L’ha uccisa ieri con un coltello da cucina dopo le attività ludiche del Grest, infierendo diverse volte sul corpicino inerme della piccola. Poi l’ha sotterrata coprendola con i sacchi neri dell’immondizia, quindi ha lanciato l’allarme del sequestro di persona ad opera di tre soggetti armati e mascherati, salvo a indicare ai Carabinieri – oggi – il luogo nel quale ritrovare il corpicino. Il gioco, però, è durato meno di 24 ore. Alla fine la donna, Martina Patti, ha confessato l’orrendo delitto della figlioletta di 5 anni, Elena Del Pozzo, forse per ragioni di gelosia, o forse per altri motivi attualmente al vaglio degli inquirenti. Per questo la donna è stata raggiunta da decreto di fermo spiegato minuziosamente dai magistrati di Catania.
“Nell’ambito di serrate e complesse indagini – scrivono i magistrati – coordinate, sin dal verificarsi dell’evento, dalla Procura della Repubblica di Catania (Direzione Distrettuale Antimafia), i Carabinieri del Comando Provinciale di Catania sono stati delegati all’esecuzione di un decreto di fermo di indiziati di delitto nei confronti di PATTI Martina, nata a Catania il 16 gennaio 1998, ritenuta responsabile dei delitti di omicidio premeditato pluriaggravato della figlia DEL POZZO Elena di quasi cinque, nonché della soppressione del cadavere sotterrandolo, commessi il 13 giugno u.s., in Mascalucia”.
“Le indagini – prosegue la Procura – hanno consentito di ricostruire, seppur in una fase procedimentale caratterizzata dall’assenza del contraddittorio, i reali accadimenti e di definire la responsabilità personale a seguito della denuncia presentata dalla medesima PATTI nel decorso pomeriggio presso la Tenenza di Mascalucia, allorquando, suscitando un gravissimo allarme sociale, veniva segnalato il sequestro della predetta Elena ad opera di un non meglio indicato gruppo di uomini incappucciati che, verso le 15:00 circa, dopo aver bloccato l’autovettura condotta dalla madre lungo la via Piave e minacciatala mediante una pistola/una mazza, l’avrebbero rapita, preannunciandone la morte”.
“Nella circostanza – scrivono i magistrati -, secondo quanto riferito dalla donna, l’episodio sarebbe una conseguenza del comportamento dell’ex compagno (DEL POZZO Alessandro, 24enne con precedenti in materia di spaccio) per non aver ascoltato precedenti messaggi minatori fattigli recapitare presso la propria abitazione in ragione del tentativo posto in essere di individuare il reale complice di una rapina ai danni di una gioielleria di Catania al posto del quale venne arrestato il 15 ottobre 2020 e successivamente assolto nel settembre 2021 per non aver commesso il fatto”.
“Le prime risultanze investigative – si legge nella nota -, anche grazie alla tempestiva acquisizione di idonee telecamere di videosorveglianza, hanno consentito di accertare la mancata corrispondenza al vero del fatto denunciato, attesa l’assenza di gruppi ‘armati’ in via Piave nelle fasce orarie indicate e nonostante una strenua difesa ad oltranza della propria versione da parte della PATTI”.
“La serrata attività di indagine dei militari del Nucleo Investigativo – è scritto nel documento -, che aveva portato anche ad escutere per tutta la notte, tra gli altri, PATTI Martina e DEL POZZO Alessandro, ha fatto emergere un triste quadro familiare costituito da due ex conviventi che a prescindere dalla gestione apparentemente serena della figlia Elena avevano allacciato nuovi legami e non apparivano rispettosi l’un l’altro. In particolare, la donna, nei confronti della quale nel corso della nottata è stato contestato il reato di false informazioni al pubblico ministero, a fronte delle continue sollecitazioni da parte degli inquirenti e delle contestazioni alla inverosimile versione fornita, ha ceduto soltanto nella tarda mattinata, allorquando i Carabinieri della Sezione Investigazioni Scientifiche si apprestavano ad effettuare i rilievi dell’abitazione presso cui la stessa risiedeva unitamente alla figlia”.
“Secondo quanto emerso – puntualizzano gli inquirenti -, la stessa potrebbe aver posto in essere il gravissimo gesto anche per via di una forma di gelosia nei confronti dell’attuale compagnia dell’ex convivente, non tollerando che alla stessa vi si affezionasse anche la propria figlia”.
“Al riguardo, la PATTI, messa alle strette – spiegano gli investigatori -, ha dapprima indicato ai militari il luogo presso cui rinvenire il corpicino della figlia (sotterrato in un campo vicino alla via Euclide di Mascalucia), quindi, sentita presso il Comando Provinciale dei Carabinieri alla presenza di Magistrati di questa Procura, ha confessato l’orrendo crimine, precisando di averlo portato a termine in maniera solitaria, dopo essere andata a prendere Elena all’asilo (era tra l’altro il primo giorno del GREST), utilizzando un coltello da cucina e dei sacchi neri per nascondere il corpo nella terra”.
“Il corpicino della bambina – conclude il comunicato -, all’esito dell’ispezione medico legale, ha evidenziato molteplici ferite da armi da punta e taglio alla regione cervicale e intrascapolare”.
La presunta omicida sarà associata presso la Casa Circondariale di Catania Piazza Lanza.
Nella foto: il Tribunale di Catania
Luciano Mirone
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