Alfonso Lo Cascio, presidente di Bcsicilia, 50 sedi sparse in tutta l’Isola con il fine di tutelare e valorizzare i beni culturali, cosa ne pensa della proposta de L’Informazione di inserire un luogo come Mistretta, col suo centro storico e i suoi dintorni, nel Patrimonio Unesco dell’Umanità?

“E’ un’idea straordinaria. Mistretta merita, è una bellissima cittadina, identificata come la ‘Città di pietra’. Bisogna dare atto alla rivista Centro storico e al suo fondatore, il prof. Nino Testagrossa, di aver promosso e fatto conoscere Mistretta al di fuori del suo ambito. Devo a lui la conoscenza e l’innamoramento per questo centro situato nel cuore dei monti Nebrodi a quasi mille metri sul livello del mare. Detto questo, bisogna puntualizzare che negli ultimi anni è cambiata la filosofia che sta alla base dell’iscrizione nel registro Unesco, che ha parametri di selezione molto rigorosi”.

Uno scorcio di Mistretta (Messina). Sopra: il presidente di Bcsicilia, Alfonso Lo Cascio (foto di Giuseppe Mazzola) 

Cioè?

“Un tempo il singolo bene (facciamo l’esempio della Villa del Casale di Piazza Armerina) poteva rientrare nell’elenco, oggi si tende a promuovere il territorio complessivo per sviluppare turismo, occupazione e salvaguardia. Di questa seconda filosofia fa parte Siracusa: quando si è deciso di promuoverla come patrimonio dell’Umanità, è stato il comprensorio ad essere coinvolto, non solo la città. Stessa cosa bisogna dire per il percorso arabo normanno di cui fanno parte Palermo, Monreale e Cefalù, che da quel momento hanno registrato uno sviluppo turistico ed economico straordinario. Mi rendo conto che in Sicilia quello che penalizza sono i campanili, le singole identità. Ma l’idea vincente è quella di pensare globalmente”.

Dal dibattito promosso su queste pagine, proiprio perché i parametri di selezione sono molto rigorosi, gradualmente sta uscendo fuori la proposta di promuovere Mistretta patrimonio Unesco, ma con un un allargamento a quel territorio (con Mistretta comune capofila) dove, in diversi paesi, sono dislocate diverse peculiarità: dall’immenso museo d’arte contemporanea della Fiumara d’Arte del mecenate Antonio Presti agli scavi dell’antica città greca di Halaesa alle ceramiche di Santo Stefano di Camastra a tanto altro.

“Ci si può lavorare, ma temo che anche questa soluzione non sia sufficiente. Bcsicilia di recente ha visitato gli scavi di Halaesa e il comune di cui il sito fa parte: Tusa. Tutto bello, ma la Sicilia è piena di archeologia, quindi non si tratta di un unicum”.

E quindi cosa pensa?

“Penso ai Nebrodi, con le sue caratteristiche artistiche, culturali, naturali ed enogastronomiche. Questa, credo, potrebbe essere la carta vincente: bisogna lasciare alle spalle l’idea del campanile ed abbracciare una visione molto più ampia. Credo che i Nebrodi abbiano le carte in regola per raggiungere l’obiettivo”.

Il Parco dei Nebrodi conta 24 comuni, quindi 24 sindaci che dovrebbero confrontarsi tra loro?

“Assolutamente sì”.

E se sorgono delle diffidenze o delle tensioni?

“E’ la scommessa di questa Terra: rinunciare a qualcosa per raggiungere un obiettivo alto. Bisogna rinunciare al piccolo orticello per valorizzare la propria comunità dentro il suo territorio. Il sistema del Parco delle Madonie fu osteggiato da tantissimi paesi, il Parco si fece lo stesso, loro non entrarono, ed ora farebbero carte false per farne parte. Alla fine i risultati arrivano. L’inserimento nel registro Unesco non dovrebbe essere il punto di arrivo, ma il punto di partenza di un percorso”.

Che vuol dire?

“Bisogna pensare che far parte dei siti Patrimonio dell’umanità costituisce un grande ritorno di immagine. Palermo, Cefalù e Monreale stanno ottenendo enormi risultati, perché viene proposto il pacchetto turistico del ‘percorso arabo normanno’ che porta gente che prima non avevi”.

Il “percorso arabo normanno”, però, si sviluppa in tre comuni e in una quarantina di chilometri, quello dei Nebrodi comprende tre province (Messina, Enna e Catania) e molti più chilometri. Non rischia di essere dispersivo?

“No. Fra alcuni giorni, come Bcsicilia, andremo a Mirto e Frazzanò, in provincia di Messina, dove ci sono delle bellissime opere d’arte. Un altro esempio è Fiumara d’Arte, uno straordinario contenitore presente in tutti i libri che parlano di arte contemporanea. Se a tutto questo aggiungiamo il percorso dei castelli, delle sculture, dell’enogastronomia e di tanto altro, possiamo creare un mare di itinerari. Bisogna adeguatamente mettere in rete e pubblicizzare tutto questo. Gli altri hanno il castello finto e lo vendono, noi abbiamo il castello vero e non riusciamo a venderlo”.

Che consiglio darebbe al sindaco e ai cittadini di Mistretta?

“Al sindaco di indire una riunione con tutti i colleghi dei Nebrodi, ai cittadini di organizzare, insieme al sindaco, un grosso convegno al quale invitare le autorità e le associazioni dei comuni interessati”.

Fra i tanti centri che ha visitato, ne esiste uno che porterebbe come modello di sviluppo turistico e culturale?

“Gangi, sulle Madonie, il cui nome, fino a trent’anni fa, era legato al banditismo e alla mafia. Oggi è un luogo accogliente grazie a diverse associazioni che hanno trasmesso una cultura nuova in merito all’immagine del paese. C’è un sindaco molto capace, Giuseppe Ferrarello, che si è speso con abilità cercando di coinvolgere le migliori intelligenze del paese (anche chi politicamente era contro) a questo progetto. Se oggi andiamo a Gangi, troviamo una cittadina turistica. Quando questo percorso nuovo è iniziato, in paese esistevano circa 60 posti letto, oggi ce ne sono quasi 700”.

Quindi Gangi ce l’ha fatta da sola?

“Certo. Bisogna ritrovare il senso della comunità che non appartiene a una singola persona, ma a tutti. A Gangi sono riusciti a vendere le case a 1 Euro, con l’obbligo di ristrutturarle entro due anni”.

Questo non è in contraddizione con quanto ha detto poc’anzi, cioè che bisogna lavorare  in sinergia per il territorio?

“Credo che non ci sia incompatibilità tra le due cose: bisogna cercare di migliorare la propria comunità anche da soli, come è successo a Gangi, ma per un progetto ambizioso come l’inserimento nei siti dell’Unesco, bisogna lavorare in rete. Un filosofo tedesco diceva che lavorare per l’interesse collettivo porta sempre al raggiungimento degli obiettivi personali”.

Luciano Mirone