Che fine farà il tabù di Belpasso? Quale sorte sarà riservata alle tre parole più censurate della storia di questo paese dell’Etna con la caratteristica “maglia a scacchiera”? Quelle tre parole continueremo a chiamarle all’antica (Piano regolatore generale, Prg) o ci adegueremo ai tempi moderni (Piano urbanistico generale, Pug)?

Non lo sappiamo, ma al di là dei formalismi e dei burocratismi, solo il tempo dirà se il Consiglio comunale di ieri sera, addì 29 settembre, dell’anno del Signore 2022 (“aperto al contributo dei cittadini”), sia stato un momento proficuo per il futuro della comunità o l’ennesimo bluff per una cittadina di 30 mila abitanti che aspetta il nuovo strumento urbanistico “soltanto” da vent’anni.

In fondo è in questo “contrasto” tra l’epoca vecchia (Prg) e l’epoca nuova (Pug: la legge è del 2020) l’essenza del confronto (a volte anche velato scontro polemico) svoltosi nell’Aula consiliare del municipio fra il Comitato civico “La Belpasso che vogliamo” (che lo ha voluto fortemente), il sindaco, gli assessori, i consiglieri comunali, e i cittadini presenti (fra i quali molti giovani).

Ma prima di proseguire il resoconto della serata, una domanda è d’obbligo: se non fosse stato per questo Comitato spontaneo, si sarebbe verificato il colpo di scena che stiamo per raccontarvi? 

La Giunta, guarda caso alla vigilia di questo Consiglio comunale (e all’anti vigilia di un’elezione comunale che si preannuncia dura), dopo anni di immobilismo, delibera un “atto di indirizzo” sul Pug, in cui dice di essere “tenuta ad impartire apposite direttive con proprio atto di indirizzo per la redazione del Pug”.

Si legge proprio così: Pug, non Prg. Questo vuol dire che il sindaco Daniele Motta e i suoi assessori Tony Di Mauro (vice sindaco), Davide Guglielmino, Moreno Pecorino, Fiorella Vadalà e Andrea Magrì hanno deciso di mettersi alle spalle i vecchi tempi e di abbracciare quelli nuovi.

Il problema è che in un incontro svoltosi all’inizio dell’estate fra lo stesso Comitato e la Commissione Urbanistica della Regione Siciliana (al quale ha partecipato anche il sindaco), il funzionario di quel settore, Calogero Beringhieli, è stato chiaro: un comune può proseguire il vecchio iter del Piano regolatore e portarlo a termine, oppure può interromperlo ed iniziare quello del Pug, a condizione che prima chiuda il vecchio procedimento. Come dire: se vuoi una (un) nuova (o) fidanzata (o), devi prima comunicarlo alla (al) vecchia (o) e chiudere il rapporto con quest’ultima (o).

Lo stesso sindaco, nelle scorse settimane, lo ha ribadito in Consiglio comunale: i consiglieri devono decidere se intraprendere la strada del Prg o quella del Pug. Peccato che nella delibera del 28 settembre, alla (al) precedente fidanzata (o) non si faccia cenno. Si parla solo dell’amore scoppiato all’improvviso in queste piovose giornate di precoce autunno. Con quali conseguenze? Il sindaco dice che oggi chiamerà Beringhieli per chiarire la questione.

In ogni caso, il Consiglio comunale “aperto” ha avuto un grande merito: lanciare un segnale alla politica: sullo strumento urbanistico c’è un pezzo di Società civile che vigila e che, dopo decenni di scempi (di cui – chiariamo – l’attuale classe dirigente non è direttamente responsabile, semmai complice indiretta), non intende più essere omertosa.

Diversi gli interventi: Vito Sapienza, Antonino Recupero, Tonino Girgenti e il sottoscritto (per il Comitato); Giancarlo Consoli (Associazione Gattaino), Domenica Sanfilippo (Movimento 5 Stelle), Alfio Platania (esperto del sindaco per la legalità), Salvo Licandri (uno dei prossimi candidati a sindaco dello schieramento di destra che si riconosce nell’ex deputato di Forza Italia Alfio Papale, già sindaco di Belpasso).

Del civico consesso, l’unico a prendere la parola è stato il consigliere Santi Borzì, un tempo grande alleato del sindaco, oggi suo acerrimo oppositore: la mancata elezione alla presidenza del Consiglio comunale dell’uomo di Luca Sammartino a Belpasso, ha provocato contraccolpi tali da spaccare una destra che comunque resta granitica, poiché da quattro anni ricopre contemporaneamente il ruolo di maggioranza e di opposizione.

Si è assistito ad un divertentissimo gioco delle parti in cui il trio Licandri-Motta-Borzì, sullo strumento urbanistico, si è rinfacciato molto, dimenticando che fino a un paio di anni fa nuotava compatto nello stesso mare di silenzi e di ambiguità.

Tristissima la totale assenza della sinistra (neanche un consigliere); strana l’immagine dell’unico (ex) esponente del Movimento 5 Stelle, Damiano Caserta, transitato a destra qualche mese fa.

Un dibattito in cui si sono sentiti linguaggi diametralmente opposti: da un lato si è parlato di sogni, di felicità, di bellezza e di progetti; dall’altro, nella migliore delle ipotesi, ci si è soffermati sui punti positivi della nuova delibera (più verde, meno cemento, la green way di collegamento fra il centro abitato e i Villaggi del Pino e delle Ginestre, la circonvallazione ovest, la rigenerazione del centro storico, la valorizzazione della “maglia a scacchiera” e tanta altra terminologia utilizzata da chi, su questi argomenti, in questi anni ha condotto  durissime battaglie), nella peggiore delle ipotesi sugli errori del sindaco, puntualmente rintuzzati da quest’ultimo con la fatidica frase: “Borzì, Licandri, vi ricordo che fino a poco tempo fa eravate da questa parte e non avete mai fiatato”.

In merito agli attacchi sferrati recentemente dal primo cittadino nei confronti del Comitato (“fortemente politicizzato”), Motta ha ridimensionato le sue esternazioni dicendo di essersi risentito perché qualcuno (questo giornale, ndr.) continua a parlare di “Caso Belpasso”, sol perché questo comune ha uno strumento urbanistico scaduto da vent’anni, un abusivismo edilizio fra i più alti dell’Isola, una desertificazione del centro storico molto preoccupante. Quisquilie e pinzillacchere, direbbe Totò.

Nella foto: il municipio di Belpasso (Catania)

Luciano Mirone