: ‘Non c’è due senza tre!’. Riuscire a superare questa diffidenza non è stato facile, ma ci sono riuscito con la forza della fede. Ho dovuto lavorare molto per sfatare questa previsione”.
Durante questi 46 anni si sono verificati due terremoti, nel 1984 e nel 2018, che hanno danneggiato case e luoghi di culto. Come ha vissuto questi anni?
“Il terremoto del 19 ottobre 1984 rese inagibile la Chiesa Madre Santa Maria della Provvidenza che è rimasta chiusa al culto per tredici anni. E’ stata riaperta nel 1997 quando sono stati conclusi i lavori di consolidamento e ristrutturazione. Ma arrivare a questo risultato non è stato semplice. Nel 1989, a cinque anni dal sisma, la ricostruzione si era fermata. C’era la legge sulla ricostruzione, ma mancava la copertura finanziaria. Un giorno decisi che non potevo continuare a restare con le mani in mano. Pensai di telefonare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e chiesi di parlare con Andreotti (all’epoca presidente del Consiglio). Impugnai la cornetta del telefono e mi qualificai dicendo di telefonare per conto dell’Arcivescovo di Catania. Il presidente non c’era. Ma mi fu risposto che avrebbero richiamato loro. Lasciai il numero di telefono della Diocesi. Mi premurai di avvertire il vescovo che sarebbe arrivata una telefonata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. ‘Si vabbè, ma pensi che il presidente del Consiglio richiamerà veramente?’, mi dicevano. Nessuno ci sperava più di tanto. Invece Andreotti telefonò veramente e mi diede un appuntamento a Roma dopo qualche giorno per le 7 del mattino. Non andai da solo. Si aggregarono anche i politici del luogo. L’incontro fu risolutivo e Andreotti, dopo pochi giorni, mandò una lettera all’arcivescovo in cui gli comunicava di aver inserito un emendamento alla finanziaria dell’anno in corso con lo stanziamento di 15 miliardi di lire e l’impegno di un ulteriore finanziamento nel triennio successivo di 45 miliardi di lire. I politici se ne intestarono il merito, ma a me non importava. Ciò che contava veramente è che riprese la ricostruzione del paese ed anche della chiesa che riaprì le sue porte nel 1997”.
E oggi siamo qui a celebrare le riapertura ufficiale della chiesa dopo il terremoto del 26 dicembre 2018. Sicuramente una grande emozione.
“E’ per me grande motivo di gioia che sia io a riconsegnare la chiesa nello splendore della sua architettura alla comunità e a fare il passaggio delle consegne”.
Cosa augura al nuovo parroco?
“A padre Salvo Scuderi auguro un lavoro proficuo per il bene e la crescita della comunità in quello stile che consente un vero cammino sinodale. Sono grato all’arcivescovo che ha accolto il mio desiderio di avere come successore padre Salvo, cresciuto in questa comunità. Ai parrocchiani auguro di continuare a crescere nella consapevolezza di appartenere alla comunità ecclesiale come veri protagonisti dell’edificazione della Chiesa”
Rosalba Mazza
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