“Mistretta diventi patrimonio Unesco dell’Umanità”. L’appello lanciato in questi giorni da L’Informazione è stato accolto con grande entusiasmo da tanta gente e rilanciato dalla Pro Loco di questo centro posto nel cuore dei Nebrodi in provincia di Messina, attraverso una petizione partita sulla piattaforma change.org che, fin dalle prime ore, registra centinaia di firme che speriamo possano diventare tante migliaia.
Ovviamente non abbiamo la pretesa di sostituirci alla politica o agli abitanti di Mistretta, i veri e unici titolati per portare avanti iniziative del genere, ma se questo giornale può servire alla causa, lo si ritenga a disposizione.
Ci sia consentito tuttavia di ricordare con orgoglio una frase che Rita Borsellino scrisse nella prefazione di un libro del sottoscritto: “La stampa, se usata bene, può essere un valido mezzo per il cambiamento”. Non abbiamo la pretesa di essere i detentori del cambiamento, ma quello che è successo in questi giorni, forse, lascia delle buone speranze (anche se è ancora molto presto per dirlo), che bisogna fare di tutto per non fare degenerare nell’illusione o nella disillusione (come purtroppo in Sicilia accade di sovente).
Cosa vogliamo dire? Che a prescindere dalla richiesta del prestigioso riconoscimento (non facile da ottenere, è bene dirlo, specie se si pensa che l’Italia, assieme alla Cina, è la Nazione a inoltrare annualmente più domande) bisogna rimboccarsi le maniche per fare di Mistretta – che presenta caratteristiche davvero uniche – un luogo di attrazione del turismo mondiale attraverso tante vie. Quella dell’Unesco bisogna percorrerla fino in fondo. Per far questo bisogna cercare di coinvolgere l’intera comunità, assieme ad altre, poiché Mistretta è patrimonio dei suoi abitanti sì, ma anche del resto del pianeta.
Dopo l’appello ai governi nazionale, regionale e locale che abbiamo fatto nelle scorse settimane, la nostra redazione è stata raggiunta da tante telefonate di cittadini comuni, di operatori turistici e di personalità del mondo della politica e della cultura che hanno a cuore il futuro di questo centro di oltre 4mila abitanti posizionato a oltre 900 metri sul livello del mare.
L’appello di inserirla nei siti dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura non è casuale: un tempo Mistretta era la “Città imperiale” di Federico II, sia per la sua posizione strategica fra Messina e Palermo, sia per la sua civiltà che ancora oggi – malgrado il tempo trascorso – si rispecchia nello splendore del suo esteso centro storico, fino ad alcuni decenni fa luogo di residenza di oltre 20 mila abitanti (ecco perché Mistretta non può essere considerata un “borgo”).
Un centro storico costruito interamente con la pietra dorata: le sue strade, i suoi vicoli, le sue balaustre, i suoi abbeveratoi, le sue chiese, i suoi sontuosi palazzi, le sue umili case di contadini, di pastori e di operai. Per questo legame inscindibile con la pietra, non a caso, lo scalpellino Gaetano Russo, alcuni anni fa, è stato definito “tesoro umano vivente” dal dipartimento ai Beni culturali Patrimonio Unesco della Regione Sicilia.
Non sappiamo se questa petizione sarà recepita o se cadrà nel vuoto, sappiamo però che Mistretta non è un posto qualsiasi. E quando qualcuno obietta che altri centri siciliani come Taormina, Erice o Cefalù (ma in realtà anche Acireale e Caltagirone, aggiungiamo noi), meritano, al pari o più di Mistretta, di far parte del prestigioso elenco, rispondiamo che non esiste un metro di paragone, perché ognuna di queste cittadine possiede delle peculiarità che a nostro avviso meritano di essere poste all’attenzione dell’intellighenzia di tutto il mondo per essere valutate nel giusto modo. E però ci sia consentito dire che Mistretta ne possiede una che altre non hanno: l’isolamento.
Sembra un paradosso, ma è così: l’isolamento causato dalla posizione impervia in cui si trova, da un lato le ha impedito di progredire turisticamente, ma dall’altro le ha consentito di “cristallizzare” le varie civiltà da cui è stata dominata nel corso dei secoli: da quella greca a quella bizantina, da quella araba a quella normanna a quella sveva, con significative testimonianze ebraiche e barocche.
Ma una civiltà, fra tutte, merita una menzione d’onore, quella contadina, che mettiamo al pari delle altre, poiché Mistretta può essere considerata una testimonianza ancora vivente e palpitante di quell’era irripetibile e poetica che in questo luogo sperduto dei Nebrodi non si è del tutto estinta. Basta vedere i segni tangibili nella letturatura di Maria Messina, nelle ricerche antropologiche di Giuseppe Cocchiara, nelle stradine, nelle campagne, nelle stalle e negli allevamenti di tutto il territorio. Varie civiltà cristallizzate ed ibernate, come se il tempo non fosse mai trascorso.
Ecco perché bisogna porre Mistretta al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica non solo nazionale e spiegare che il “vero” non è il negozio del barbiere che vuole apparire antico, ma il negozio del barbiere che avendo conservato per cento anni l’insegna e l’arredamento di sempre è rimasto autenticamente antico. Non è il palazzo del 1300 rifatto con l’intonaco e il cemento (magari nascosto), ma il palazzo del 1300 (ben tenuto), con l’erba che cresce rigogliosa negli interstizi della pietra. Esempi di bello in entrambi i casi, ma due concetti di “vero” del tutto differenti.
Sembra un paradosso, ma è proprio l’handicap che per secoli ha isolato Mistretta a costituire la sua vera risorsa. Un esempio?
Per capirlo bisogna recarsi a Ravello, bellissimo paese situato su un monte che domina la costiera amalfitana, conosciuto in tutto il mondo per il festival della musica organizzato annualmente. Bisogna andarci per capire le difficoltà di transitare dall’unica arteria (impervia e strettissima) che collega il paese con la statale fino alla costiera (a sua volta precaria sotto tanti punti di vista). Eppure Ravello è diventato un esempio: grazie alla cultura si è posta all’attenzione mondiale: ci si reca al Festival, ma si visitano i suoi magnifici giardini, le sue bellissime chiese, le sue ceramiche, i suoi vicoli, i suoi dintorni.
Già, i dintorni. Naturalmente quando si propone Mistretta Patrimonio dell’Umanità, si fa riferimento anche alle straordinarie particolarità del territorio: i boschi, le cascate, le testimonianze archeologiche dell’antica città di Halaesa (IV secolo avanti Cristo), le eccellenze come la carne, i formaggi, i prodotti della terra, le ceramiche di Santo Stefano di Camastra, le opere d’arte contemporanea della Fiumara d’Arte, i borghi come Reitano, Motta d’Affermo, Pettineo, Tusa e tantissimo altro.
Beninteso. Questo non è né vuole apparire uno spot turistico, ma un invito a crederci, con la ferma convinzione che l’importante è piantare l’albero, avere idee, a prescindere dalle difficoltà e dalle intenzioni iniziali. Se si parte dalla bellezza, dalla cultura e dall’intelligenza i frutti arriveranno. Con umiltà, ma con determinazione.
Luciano Mirone
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