Al Comune di Mistretta (Messina), suo paese d’origine, esce come Antonino Camponazzi, ma nei libri esce come Antonino, Antonio o Nino Campanozzi (con la a e la o invertite rispetto al cognome originario). Fu un valoroso politico antifascista, poeta, drammaturgo e amico intimo di Luigi Pirandello e Nino Martoglio. Quest’ultimo, addirittura, una volta si recò fino a Torino per difendere il suo onore con un duello. Quello che segue è il profilo tracciato dal saggista Francesco Cuva (che, da buon mistrettese, lo indica come Camponazzi).

Antonino Campanozzi. Sopra: la targa del Partito socialista che a Roma, nel quartiere Testaccio, è stata dedicata a Campanozzi

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Il primo marzo 1871 a Mistretta spira un’aria quasi primaverile e la signora Gioacchina Rampulla, nata a Pettineo e sposata con Giuseppe Camponazzi di Napoli, dà alla luce Antonino[1], dopo Priamo Giovanni, classe 1869[2]. Lo registra all’anagrafe comunale il padre che a Mistretta dirige l’ufficio telegrafico[3].

La famiglia Camponazzi, trasferitasi a Canicattì, il 16 ottobre 1872 è allietata dalla venuta di  Michelangelo[4].

Giuseppe aspira a una sede migliore per l’avvenire dei figli, per cui ottiene il trasferimento a Catania.Nella città etnea i giovani Camponazzi frequentano con successo il ciclo scolastico. Universitari, accanto allo studio, manifestano un interesse per la politica, frequentando con assiduità gli ambienti laico-progressisti, e partecipando alle numerose manifestazioni contro le ingiustizie sociali, mentre Michelangelo contesta apertamente l’azione di Francesco Crispi che perseguita i rappresentati dei Fasci Siciliani.

Antonino trova la sua identità nello studio, nella ricerca e nella poesia, onde consegue la laurea nel 1896 in scienze naturali. Nel medesimo anno pubblica la sua prima silloge, Mors et vita, con prefazione di Mario Rapisardi, poeta dell’Apocalisse. Il  catanese fa un ritratto dell’amastratino (nome antico con il quale vengono definiti i cittadini di Mistretta, ndr.), definendolo un giovane umile che ha subito diverse traversie, ma che con la forza della volontà le ha superate. Aspira, perciò, a divenire un uomo di cultura, perché manifesta ottime qualità interiori. Aggiunge che oltre alla conoscenza delle scienze naturali ha una  spiccata sensibilità e un innato spirito poetico[5].

Nel 1898 l’amastratino ricambia la cortesia, facendosi promotore di un convegno sulla figura poetica di Mario Rapisardi nel trentennale del poema filosofico La Palingenesi[6], coinvolgendo studenti, professori e intellettuali e pubblicando gli atti.                              

Ritorna alla poesia nel 1900 con Fides e chiede ed ottiene la prefazione al filosofo Giovanni Bovio, amico di Rapisardi. In questa silloge, oltre a elogiare la madre passata a miglior vita, espone il suo pensiero sul positivismo che dovrebbe dare una svolta alla società.                                                                                  

Nel 1902, Nino Martoglio (1870-1921) lo invita a trasferirsi a Roma, in cui un gruppo di siciliani ha dato vita a un circolo di cultura e di lavoro con la partecipazione di Luigi Pirandello (1867-1936).

Martoglio con il drammaturgo di Agrigento si fa anche promotore del teatro dialettale e con la compagnia teatrale mette in scena  A Vilanza e Cappiddazzu pava tutto, richiamando l’attenzione di molti critici. Gli autori  rappresentano una Sicilia divertente e drammatica, un impasto derivante dalla comicità di Martoglio e dalla drammaticità di Pirandello. 

Luigi Pirandello

Anche Antonio ne una fa un’attenta e brillante recensione, sottolineando il nuovo linguaggio, filtrato attraverso il dialetto siciliano. Fra Camponazzi e Pirandello si sprigiona una sincera amicizia per affinità di carattere.               

Molte cose legano, difatti, Antonio e Luigi: la passione per la letteratura, il teatro e la politica. Il teatro è il mezzo diretto con il pubblico, la politica con il popolo.                     

Antonio s’inserisce nei ranghi romani del Partito socialista e Luigi ne approva l’impegno, atto a migliorare, con la cultura, la classe operaia, e di elevarne la spiritualità. Le teorie si tramutano in prassi e i siciliani presenti a Roma fondano Il Comitato per la cultura dei lavoratori e La società artistica cooperativa per il teatro del popolo, anche se i risultati sono modesti.                                                                                                           

Nel 1903 i due amici sono accomunati da un dramma che scuote le loro coscienze: il fratello di Antonio, Michelangelo, dopo aver conseguito a Catania la laurea in ingegneria, l’8 ottobre 1903 decide di recare dolore ai familiari; Luigi Pirandello entra in crisi esistenziale per motivi economici, artistici e familiari. Il dolore e la morte sono gli argomenti su cui i due amici dialogano e riflettono.

