Sfoderando cartelli con su scritto “Niente agricoltori, niente cibo, niente futuro”, anche gli agricoltori maltesi hanno dato il via ad una protesta – alla guida di trattori, camion e rimorchi – sulla scia della rivolta dei trattori che continua a tener testa già da parecchi giorni in diverse regioni europee, provocando non pochi disagi ed ingorghi protratti per diverse ore, per le già affollate vie di transito di Malta.
L’agricoltore e portavoce dei manifestanti Michael Caruana ha raccontato ai microfoni delle maggiori testate giornalistiche nazionali di aver affrontato molte sfide nel corso della sua vita in merito alla coltivazione di patate ed alla loro conseguente esportazione. Così come lui, molti altri agricoltori maltesi – per la prima volta in 40 anni – sono scesi sì “in campo”, ma per rivendicare le loro condizioni ed il loro malcontento per bassi salari percepiti, per le rigorose normative da seguire per l’esportazione del prodotto locale, nonché per l’afflusso di importazioni agricole a basso costo.
“L’Europa ha impiegato anni per arrivare al punto in cui si trova e vietare le sostanze chimiche pericolose. Ma in molti casi per i prodotti agricoli coltivati al di fuori dell’UE, si possono utilizzare tali sostanze chimiche, e poi essere venduti in Europa. La rabbia di molti miei paesani è legittima. Sono passati tanti anni in cui il problema è stato ignorato dai nostri leader politici […]”, ha dichiarato Caruana, preoccupato non poco per l’aumento delle spese contrapposto poi ad una produzione agricola che invece diminuisce.
In effetti, negli ultimi anni l’Unione Europea ha firmato diversi accordi di libero scambio, rimuovendo di fatto le barriere commerciali per vari prodotti extra-UE, ma al tempo stesso ha introdotto norme più severe per gli agricoltori europei, tra cui il divieto per l’utilizzo di antibiotici sul bestiame e di colture OGM.
Immediato l’intervento del Premier maltese Robert Abela nel rispondere alle preoccupazioni dei contadini, innescando persino un acceso dibattito sulla necessità di incorporare i prodotti degli agricoltori locali nel programma di “stabilizzazione prezzi” – che prevede un calmiere sui prezzi su prodotti definiti essenziali ed immessi sul mercato locale – in atto già da qualche giorno, al momento rivolto esclusivamente alle grandi distribuzioni alimentari. Non si sono fatte attendere le polemiche dall’opposizione Nazionalista che ha accusato il Governo di “false promesse”, come “un padre che tenta di acquietare il figlio con la promessa di caramelle”.
E se tutte queste polemiche poi non bastassero, s’aggiunge di nuovo l’annosa questione che riguarda la vendita di terreni per uso agricolo.
Secondo l’ufficio statistico della Commissione Europea infatti, i terreni agricoli a Malta costano ben 22 volte di più rispetto al resto della UE; il tutto sembrerebbe giustificarsi con la disponibilità limitata di terreni sull’isola; tuttavia non bisogna ignorare una certa “pressione” da parte di compratori per l’acquisto dei lotti, destinati poi ad usi alternativi – in fondo, perchè non costruire un ennesimo comprensorio abitativo, rivendendo a prezzi alle stelle?
Il caso è al centro dell’attenzione già da alcuni anni – caso persino arrivato in tribunale – in particolare quando gli agricoltori si sono realmente resi conto che i lotti di terreno venissero venduti al miglior offerente come “terreni ricreativi”, come indicato negli atti.
La preoccupazione dunque è che questo non solo limiti ulteriormente la terra disponibile per scopi agricoli, ma facendo salire i prezzi – se si considera che gli agricoltori maltesi realizzano un profitto medio di soli 200 euro su ogni tumulo di terreno coltivato che, nelle buone annate, produce appena tre raccolti in un anno – diventerà impossibile per le generazioni future possedere la propria terra. Tempi duri, insomma, e che non accennano ad attenuarsi.
Valentina Contavalle
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