Aumenta, più dell’inflazione, il costo a carico delle famiglie per la raccolta dei rifiuti. In media, quest’anno, è stata pari a 329 euro, con un incremento del 2,6% rispetto al 2023. A scriverlo è il Fatto quotidiano di oggi, che riprende il rapporto 2024 dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva che ha esaminato la Tari applicata dai capoluoghi di provincia italiani, prendendo come riferimento una famiglia di 3 persone in una casa di proprietà di 100 metri quadrati. In 84 capoluoghi su 110 è stato riscontrato un aumento delle tariffe.

A pagare più di tutti sono gli abitanti di Catania, 594 euro ma, almeno, senza aumenti sul 2023. Viceversa Trento è il capoluogo in cui la Tari è più bassa: 183 euro, in lieve calo sul 2023. La tassa sui rifiuti è carissima anche a Pisa (512 euro e in aumento), Genova (501 euro, in crescita) e a Napoli (482 euro ma in calo). Viceversa le città più economiche sono, oltre a Trento, Udine (186 euro), Cremona (197 euro) e Brescia (205 euro).

Tra le grandi città Roma si colloca nella parte alta della classifica con una spesa di 392 euro, in crescita del 4,2% nell’ultimo anno. Un poco meglio Milano, che si ferma a 314 euro, ma con un incremento del 4,4% sul 2023. A Torino si pagano 371 euro, con un aumento del 7,1%, a Palermo 335 euro (+ 6,7%), a Bologna 287 euro (+ 0,6%), a Firenze 299 euro (+ 2,6%).

Caltanisetta spicca come la città in cui il costo della Tari è salito di più, un incremento sul 2023 del 24,1% a 331 euro. Rincari molto forti pure ad Aosta (+ 20,3% a 365 euro), Teramo (+ 20% a 348 euro) e Cagliari (+ 13,3% a 465 euro). All’opposto calo di ben il 30% a Messina (318 euro), dell’11% a Vibo Valentia (225 euro) e del 7,9% ad Avellino (302 euro).

La regione con i valori medi più alti è la Puglia (427 euro), seguita da Campania (407 euro) e Sicilia (390 euro). Le più economiche risultano invece Trentino Alto Adige (203 euro), Lombardia e Molise (entrambe 254 euro in media).

Secondo i dati raccolti dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), in Italia nel 2022 sono state prodotte circa 29,1 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (-1,8% rispetto al 2021). La produzione pro capite è di circa 494 chilogrammi per abitante (-1,6% rispetto al 2021), con valori più elevati al Centro (532 Kg/ab.) seguito dal Nord (506 kg/ab.) e dal Sud (454 Kg/ab.).

La media nazionale di raccolta differenziata ha raggiunto il 65,2% (+ 1,2% rispetto al 2021) mentre il 18% dei rifiuti urbani prodotti finisce in discarica. A livello di aree geografiche il Nord si posiziona al primo posto (71,8%) seguito da Centro (61,5%) e Sud (57,5%).

A livello di capoluoghi di provincia, la percentuale di raccolta differenziata pari o superiore al 65% è stata raggiunta da poco più della metà di essi (57%). In 20 capoluoghi di provincia siamo ancora al di sotto dell’obiettivo del 50%, il cui raggiungimento era previsto nel 2009. Tra questi spiccano Palermo, con percentuale di raccolta differenziata al 15,6%, Crotone al 21,4%, Catania al 22% e Foggia al 26%.

“I dati del nostro Rapporto, afferma Tiziana Toto, responsabile nazionale delle politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva, evidenziano le criticità principali del sistema di gestione dei rifiuti, come la carenza di un’adeguata rete di impianti di raccolta e trattamento, il persistente ricorso allo smaltimento in discarica e i poco soddisfacenti livelli di differenziazione dei rifiuti e recupero delle risorse, soprattutto in alcune aree del Paese. A fronte di ciò è urgente e necessario lavorare su più fronti“.

Nella foto: Catania invasa dai rifiuti in un repertorio risalente a poco tempo fa. Si tratta di un’immagine frequente nel capoluogo etneo, così come a Palermo. A fronte di un servizio pessimo di raccolta e smaltimento, le due città più grandi della Sicilia registrano due cifre scandalose a livello nazionale ed europeo: a Catania c’è la tassa sui rifiuti più alta d’Italia (594 Euro l’anno), a Palermo la raccolta differenziata più bassa del Paese (15%), poco dopo la città etnea al 22

Redazione