Per un atto consolatorio Pirandello regala al giovane Camponazzi il manoscritto del Fu Mattia Pascal[7].                                                                                                               

Dopo lo sbandamento esistenziale, Antonio e Luigi tornano a dibattere i vari problemi che affliggono la società e sono d’accordo nel ritenere che la politica debba trovare nella scienza un supporto per cambiare l’uomo e la società. Per questo il giovane amastratino si candida ed è eletto consigliere comunale a Roma. Nel 1910, essendo venuto a mancare il deputato Mazza, Antonio concorre nel primo collegio di Roma come deputato e vince con il  54%  dei voti contro Giovanni Villa 45,98%.

Il suo programma è basato sulle prospettive discusse e stilate con Pirandello: migliorare le condizione economiche dei lavoratori ed  educarli al senso civico, alla partecipazione politica nei civici consessi. Animoso in tutto ciò che fa e coerente con le sue scelte, fonda università per gli operai. Anche queste iniziative, però, non trovano grande riscontro.

Alle elezioni dell’ottobre 1913 a sfidarlo nel collegio è Luigi Federzoni (1878-1967), rappresentante del nascente partito nazionalista. Antonino perde il seggio, pur avendo conseguito il 47, 25% dei voti.

Nino Martoglio

Le sconfitte non lo scoraggiano, anzi lo animano sempre di più a far meglio. Torna così a interessarsi di letteratura e di teatro. Scrive commedie e farse, ammira Martoglio. Scrive la commedia, Racanata, ricevendo pure un elogio da parte di Antonio Gramsci.

Pirandello è entusiasta del lavoro dell’amico e scrive una lettera all’attore Ruggero Ruggeri affinché reciti la parte del protagonista della commedia.

 Nel novembre del 1919 si svolgono le elezioni e Antonio scende ancora in campo, sempre nel primo collegio di Roma e viene eletto deputato (i partiti di sinistra e i cattolici di don Luigi Sturzo riportano un grande successo): 150 deputati spettano al Partito Socialista, 100 ai popolari.                                                                                       

Antonio crede che stia per avverarsi il suo antico sogno, affermando che il socialismo libero da dogmi interpretativi e da schematismi ideologici possa aspirare alla guida dell’Italia. Invece, ancora le sue aspettative si frantumano alla luce della realtà.

Nel 1921, dirigenti, deputati e attivisti socialisti, attirati dal successo della Rivoluzione d’Ottobre in Russia, scelgono nel XVII congresso di Livorno la via del massimalismo.                                                                                      

Antonio assieme a Matteotti, Treves, Turati, Modigliani resta fedele agli antichi principi del socialismo e il 4 ottobre 1922 ha l’incarico di dirigere il quotidiano  “La Giustizia”, organo del P.S.S.U.I. (Partito Socialista  Italiano Unificato). Rivolgendosi ai suoi lettori e agli italiani invita tutti a cambiare mentalità se si vuole cambiare la  società:                          Facciamo sempre più vivo il senso di responsabilità e del dovere dal cui doveroso compimento scaturisce la forza del diritto. Perfezioniamo il nostro cervello con nuove cognizioni culturali, educhiamo la nostra forza produttiva a sempre migliori e maggiori cognizioni tecniche, diamo al lavoro che ci viene affidato attenzione, attività e intelligenza[8]

Intanto in Italia s’addensano nubi nere. Nel giro di pochi mesi, succedono cose molto  gravi: contestazioni, rivolte, scontri armati, violenze di ogni tipo. L’eclisse della ragione fa paura agli uomini razionali e sensibili, altri, invece, vogliono sperimentare altre vie e Vittorio Emanuele III nel 1922 dà l’incarico a Mussolini di formare il nuovo governo.

Si arriva al 6 aprile 1924, anno dei risvolti inimmaginabili: ultime elezioni  multipartitiche, assassinio di Giacomo Matteotti il 10 giugno da parte di una squadra fascista, iscrizione al partito fascista di Luigi Pirandello il 17 settembre. Questo atto simbolico dello scrittore  agrigentino causa incomprensioni e la rottura della ventennale amicizia con Antonio Camponazzi.                                                                                       

Le difficoltà economiche, sociali ed umane creano nell’animo di Antonio un turbamento continuo. Il suo disagio interiore aumenta con la mancata vendita del giornale che dirige. Da quotidiano, “La Giustizia”, diviene settimanale, poi quindicinale, infine direttore e redattori sono costretti a chiuderlo.

