Ieri migliaia di cittadini di Messina (e qualche settimana fa di Reggio Calabria) sono scesi in piazza (per l’ennesima volta) per ribadire il loro No al Ponte sullo Stretto, con uno slogan che spiega meglio di qualsiasi cosa la drammatica situazione che vive la Sicilia: “Vogliamo l’acqua, non il Ponte”. Qualcuno, in coscienza, con l’emergenza siccità in corso da mesi, può dire che si tratti di uno slogan ideologico?

Invece di imporre un’opera così divisiva, invece di continuare con la Società Stretto di Messina che da decenni drena soldi allo Stato per progettazioni e tanto altro, perché il ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non si recano in Sicilia e in Calabria per sentire i reali bisogni della gente? Insomma, perché i nostri governanti non cominciano a fare politica?

Se qualcuno dissente da queste domande è pregato di spiegarne i motivi anche tramite email o comunicati stampa che possono inviare a questo giornale, come accade ogni giorno da parte di partiti politici, associazioni o semplici cittadini.

In caso contrario dobbiamo dedurre che si tratta di una protesta sacrosanta che la politica non può continuare ad ignorare, al netto delle svariate criticità, in certi casi veri e propri “strafalcioni”, come quello – per fare un “piccolo” esempio – di un Ponte che non consentirebbe a certe navi dotate di determinate altezze di passare dall’altra parte.

Tredici miliardi e 500 milioni di Euro è la cifra complessiva che questo governo ha stanziato per realizzare “l’opera più grande della storia d’Italia”.

Tra il 1981 e il 1997 sono stati spesi 135 miliardi di vecchie lire per vari studi di fattibilità (fonte Corriere della Sera). Nel 2003 si passa a oltre 130 milioni di Euro (fonte Corte dei Conti). Dieci anni dopo siamo ad oltre il doppio. Insomma un disastro.

Possibile che all’interno della maggioranza di centrodestra (specie fra i parlamentari calabresi e siciliani) non ci sia un sussulto che li porti a comprendere che quelle proteste vanno ascoltate? Possibile che non ci sia un progetto omogeneo ed unitario per fronteggiare le svariate emergenze che affliggono il Meridione, che potrebbe essere pagato con i soldi riservati al Ponte?

In questo caso una cosa è oggettivamente certa: l’infrastruttura che dovrebbe congiungere Sicilia e Calabria non è una priorità. Anche in questo caso desideriamo essere smentiti con argomenti seri. L’elenco delle vere emergenze è lungo: dall’acqua agli incendi, dalle strade alle ferrovie, dalla sanità alla scuola, dal risanamento dei quartieri dormitorio delle grandi città alla messa in sicurezza del territorio e dei centri abitati. Tutte queste cose certa politica le sa? Le sa! E allora?

Allora c’è una corrente di pensiero che dice che questo progetto (con tutte le criticità che contiene) non si realizzerà mai. In compenso si tiene in piedi la società Stretto di Messina che continua a pompare un mare di soldi e una narrazione che in campagna elettorale continua a dare i suoi frutti. 

Nella foto: lo Stretto di Messina visto dall’alto (immagine tratta da Envi.info)

Luciano Mirone