A Belpasso (Catania) l’attuale sindaco Daniele Motta decide di rinunciare alla ricandidatura e lascia “campo libero” al suo predecessore Carlo Caputo (attuale presidente del Parco dell’Etna) che si candiderà al suo posto. La decisione era nell’aria da tempo: alla domanda, “allora signor sindaco, si ricandiderà?”, un giorno Motta rispondeva di sì, il giorno dopo l’esatto contrario, ma nel suo volto, in questo quinquennio, si è sempre letta l’amarezza di chi ha problemi non poco agevoli nel gestire la propria maggioranza.

Una maggioranza apparentemente granitica (si pensi che in Consiglio comunale la destra amministra e fa contemporaneamente opposizione, senza un solo consigliere eletto dall’altra parte), ma difficilmente governabile per le lotte venutesi a creare al suo interno.

A questo bisogna aggiungere che il sindaco ha dovuto amministrare per ben due anni in una condizione di estrema difficoltà causata dalla pandemia. Se l’è cavata con dignità, senza farsi prendere dal panico, andando avanti, ben consapevole che il suo programma avrebbe subito inevitabili ridimensionamenti.

Eppure qualche buon risultato lo ha portato a casa, specie i soldi del Pnrr, che serviranno a realizzare il Bosco Sciaraviva (richiesto a gran voce da molte associazioni della città), a riqualificare qualche impianto sportivo e scolastico, a dare dei servizi alle frazioni (ma sul bilancio complessivo dell’Amministrazione Motta cercheremo di essere più esaurienti a fine mandato).

Motta ha gestito dignitosamente l’ordinaria amministrazione (il servizio di nettezza urbana, le scuole e diverso altro) in condizioni finanziarie precarie, come ormai succede a tutti i sindaci dell’Isola.

Secondo noi, invece di fargli la guerra, parte della sua coalizione (di cui il gruppo Caputo, a parere dei Cinque Stelle di Belpasso, è parte attiva), avrebbe dovuto farlo lavorare in pace e avrebbe dovuto incoraggiarlo a proseguire il cammino intrapreso nel 2018. Una seconda possibilità si dà sempre ad un sindaco uscente. Non è stato fatto, come se si fosse trattato di un bilancio fallimentare a tutti i livelli.

Adesso Motta pubblicamente adduce motivi personali, ma intimamente siamo convinti che attribuisca a ben altre ragioni le cause della sua rinuncia.

Detto questo, crediamo che la causa di questi ultimi sviluppi non siano attribuibili solo al “fuoco amico”, ma al temperamento dello stesso sindaco: troppo indulgente con chi sta dalla sua parte, troppo intollerante (al limite del cinismo) con chi, anche lealmente, lo critica. Come dimenticare certi atteggiamenti sconclusionati contro “i giornalisti politicizzati”, e certe censure gestite con discrezione, ma portate avanti in modo implacabile e deciso?

La verità è che Daniele Motta – cattolico praticante ed ex democristiano – del suo vecchio partito (almeno della migliore tradizione di esso) ha dimenticato il gusto del dialogo con chi è diverso da lui, prendendo quella dose di intolleranza della destra alla quale ha deciso di appartenere (dopo una stagione nel centrosinistra con la Margherita), che ha fatto di lui un politico ibrido dall’identità indefinita.

Il sindaco di Belpasso non ha capito che avrebbe dovuto essere più inflessibile coi suoi e meno arrogante con i giornali che lui definisce “politicizzati”, solo perché hanno il gusto di non intrupparsi, e che, malgrado le stilettate subite, hanno sempre pubblicato i suoi comunicati, le sue interviste (non poche), i suoi sfoghi.

Certo – ripetiamo –, la pandemia gli ha creato non pochi problemi amministrativi, ma Motta avrebbe potuto e dovuto lasciare una traccia indelebile sul Piano regolatore (Prg), lo strumento urbanistico che misura la capacità o l’incapacità di programmazione di una amministrazione.

Non lo ha fatto (almeno finora, ma temiamo che anche se dovesse farlo nei prossimi mesi sarà troppo tardi), malgrado le sollecitazioni di una parte della Società civile.

Se Motta – in perfetta coerenza col suo predecessore Caputo – ha deciso di rimanere impantanato su un punto strategico come questo, in questo caso la colpa non è né della pandemia né della “stampa politicizzata”, ma solo sua, che fin dal 2018 (un periodo ben lontano dal Covid) avrebbe potuto programmare e non ha voluto farlo. Ha deciso di prestare la sua immagine di persona perbene a chi – per ragioni facilmente intuibili – si oppone ad una nuova stesura del Prg, dopo vent’anni dalla sua scadenza.

In ogni caso, Motta avrebbe dovuto sfruttare questi ultimi mesi di sindacatura per giocarsi il tutto per tutto e ricandidarsi. Non sappiamo come sarebbe finita, ma avrebbe dovuto giocarsela, denunciando chi ha cercato di soffiare sul fuoco in questi anni. Invece ha preferito cedere alla “cultura dell’appartenenza”, micidiale antidoto per una vera democrazia compiuta.

Con questa nuova candidatura, la leadership di Carlo Caputo a Belpasso si consolida e quella coalizione politica – come sta succedendo in tutta Italia – vira decisamente a destra. Chissà se nell’ultimo lustro, lo stesso Caputo non sia rinsavito e abbia compreso che la politica non è solo differenziata, statue, promesse non mantenute, farmacie perse, parcheggi fantasma, attacchi al “nemico” e Social network (cose che ha gestito egregiamente), ma turismo, giovani, spazi verdi, paese a misura d’uomo, lotta alla cementificazione, all’abusivismo selvaggio e soprattutto politica seria.

Nell’attesa di vedere uscire dalla decadenza una cittadina che un tempo era un fiore all’occhiello dell’intera provincia, non ci resta che fare gli auguri al sindaco uscente e a chi si candida per prendere il suo posto.

Nella foto: il nuovo candidato della destra di Belpasso (Catania), Carlo Caputo, attuale presidente del Parco dell’Etna

Luciano Mirone