Per campare l’ex deputato Camponazzi è costretto a vendere materiale elettrico. Pur vivendo nella povertà e nella solitudine, un delatore lo denunzia con l’accusa infamante  di essere un sovversivo e la burocrazia fascista, presieduta dal prefetto Paolo D’Ancona, il 7 dicembre 1926, lo condanna a cinque anni di confino a Orune (Nuoro).

Accetta anche questa umiliazione, pur dichiarandosi estraneo a ciò che la commissione provinciale per l’assegnazione del confino di polizia gli contesta. Nella cittadina della Barbagia si crea un suo spazio culturale, infatti si reca spesso sul sito nuragico di Nunnale ai piedi  della cima Cuccuru  su Pirastru, lo studia nei minimi particolare e propone a parenti e ad amici di visitarlo.

Il 14 dicembre 1927 gli arriva la comunicazione che la condanna è stata ridotta a due anni. Chi è intervenuto? Forse l’amico Luigi Pirandello. Esiste, difatti, una connessione tra le vicende, rimaste sconosciute perché nascoste nel segreto della coscienza.

Quando il drammaturgo di Agrigento riceve il Premio Nobel per la letteratura, Antonio Camponazzi gli invia, il 14 novembre 1934, una lettera di congratulazioni: “Ho tardato a mandarti i miei rallegramenti per non essere confuso tra gli ammiratori del ‘tempo felice’. Spero che ti giungano graditi, anche perché ti ricordano i venti anni della nostra fraterna amicizia che furono quelli della tua migliore creazione. Con immutabile affetto[9].

“Maschere del Novecento” di Antonio Campanozzi

Proprio in quell’anno pubblica Maschere del Novecento[10], dopo aver scritto L’Imperatrice nel 1931 con disegni di Giuseppe Scalarini (1813-1948), altro perseguitato dal fascismo. In questo testo sono racchiuse cinque commedie: Il medico Alfonsi, la Strada nuova, Romolo e Remo, Rivoluzione in pantofole[11].                                       

Per Pirandello ogni uomo assume nella vita una maschera, per Camponazzi  sono i borghesi e i burocrati, con le loro maschere, a maltrattare i poveri e i  lavoratori.

Non avendo possibilità di potere allacciare relazioni culturali, trova conforto nella stima e nell’amore dei suoi nipoti, che hanno casa  a Roma in viale Regina Margherita. E la nipote Ada Castelluzzo in Salvadori, pittrice e scultrice[12] lo immortala in un ritratto in bronzo.                               

Il 6 giugno 1940, quattro giorni prima della scellerata scelta, Antonio, che si autodefinisce “non-uomo”, invece ha una forza d’animo così risoluta da scrivere a Mussolini, sostenendo che la libertà di ogni uomo è sacra e lo invita a miti proponimenti e a ritornare quello che era: un uomo tra uomini. 

Roma, via Antonino Campanozzi

                                                   

Dopo tante umiliazioni, affrontate con dignità, e dopo aver visto l’Italia rovinata dal dittatore, si spegne  il 28 ottobre 1944.

L’amministrazione e il consiglio comunale di Roma, con delibera 11 marzo 2013, gli dedica una via della Capitale per il suo impegno politico e sindacale.    

Francesco Cuva  

Note

[1]  Archivio Parrocchiale Mistretta, Libro dei battesimi volume 22, foglio 6. Antonio è battezzato il 3 marzo 1871 e dall’atto si evince che il padre è originario di Napoli e la madre di Pettineo.
[2]  Archivio Comunale Mistretta, N°284.
[3] Archivio Comunale Mistretta, Registro atti di nascita, n° 85.,
[4]  P.Meli, Luigi Pirandello “tentato” dal suicidio non e3bbe il coraggio, “La Sicilia”, Catania 31 ottobre 2022.
[5]  A. Camponazzi,Mors et vita, Editore Giannotta, Catania 1896.
[6]  A. Camponazzi,  Onoranze a Mario Rapisardi, Di Mattei, Catania 1898
[7]  Il manoscritto oggi si trova nella biblioteca di Havard Universty.
[8]  A. Camponazzi, Lavoratori buon anno, “La Giustizia” 1 gennaio 1922.
[9]  Archivio Pirandello, Lettera di Antonio Camponazzi, 14 novembre 1934.
[10]  A. Camponazzi, L’imperatrice e Maschere del Novecento, Casa del Libro, Roma 1931, 1934.
[11]  E. Provvidenti,Camponazzi l’amico socialista di Pirandello, Archivio della CGL del Lazio, Roma 2021.
[12]  Ada Castelluzzo è nata a Catania nel 1900 e nel 1905 la sua famiglia si trasferisce a Roma.