E’ un cultore del bello. Per questo è presidente di Italia Nostra Sicilia, Leandro Janni, professore di Arte nei licei, per cinque anni ha insegnato a Mistretta (Messina), quindi ne conosce pregi e difetti. Ma pur amandola, non condivide pienamente la nostra proposta di inserirla nel registro del Patrimonio Unesco dell’Umanità. In questa intervista a L’Informazione spiega perché, ma al tempo stesso indica quali potrebbero essere, secondo lui, le strade da intraprendere per dare a questo splendido paese di pietra, posto nel cuore dei monti Nebrodi, la valorizzazione che merita, con l’impegno di partecipare a un convegno sul futuro internazionale di Mistretta.

Professor Janni, quando questo giornale, nell’agosto scorso, ha proposto per la prima volta Mistretta Patrimonio Unesco dell’Umanità, lei ha apposto un commento sui Social, “Mah”, con l’h finale, come se avesse delle perplessità. È una nostra impressione o c’è qualcosa di vero?

“Non è un’impressione. Ho una fondata perplessità, anzi due fondate perplessità: la prima dovuta a questa sorta di frenesia che ha preso tanti piccoli centri urbani (ad esempio il Comune di Mazzarino) di ambire, ad essere riconosciuti Siti Patrimonio Unesco. Per ambire a questo riconoscimento ci vogliono delle peculiarità, delle specificità ambientali, monumentali, artistiche, culturali, che non mi sembra che Mistretta o Mazzarino posseggano. Semmai, entrambe, Mistretta e Mazzarino possono contare su due bellissimi centri storici e, secondo me, potrebbero ambire a essere riconosciute come Borghi d’Italia o a qualcosa di analogo”.

E la seconda perplessità?

“E’ legata al riconoscimento di Sito Unesco. Noi di Italia Nostra sosteniamo che tale riconoscimento, in Italia, attivi soprattutto processi di degrado dei luoghi. Prendiamo Siracusa: da quando è stata riconosciuta patrimonio Unesco non fa altro che peggiorare, da tanti punti di vista”.

Perché?

“Perché c’è una corsa sfrenata a creare strutture alberghiere, bar, ristoranti, ovunque e comunque, e si trascura la tutela, il decoro della città e del territorio. Insomma, si attiva un processo con molti elementi di criticità che non vengono governati, gestiti. Se Mistretta si volesse dare la visibilità  che merita, ritengo che dovrebbe ricorrere ad altri strumenti”.

Quindi, se abbiamo capito bene, lei parla di Borgo anziché di Sito Unesco?

“Sono molto legato a Mistretta e al suo bellissimo centro storico. Alla sua gente, ricca di passione, di fede. Però, da architetto e da presidente regionale di Italia Nostra Sicilia non posso che analizzare e valutare le cose oggettivamente, per cui dico: è un luogo splendido, a cavallo fra la montagna e il mare, con una stupefacente rocca che si affaccia sulle Isole Eolie, con notevoli stratificazioni storiche e una storia ricca, importante. Ma tutto questo è sufficiente?”

Può essere più preciso? In che senso dovrebbe avere una “unicità”?

“Essere iscritti al registro dell’UNESCO dei patrimoni storici significa che un sito, una tradizione culturale, o un elemento naturale sia stato riconosciuto come di eccezionale valore universale dal Comitato del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Questo riconoscimento dovrebbe offrire non solo prestigio internazionale ma anche significativi vantaggi in termini di protezione, conservazione e sviluppo sostenibile. Per essere inclusi nella lista, i siti devono soddisfare uno o più dei dieci criteri stabiliti dall’UNESCO, che includono: rappresentare un capolavoro del genio creativo umano; testimoniare un importante scambio di valori umani; offrire una testimonianza unica o eccezionale di una tradizione culturale o di una civiltà vivente o scomparsa; essere un esempio eminente di un tipo di edificio, di un complesso architettonico o tecnologico, o di un paesaggio che illustri una o più fasi significative della storia umana; essere un esempio eminente di tradizione umana, dell’uso del suolo o del mare, che sia rappresentativo di una cultura (o di culture), o dell’interazione umana con l’ambiente”.

