In occasione del trentaduesimo anniversario della strage di via D’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, a Catania Fratelli d’Italia organizza un convegno con un titolo tratto da una famosa frase del magistrato assassinato: “Parlate di mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”, cui parteciperà tutto lo stato maggiore del partito, con la benedizione di Giorgia Meloni impegnata in chissà quale vertice internazionale, dopo la grana scoppiata all’interno della stessa destra per l’inchiesta di Fanpage sulle azioni violente del neofascismo nostrano.

La locandina del convegno di Fratelli d’Italia. Sopra: l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi assieme a Marcello Dell’Utri, fondatore di Forza Italia

Non sappiamo con quale stato d’animo Fdl si presenterà al suo popolo, ma certo non sarà facile continuare a raccontare la solita storiella del Borsellino “uomo di destra”, dopo l’intitolazione dell’aeroporto Malpensa di Milano a Silvio Berlusconi (condita dall’abolizione del reato di abuso d’ufficio).

Non sarà facile, perché questa narrazione non convince più nemmeno lo zoccolo duro della destra italiana, mentre non conosciamo ancora la reazione dei cosiddetti “moderati”.

Se Borsellino, prima di morire, aveva fatto proclami di simpatizzare per la destra, era successo in un’era politica completamente diversa, quando Giorgio Almirante – benché ex esponente della Repubblica di Salò e della Decima Mas –, col 3 per cento del “suo” Movimento sociale italiano, si era posto orgogliosamente all’opposizione della “politica corrotta e collusa” della Prima Repubblica (come la definiva), recandosi perfino ai funerali del suo eterno avversario Enrico Berlinguer, ex segretario del partito comunista italiano. Altra epoca.

La posizione di Borsellino la spiegò una volta un grande intellettuale come Vincenzo Consolo: “Era il periodo della ‘Guerra fredda’ – disse lo scrittore di Sant’Agata di Militello – . Paolo affermava di essere di destra: da un lato detestava il comunismo sovietico e dall’altro la Dc di Andreotti (che lui conosceva bene attraverso le inchieste su mafia e politica). Nel frattempo, quando ancora Berlusconi era un semplice imprenditore, rilasciava interviste alle televisioni straniere sia contro il Cavaliere, sia contro il suo fidato braccio destro Marcello Dell’Utri (fondatore di Forza Italia e condannato molti anni dopo a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, ndr.). Se fosse sopravvissuto all’infausta stagione della Seconda Repubblica (con Berlusconi presidente del Consiglio, la nuova destra al potere e lo sdoganamento di mafia, P2 e corruzione, nonché alle numerose leggi ad personam), Borsellino sarebbe rimasto nauseato dal nuovo ordine politico e ne avrebbe certamente preso le distanze”.

Quello che Borsellino non poteva sapere (sarebbe morto prima) è che paradossalmente i leader della “nuova destra” Berlusconi e Dell’Utri sarebbero stati indagati come mandanti esterni delle stragi del ’92-‘93, con una posizione archiviata qualche tempo dopo, su cui tuttavia, alcuni mesi fa, i magistrati hanno deciso di fare ulteriore chiarezza con un approfondimento del ruolo dell’ex presidente del Consiglio e del suo principale collaboratore.  

Il giudice Paolo Borsellino ad una fiaccolata contro la mafia

Giovedì 18 luglio al Romano Palace Luxory Hotel di Catania, non vorremmo essere nei panni degli esponenti più rappresentativi della destra italiana e siciliana: il presidente della Regione Renato Schifani, il senatore Salvo Pogliese (ex sindaco di Catania), il vice presidente di Fdl alla Camera dei deputati Manlio Messina, il presidente dell’Assemblea regionale siciliana Gaetano Galvagno, il sindaco di Catania Enrico Trantino, che porteranno i saluti istituzionali. Seguirà il dibattito su “Paolo e Giovanni: la forza del coraggio fra solitudine e ricerca della verità”.

Non sarà facile per Tommaso Foti, Giovanni Donzelli, Arianna Meloni e Chiara Colosimo (quest’ultima presidente della Commissione parlamentare antimafia), fra il folto parterre di relatori, raccontare la storia dell'”imprenditore che si è fatto da solo e che ha salvato l’Italia dai comunisti”. Ma in questo caso, la vera “benedizione” non arriverà da Giorgia, ma direttamente da Silvio, dall’aldilà, o magari… da Malpensa.

Luciano Mirone