La Cgil di Catania sostiene lo sciopero di otto ore proclamato dal coordinamento sindacale nazionale ST, che il 29 settembre coinvolgerà anche i circa 5000 lavoratori dello stabilimento etneo della St Microelectronics. E ricorda “la necessità che la politica industriale cittadina riprenda la giusta considerazione da parte delle istituzioni in termini di strategia e programmazione”.

La STM a Catania svolge un ruolo chiave nella produzione di semiconduttori avanzati e di altri prodotti specializzati. Lo stabilimento di Catania contribuisce alla fornitura di componenti elettronici per una vasta gamma di settori, come l’automotive, l’elettronica di consumo e l’industria.

“La sua presenza in città”, secondo il sindacato catanese, “è di certo significativa, per diverse ragioni strategiche: investe in attività di ricerca e sviluppo per determinare tecnologie all’avanguardia per rimanere competitivi nel mercato globale dei semiconduttori, collabora proficuamente con l’università locale e istituti di ricerca di altissimo livello”.

“È un centro di competenza tecnologico al centro del Mediterraneo – spiega la Cgil etnea – , nonché uno dei principali player nell’industria dei semiconduttori nel mondo. È dunque necessario il riconoscimento professionalità interne delle lavoratrici e dei lavoratori”.

“Ma il rinnovo del contratto integrativo – aggiunge il sindacato – e l’alleggerimento dei carichi di lavoro a parità di salario attraverso, anche la riduzione oraria, sono elementi di strategicità che un’ azienda all’avanguardia quale è STM non può non tenere in considerazione”.

“Per tutte queste ragioni – afferma il sindacato -, il segretario generale della Camera del Lavoro di Catania, Carmelo De Caudo, e la segreteria confederale, sono convinti della giustezza delle rivendicazioni della Fiom Cgil (il sindacato dei metalmeccanici) adottate per motivare la protesta”. 

“La trattativa in corso e l’inspiegabile irrigidimento dell’azienda – dice Carmelo De Caudo -, non ci fanno però dimenticare il ruolo delle istituzioni locali che dovrebbero essere più attive su tutto quello che ruota attorno a quello che ancora oggi chiamiamo Etna Valley. Da anni la Cgil chiede, rimanendo inascoltata, una strategia istituzionale vera, concordata con le parti sociali in causa e finalmente pianificata. Una strategia che comprenda la messa in sicurezza della Zona industriale e la definizione dei contorni degli investimenti. Serve un piano industriale organico di sviluppo dell’area, in armonia con le infrastrutture della Sicilia orientale utilizzando anche la progettualità privata che offre, fra gli altri, il PNRR. Serve dunque un piano per l’industria nella nostra città. Regione e Comune non possono continuare con la politica delle emergenze”.

Redazione