In Sicilia chi possiede queste peculiarità?

“Insieme alla Sezione di Italia Nostra di Palermo ho lavorato al processo istruttorio finalizzato al  riconoscimento Unesco di Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale, che rappresentano una peculiarità assoluta nel mondo. A livello mondiale non esistono realtà con questa specifica identità architettonica e artistica, così come le città tardo barocche del Val di Noto (Sicilia sud-orientale), d’altronde”.  Non posso comunque ignorare che il raggiunto riconoscimento Unesco attiene anche alle logiche politiche”.

Quindi, secondo lei Mistretta, definita “Citta imperiale” da Federico II, con la sua festa di San Sebastiano (unica nel suo genere), la pietra locale che ricopre le case, le piazze, le strade, la sua integrità, la sua conservazione, la sua civiltà contadina, il suo centro storico molto esteso, non possiede queste caratteristiche?

“Il criterio con il quale l’Unesco seleziona i siti è piuttosto rigoroso e chiaro. Ecco perché quando avete fatto quella proposta ho scritto “mah”, esprimendo perplessità. Però, non vorrei irritare o offendere qualcuno: nel senso che bisogna studiare, analizzare, immaginare il modo migliore per valorizzare una comunità e il suo territorio”.

Non possiede un centro storico molto esteso Mistretta, per essere definito Borgo?

“Mistretta ha un bellissimo centro storico che possiamo anche definire borgo. Nel linguaggio, nell’uso contemporaneo, ‘borgo’ ha sostituito il termine ‘centro storico”.

Quindi, secondo lei, il termine borgo per Mistretta si addice di più di Sito Patrimonio dell’Umanità?

“Penso che per le sue caratteristiche paesaggistiche, urbanistiche e architettoniche il termine borgo per Mistretta andrebbe benissimo. Se dici ‘centro storico’ pensi a Firenze, a Roma, a Bologna, a Palermo, a Napoli, dove ci sono grandi realtà urbane all’interno delle quali c’è un centro storico. Mistretta, inoltre, ha questo rapporto straordinario con il territorio circostante, un suo patrimonio enogastronomico, speciali tradizioni folkloristiche, legami profondi con la civiltà contadina e agro-silvo-pastorale”.

Dal dibattito che questo giornale ha lanciato, dopo aver formulato la proposta di Mistretta Patrimonio dell’Umanità, stanno emergendo sostanzialmente tre correnti di pensiero: la prima riguarda solo Mistretta (nel senso che solo quella città dovrebbe gestire questo processo), la seconda Mistretta, assieme alla Valle dell’Halaesa (dove spiccano, fra le altre cose, i resti archeologici dell’antica città greca di Halaesa, le sculture contemporanee della Fiumara d’Arte di Antonio Presti e le ceramiche di Santo Stefano di Camastra), la terza Mistretta inserita nel contesto dei Nebrodi, anch’essi ricchi di tante peculiarità. Secondo lei qual è quella più meritevole di attenzione?

“Quella che più mi convince è Mistretta assieme alla Valle dell’Halaesa, ma anche Mistretta inserita nel contesto dei Nebrodi è un’ipotesi interessante”.

È un azzardo se paragoniamo Mistretta a certe straordinarie località siciliane come Taormina o Erice?

“La splendida Taormina ormai soffre di overtourism (turismo eccessivo), un po’ meno ne soffre Erice. Tempo fa degli architetti olandesi mi contattarono per chiedermi qual è il luogo ideale in Sicilia per fare un albergo diffuso. Indicai Mistretta. Probabilmente alla fine non se ne fece nulla per un problema legato ai servizi sanitari, alle infrastrutture. La bella realtà amastratina ha grandi potenzialità. La sua tutela-valorizzazione-promozione, però, va analizzata e progettata in maniera più tecnica, più scientifica.  E quindi più efficace”.

Secondo lei, per una valorizzazione complessiva, Mistretta come dovrebbe muoversi?

