Marco Müller è attualmente il più blasonato dei direttori artistici in circolazione:Pesaro, Locarno, Venezia, Roma e adesso ha aggiunto al suo palmarès il Taormina Film Festival che si è appena concluso. Una edizione che ha pescato tanto nel passato, che è stata teatro di numerose anteprime nazionali e anche di qualche produzione internazionale. Una rassegna che ha avuto come protagonista la filmografia siciliana, vecchia e nuova e come principale attore il Mediterraneo.

“Il Mediterraneo diventerà, anche per una questione geopolitica, fondamentale. È cresciuto molto anche dal punto di vista cinematografico, insieme alla Turchia, alla Grecia e all’Egitto. Il problema era creare il luogo d’incontro ideale e soprattutto credibile per tutti questi paesi. Ci hanno provato tanti amici che ho nei Balcani, ci ha provato a lungo Salonicco, ci ha provato Istanbul. Altri festival del Nord Africa hanno cercato di raccogliere l’eredità di quelle che sono state le grandi giornate cinematografiche di Cartagine. Però, ogni volta, quelli erano luoghi di incontro e di raccolta di una sola parte di cinema del Mediterraneo. La Sicilia che sta proprio in mezzo al Mediterraneo potrebbe riuscire nell’intento di combinare tutti questi elementi” confida Muller durante una pausa del tour de force di saluti e strette di mano di questi nove giorni di Festival.

Lei ha avuto il merito di riaccendere i riflettori su Taormina. Soddisfatto?

In parte. Sono diversi anni che sono fuori dalle logiche produttive, distributive e di promozione del cinema in Italia. Quindi ho dovuto prendere la temperatura e cercare di rendere di nuovo attraente il festival di Taormina agli occhi dei distributori italiani. Per questo devo veramente ringraziare Warner, Universal, Rai Cinema e la nuova nata Be Water, perché hanno creduto in noi e in qualche modo nel Taormina Festival.

Non solo anteprime, lei ha attinto tanto anche al passato.

È stato fondamentale. Io davvero ci credo nel fatto che la Sicilia è stata in passato il laboratorio di una certa modernità. Basti pensare ai documentari di Francesco Alliata quanto più audaci e sperimentali si possa pensare. Tonnara, giusto per fare un esempio. Questo visionario, un folle innovatore che inventa una camera sottomarina, si tuffa nella camera della morte di una tonnara e filma la pesca al tonno, in mezzo ai tonni. Uno deve anche rivendicare queste cose. Per la prima volta abbiamo visto in Italia insieme le due versioni italiana e americana di Vulcano e Volcano. E poi, ho subito detto alla Cineteca Nazionale di Bologna, se io avrò un futuro con Taormina, per cortesia, restauriamo le altre cose, a cominciare dai cappa e spada di Pino Mercanti.

Il pubblico come ha reagito?

Sono sbalordito dall’età media dei nostri spettatori che era superiore ai 30 anni. Questo è strano in un festival che ha bisogno degli spettatori giovani, sensibili, che poi diventano i moltiplicatori di quella passione che è il cinema.

La programmazione scelta per il Teatro Antico è stata rivolta ai giovani.

Io ho sempre guardato a Taormina come un sogno possibile perché ha la sala all’aperto più bella del mondo. Come film di apertura abbiamo pensato a Twisters, un film giovane, di un regista giovane, con degli attori giovani, teoricamente, idoli degli spettatori giovani. Oppure la commedia sentimentale di Corrado Ceron, L’invenzione di noi due.
 
Come immagina il futuro del Festival?
 
Se il Festival vorrà continuare nella direzione che abbraccia le sue due componenti, quella di spettacolo e di anteprime dei grandi film dell’estate, da un lato, e dall’altra, di un Festival che cerca di mappare alcune situazioni che, per me, per forza, devono coincidere con il sud del mondo e, in particolare, con il Mediterraneo, forse, sarebbe opportuno magari pensare a due momenti distinti.
 
Vorrebbe fare il Festival in un momento diverso?

Penso alla destagionalizzazione delle tante iniziative che tra l’altro, andrebbe nella direzione auspicata dalle istituzioni regionali e comunali. Anche perché Taormina è stata, storicamente, la località di villeggiatura d’inverno.
 
Un Festival invernale?

C’era riuscito solo una volta Enrico Ghezzi. Aveva rinunciato all’edizione estiva facendo invece una gran bella edizione invernale. Probabilmente, sarebbe anche più giusto separare i due momenti.

Ha riconfermato la sua direzione?

Non ancora. Per ora so soltanto una cosa. Sono felicissimo di avere tante cose da fare in Cina. Sono il produttore creativo di un film cinese che va in concorso Giovani Registi a San Sebastian.
 
Un film che ha scelto e che potrebbe avere successo?

Touch di Baltasar Kormákur potrebbe avere un ottimo riscontro di pubblico perché secondo me ha tutte le carte in regola per diventare il Past Lives di quest’anno.

Il momento più emozionante di questo festival?

Ce ne sono stati tanti. Ad esempio gli incontri dei registi con gli spettatori sensibili e attenti al cinema.

Avrei giurato che avrebbe risposto quando Ficarra e Picone sul palco del Teatro Antico l’hanno ringraziata per aver preso un loro film in un suo Festival.

Non solo, li ho portati anche in Cina dove hanno vinto il premio del pubblico e sono diventati immediatamente una coppia riconoscibile e distribuita anche in Cina. E tra l’altro abbiamo anche dovuto inventarci il modo giusto per far vedere il film senza che la censura capisse che si parlava anche di loro. Non scrive mai nessuno che L’ora legale è stata distribuita in Cina. Che non accade spesso, diciamo, per un film italiano.

Nella foto: il direttore artistico del Taormina Film Festival, Marco Muller

Pino Gagliardi (tratto da Ciak)