“Esami diagnostici a pagamento con un extra costo rispetto a chi ha un ticket in esenzione totale, giustificato dalle strutture convenzionate come ‘tassa per le nuove tecnologie”. Lo denuncia la deputata del Movimento 5 Stelle all’Assemblea regionale siciliana Stefania Campo, che nelle scorse settimane si è recata presso una struttura sanitaria privata convenzionata con l’Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa e al momento dell’esibizione della ricetta medica, la struttura le ha chiesto un “extra costo” per poter effettuare l’esame con un apparecchio di ultima generazione.
“Insospettita dall’accaduto – si legge nella nota -, la deputata ha voluto approfondire la questione, interfacciandosi con altri pazienti e scoprendo un vero e proprio vaso di Pandora con un giro di extra costi che le strutture private del Ragusano, in convenzione con la locale ASP, continuano a richiedere ai pazienti, giustificando l’obolo ‘come tassa per poter utilizzare un macchinario di nuova generazione”.
Scatta l’interrogazione al presidente della Regione e all’Assssore Regionale per la Salute e la deputata afferma di aver scoperto che “nell’ambito del Piano straordinario per l’abbattimento delle Liste d’attesa e sulla scorta dei finanziamenti ricevuti dall’Assessorato regionale per la Salute, l’ASP di Ragusa ha comunicato lo scorso luglio di aver contrattualizzato con alcune strutture convenzionate 7 mila 244 prestazioni diagnostiche, di cui 1022 risonanze magnetiche; 834 Tac; e 5 mila 388 ecografie”.
“Nello scorso luglio – spiega il comunicato, l’Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa comunicava di aver arricchito il proprio parco tecnologico con un mammografo digitale che amplia e migliora l’offerta dell’Unità di screening mammografico e diagnostica senologica. L’apparecchiatura, che si trova all’ospedale ‘Maria Paternò Arezzo’ di Ragusa Ibla, ha una capacità in termini di risoluzione dell’immagine e di adeguatezza della diagnosi, di gran lunga superiore rispetto alle versioni precedenti”.
“La scorsa settimana – racconta la deputata regionale – mi sono recata, dopo ben sette mesi dalla prenotazione, in una struttura convenzionata nel comune di Comiso per effettuare una mammografia. In questa struttura mi viene proposto di pagare una cifra extra, nonostante l’esenzione, per effettuare l’esame con un mammografo 3D di ultima generazione”.
“Avendo obiettato – continua la poarlamentare 5 Stelle – che l’ambulatorio mi era stato assegnato automaticamente dal Centro Unico di Prenotazione e che se avessi voluto effettuare una prestazione a pagamento sicuramente non avrei aspettato sette mesi e l’avrei effettuata nel mio comune di residenza, mi viene risposto che allora sarei stata sottoposta a mammografia con l’apparecchiatura obsoleta, con l’avvertenza che, per le prossime visite, nonostante le prenotazioni del Cup, dovrà pagare ugualmente la prestazione”.
“Vengo inoltre a conoscenza – seguita Stefania Campo – che il medesimo costo extra ‘supplemento nuovi macchinari’ era stato proposto a tutte le altre donne in attesa. Un fatto gravissimo che, a quanto pare, avviene quotidianamente con migliaia di pazienti”.
“Considerato che le risorse stanziate dalla Regione per l’ASP di Ragusa per abbattere le liste d’attesa sono stimate in 3 milioni di euro, esigo immediati chiarimenti da parte della Regione Siciliana”.
Nella sua interrogazione la deputata Cinquestelle chiede alla Regione Siciliana se si è “a conoscenza che alcune strutture convenzionate chiedono agli utenti quella che può essere a tutti gli effetti definita una ‘tassa per le nuove tecnologie’; in che modo vengono spesi dall’ASP di Ragusa i circa 3 milioni stanziati per le oltre 7 mila convenzioni aggiuntive; se le convenzioni con le strutture private valgono solo per i macchinari obsoleti e non anche per gli apparecchi di ultima generazione in possesso delle strutture; se le risorse stanziate dalla Regione per l’ASP di Ragusa, stimate in 3 milioni di euro, siano state sottratte dalle risorse destinate al servizio sanitario pubblico; a quanto ammontano le risorse stanziate per l’ASP di Ragusa per gli anni 2022, 2023 e 2024 per il recupero delle liste d’attesa, e se sia stata rispettata (e in che modo) la ripartizione al 50 per cento tra pubblico e privato e ancora quali misure di controllo siano state adottate dalle strutture amministrative per evitare abusi o errori nella rendicontazione”.
Redazione
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