“Molti turisti, a partire dagli americani, cercano la Sicilia più antica, la Sicilia arcaica, originaria. Se Mistretta riuscisse a recuperare e a valorizzare le sue radici attraverso un’attenta analisi storica, sociale e culturale, un serio progetto di restauro urbano, una maggiore attenzione alla conservazione delle sue peculiarità culturali, potrebbe far parte di circuiti turistici assai attrattivi”.

Ci sono delle persone o delle associazioni, a Mistretta, che hanno dato e che potrebbero dare un contributo per far fare alla loro città un salto di qualità internazionale?  

“Un lavoro prezioso e importante hanno svolto in tal senso, negli ultimi anni, gli amici dell’Associazione Progetto Mistretta, a cominciare da Nino Testagrossa. Ma ricordo anche gli studi, le pubblicazione del prof. Francesco Cuva, storico locale. Aggiungo: paradossalmente l’abbandono della parte più antica della città, dopo il terremoto del 1968, ha dato la possibilità al centro storico di mantenersi piuttosto integro, sebbene ci siano alcuni aspetti ambientali e paesaggistici che devono essere migliorati. Dopodiché i mistrettesi, o amastratini, dovrebbero puntare molto anche su un turismo legato al cibo di qualità, l’artigianato, la civiltà contadina e montana, la festa patronale di San Sebastiano”.

La politica potrebbe fare molto?

“Potrebbe fare molto, ma potrebbe fare anche molti danni. Come sempre. La buona politica potrebbe innescare dei processi virtuosi come il recupero delle tradizioni in un contesto innovativo, creativo. E poi ci vogliono servizi efficienti. Ci vogliono imprenditori preparati, consapevoli”. 

Lei che conosce bene Mistretta per averci insegnato per alcuni anni, quali ritiene che siano i punti di debolezza?

“Ritengo che ci sia molto campanilismo, molta autoreferenzialità. Questo credo sia un grosso ostacolo ad una buona programmazione-progettazione territoriale in sinergia con gli altri paesi dei Nebrodi”.

Dalla sua esperienza di insegnante al Liceo Scientifico “Alessandro Manzoni” per cinque anni, cosa ha capito di Mistretta?

“Che ci sono giovani, ragazze e ragazzi  meravigliosi, molto legati alla loro città e al loro territorio che, per mancanza di opportunità e di lavoro, sono costretti ad andare via da Mistretta. Eppure è una realtà cittadina con una notevole qualità della vita. E’ una realtà cittadina orgogliosa delle sue istituzioni scolastiche. E’ una comunità fedele a valori religiosi e cristiani”.

Cosa prova, lei che è un cultore del bello, quando si reca a Mistretta ed è immerso nella magia del centro storico, nel vedere in lontananza quelle nuove costruzioni che non c’entrano nulla con il contesto dei quartieri antichi?

“Mistretta è stata in qualche modo fortunata: il danno al paesaggio, al suo patrimonio storico e architettonico tutto sommato è stato limitato. Probabilmente, se il numero degli abitanti fosse rimasto quello di un tempo, la città oggi sarebbe circondata dal cemento, come tante altre realtà siciliane. Attraverso un “piano del verde” si può comunque migliorare la qualità degli spazi periferici”.

Ci vorrebbe un bravo regista che scoprisse Mistretta e ne lanciasse le bellezze attraverso il grande o il piccolo schermo, come è successo con la serie del commissario Montalbano o con Makari?

“La narrazione cinematografica o televisiva è oggi, sicuramente, il più efficace strumento di valorizzazione e propaganda di un territorio”. 

Crede che questa marginalità, causata dalla carenza cronica delle vie di comunicazione, abbia penalizzato Mistretta o paradossalmente potrebbe averla avvantaggiata perché ne ha lasciato intatti il territorio e le bellezze?

“Mistretta e il suo territorio hanno punti di forza importanti e alcuni punti di debolezza. Sta ai cittadini, alla politica, alle istituzioni locali, alle associazioni, alla scuola, agli imprenditori attivare un processo virtuoso di rigenerazione, di rinascita. Un processo auspicabile e certamente possibile. Di certo Mistretta è, per me, un luogo del cuore”.

Nella foto: Leandro Janni, presidente di Italia Nostra Sicilia, con lo sfondo di Mistretta (Messina)

Luciano Mirone