“Storie dell’altro ieri” (Algra editore, 104 pagg.) è il nuovo libro di Gianni De Luca, che verrà presentato venerdì 8 settembre 2023 alle 19 nel salone del Circolo operai di Belpasso (Catania). Modera la giornalista Katya Maugeri, dialoga con l’autore e con i presenti per “testimonianze di una identità condivisa” Nino Bellia. Interviene il prof. Paolo Giansiracusa. Letture a cura di Agata Longo e di Silvia De Luca.
In questo volume l’autore prosegue la narrazione iniziata con “Pagine della memoria”, che alcuni anni fa colpì perfino il grande belpassese Pippo Caruso, Maestro d’orchestra delle trasmissioni Rai più fortunate di Pippo Baudo. Durante la lettura di quei brani, il musicista, da Roma (sua città di adozione), non resistette alla tentazione di scrivere una lettera all’autore : “Caro De Luca, mi staiu arricriannu”, frase che sta tra il “mi sto divertendo” e un quid di cui i più grandi cultori della lingua italiana non sono ancora riusciti a tradurre l’essenza.
In realtà, quella di De Luca è una letteratura “spontaneamente ironica”, sia attraverso la prosa, sia attraverso il racconto orale, in quanto ironico, istrionico e scoppiettante è il personaggio che la produce, quando scrive e quando parla.
“Storie dell’altro ieri”, come riportato nel libro, “narra vicende e circostanze più o meno seriose che l’Autore ha fissato tra i suoi ricordi e che ora trascrive per una sorta di ‘racconto’ della memoria”.
Memoria di una Belpasso che fu, con i suoi personaggi e le sue storie, che “bastano – si legge ancora – a rievocare un’identità condivisa e quel senso di collettività e di appartenenza dell’altro ieri”. Categorie dello spirito, aggiungiamo noi, oggi soltanto “celebrabili” poiché molto della Belpasso di un tempo è sparito sotto i colpi delle ruspe, del cemento, dell’affare e dell’indifferenza.
Il libro di De Luca (definito “il templare e il guerriero di Belpasso” dal prefatore Nino Bellia) ha il merito di raccontare ai giovani un passato a misura d’uomo in cui ognuno era chiamato col “pecco” di famiglia e in cui tutti erano partecipi di un senso di comunità, di identità e di appartenenza di cui le generazioni passate furono straordinarie depositarie. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta. Complimenti quindi a Gianni… e che questa nuova opera possa fare “arricriare” (e riflettere) tutti. Quello che segue, un brano del libro. (Luciano Mirone)
‘A fotografia du marasciallu Magnesa
“Era un’afosa serata di luglio. Nel piano della Matrice cominciava ad affluire la gente per una sera di spettacolo dell’estate belpassese. Avevo notato il maresciallo Magnesa che, avanti negli anni, camminava a rilento, ansimando. Un vigile di servizio gli chiese come stesse. A stento riuscì a proferire qualche parola, quasi incomprensibile. Bisognava accompagnarlo a casa, non avrebbe retto la salita Bufali e su fino all’Armi o Priatoriu, dove abitava, nella palazzina costruita al posto del mulino, a due passi dai miei suoceri.
Io ero intento agli ultimi ritocchi della serata, le ultime cose da fare. Avevo la 127 posteggiata lì vicino, pensai che avrei fatto in fretta e lo feci salire sulla macchina per accompagnarlo. Durante la strada non disse nulla; penso che si stesse riprendendo dalla stanchezza per la fatica della strada fatta a piedi (da dove veniva?); aveva, insomma, ‘a panzasciata.
Giunti davanti casa, feci per salutarlo e lo invitai a scendere (avevo fretta di tornare in piazza).
– «Ma lei comu si’ chiama… A cu’ apparteni?» – mi disse con un filo di voce. – «Non importa – replicai – ho premura di tornare in piazza, deve iniziare lo spettacolo… Ho alcune incombenze da fare!».
– «Mi deve dire chi è lei, devo sapere chi devo ringraziare!».
Pensai che l’unica persona che potesse conoscere fosse mio nonno Angelo; forse neppure mio padre, che in paese conoscevano tutti.
– «Sono il nipote di Angelo Lipera, che faceva il barbiere e ora è maresciallo delle guardie giurate, quelli che fanno la vigilanza davanti la banca. È ‘u cumannanti, vah…!».
– «Ah… bravu… allora deve salire, debbo mostrargli una cosa!».
Stavo già imprecando mentalmente. Avevo premura. Il mio pensiero era rivolto alla piazza: se non fossi arrivato io, non sarebbe potuto iniziare lo spettacolo. Cosa dovevo fare? Mollarlo e scappare in piazza, mi sembrava male lasciare ‘ntridici quel vecchietto. Scendemmo dalla macchina. Per salire la rampa di scale che portava al suo appartamento ci mise circa un quarto d’ora. Entrammo nel corridoio che portava alla camera da letto.
Sul cantaranu c’era un quadretto con una foto che ritraeva i componenti di un’orchestrina, ognuno dei quali teneva in mano il proprio strumento musicale. Mi fece cenno di prenderla. Grandi furono lo stupore e la gioia nel vedere ritratti mio nonno Angelo all’età di dieci anni, il padre (‘u nunnu Vrasi) e i componenti della sua orchestra: il maresciallo Magnesa, nel fiore degli anni, don Saru Arcifa, don Janittu Manuli, don Lucianu Scaghetta. Insomma, tutta la rinomata orchestra di don Vrasi ‘u Giuliu che suonava ‘nto Club e appressu ‘u Signuri mottu.
Era una foto del 1920. Gli chiesi subito se potessi averla in prestito per farne una copia. In famiglia non l’avevamo. Era un ricordo bellissimo di un’epoca passata per sempre. Il maresciallo acconsentì, ma a un patto: che al più presto la restituissi perché teneva tanto a quella foto; e aggiunse: – «È un caro ricordo della mia vita. Si figuri che quando andai in guerra in Abissinia questa foto la tenevo sul comodino, vicino al letto dove dormivo, perché mi ricordava Belpasso».
Restai immobile. Avevo dimenticato lo spettacolo e tutto. Mi resi conto che sorta di persone fossero stati i belpassesi dei tempi passati. Non feci in tempo, però, a restituire il quadretto con la foto, come avevo promesso. Dopo qualche giorno il maresciallo Magnesa morì, lasciandomi oltre alla «sua» foto una lezione di vita” (Gianni De Luca).
Redazione
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